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Intervista a Arnaud Delalande

Arnaud Delalande
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Chi considera feuilleton e cappa & spada relitti del passato, generi letterari fossili, reperti da biblioteca, sarà costretto a ricredersi. Viene dalla Francia - e forse non poteva essere altrimenti - il nuovo campione del romanzo d'avventura e d'appendice, che sa mixare con disinvoltura col modernissimo thriller. Abbiamo incontrato Arnaud in una umida mattinata milanese.

La trappola di Dante non è il tuo unico libro ambientato in Italia. Come mai questa fascinazione per il nostro Paese?

Mah, forse perché è un luogo nel quale avrei voluto vivere! Confesso di essere estremamente sensibile al fascino di tutti quei cliché italiani amati all'estero, tipo la Dolce Vita e cose così. E poi credo che lo scambio culturale tra Francia e Italia che avviene da secoli e secoli sia lla base dell'Umanesimo, un vero e proprio cardine della cultura europea.

 

Pietro Viravolta, l'Orchidea Nera, tornerà presto in una nuova avventura? O magari un giorno scriverai qualcosa su Giacomo Casanova?

Non rivedremo Casanova, è morto, lasciamolo riposare in pace poveretto. Di certo invece tornerà Viravolta in un sequel che ho appena finito di scrivere e uscirà nei prossimi mesi, ambientato a Versailles a corte dopo la morte di Luigi XV. Viravolta ora è al servizio del nuovo re, Luigi XVI, e deve sventare un complotto che tende a impedire le nozze con Maria Antonietta, un intrigo che mi sono divertito come un pazzo a descrivere.

 

Dante Alighieri e il suo Inferno hanno ispirato decine di autori horror e thriller. Perché, a tuo parere? E a Dante secondo te tutto questo sarebbe piaciuto?

Tutto sommato penso proprio che a Dante farebbe piacere che la sua opera sia ancora ricordata e omaggiata dopo tanto tempo, senza alludere al mio umile romanzo, naturalmente. Vero è che un po' dappertutto nel mondo esiste un vero e proprio culto di Dante Alighieri e della sua Commedia, pensate che in Corea una casa editrice famosa ha una collana esclusivamente dedicata a romanzi in qualche modo ispirati a Dante. Il segreto? Forse perché Dante con la sua opera riassume tutta la dialettica interna alla fede e alla filosofia cristiana che è alla base dell'identità europea della quale si è tanto dibattuto recentemente.

 

Quanto è importante la ricerca storiografica per scrivere un buon romanzo storico?

Il lavoro di ricerca è importantissimo, direi essenziale, ma la difficoltà sta nel riuscire a sfuggire alla trappola dell'eccesso di documentazione. Occorre operare una scelta tra le fonti e le notizie, senza farsi travolgere. Personalmente mi limito a scegliere ogni volta al massimo tre o quattro testi seri e completi che mi danno la chiave di lettura dell'epoca storica della quale mi sto occupando, poi naturalmente scena per scena durante lo svolgersi del romanzo diventa necessario approfondire argomenti particolari, che so: la toponomastica, l'abbigliamento, la gastronomia.

 

Quali sono gli autori ai quali guardi con più attenzione? Sei un fan del romanzo storico anche come lettore?

E' difficile, quasi impossibile scrivere un romanzo storico senza essere anche un fan del genere, è una questione di gusto. Personalmente amo il romanzo storico per tre ragioni distinte: per le mie letture di bambino, che sono legate al romanzo storico francese classico, le mie letture di ragazzo, legate ai feuilleton (i romanzi di Dumas, Rocambole di Pierre Alexis Ponson du Terrail, etc) che venivano pubblicati a puntate settimanali sulle riviste che amavo, e infine i romanzi degli scrittori che hanno saputo rinnovare la tradizione: Umberto Eco, Arturo Pérez-Reverte, e anche alcuni francesi. Gli scrittori di romanzi storici in Francia non è che siano pochi, anzi sono decisamente troppi, ma fra tutti preferisco senza alcun dubbio Jean-François Parot
 


I libri di Arnaud Delalande