Salta al contenuto principale

Intervista a Björn Larsson

Articolo di

Björn Larsson, grande autore svedese della scuderia Iperborea, è in tour in Italia in occasione dell’edizione 2014 di Piùlibripiùliberi. Ma non ci incontriamo a Roma durante l’affollata fiera della piccola e media editoria, bensì alla piccola libreria Voland di Cisterna di Latina, dove è atteso da un gruppetto di fan entusiasti. Larsson arriva un po’ in ritardo: parla un buon italiano dall’accento duro, chiacchieriamo per dieci minuti stretti tra uno scaffale e un tavolino, sotto l’occhio curioso dei lettori.




In Diario di bordo di uno scrittore inizi dicendo che questo libro nasce per festeggiare i 25 anni di Iperborea. È un po’ strano che uno scrittore voglia festeggiare il suo editore straniero…
Sì, perché è in Italia che sono più apprezzato, non so se più letto, ma ho molti lettori fedeli. In un certo senso questo ha cambiato la mia vita. E dunque questo libro esiste solo in italiano, non sarà tradotto in svedese. La mia idea era anche di rispondere collettivamente ai miei lettori, perché ho ricevuto molti messaggi, lettere e non ho tempo di rispondere bene a tutti. Allora mi sono detto che questa era l’occasione di dare una risposta a tutte le domande.

Ci sono delle differenze tra i tuoi lettori italiani e quelli svedesi?
Sì, e anche tra gli svedesi e i francesi o tedeschi… ma c’è un legame molto speciale tra i miei libri e i miei lettori italiani, che non so spiegare bene. Sicuramente sono quelli che mi scrivono di più. Non sono appassionati solo alle storie di mare, anche gli altri vanno bene. È difficile da capire. Infatti dovrebbero spiegarlo loro a me. All’epoca, quando ho esordito in Italia, non mi aspettavo niente di tutto questo, e con il tempo ho imparato anche la lingua. I miei libri non sono dei best seller, come quelli dell’altro Larsson, ma dei longseller, questo sì…

Hai scritto La vera storia del pirata Long John Silver - grande successo editoriale qui da noi - riprendendo la storia de L'isola del tesoro di Stevenson. Quali erano i libri che leggevi da ragazzo? Sono stai i libri ad avvicinarti alla navigazione?
All’inizio non mi interessava tanto la navigazione, prima facevo il subacqueo e ho iniziato a navigare a vela a venticinque anni. Prima ancora volevo fare il geologo, era il mio sogno, dunque leggevo Jules Verne. Però ho mangiato tutti i tipi di libri, sempre. Dunque non c’è uno scrittore che mi ha dato la spinta, piuttosto prima è arrivato il sogno di navigare e poi ho letto un sacco di libri sull’argomento. Fare il subacqueo era molto complicato, l’attrezzatura era tanta, era pesante, e non c’era quest’idea di viaggio. Avevo già viaggiato un po’… America, Parigi… è in Bretagna che ho scoperto il mare. E non ho neanche scritto sempre sul mare, questa è un po’ un’etichetta che ho addosso. L’unico libro in cui ho veramente parlato di mare, ho cercato di evocarne le atmosfere è Il cerchio celtico, perché ne La vera storia del pirata Long John Silver il personaggio è ovviamente un pirata, ma è lui al centro della storia non il mare. La saggezza del mare è un saggio, dunque è diverso; ne L’occhio del male non c’è il mare… il mare è importante per me ma come scrittore mi riservo il diritto di scrivere su qualunque tema.

In Diario di bordo di uno scrittore hai raccontato di un periodo della tua vita durante il quale hai vissuto con pochi soldi a Parigi, hai anche citato un libro di Hemingway, Festa mobile
Sì, quel libro rappresentava per me l’idea dello scrittore romantico, bohemién, era un sogno romantico. E lì sono diventato scrittore, quindi per me è stato un rito di passaggio. Poi non ho mai scritto per professione e per denaro, per questo sono rimasto all’università, in questo senso scrivere è rimasto una passione. L’avere uno stipendio fisso mi permette di non pensare alla moda, di non pensare alle tendenze, posso scrivere i libri che voglio senza pensare al mercato e all’editoria.

C’è un rapporto tra quello che tu insegni all’università e quello che scrivi?
Sì, certo, insegno letteratura e dunque è un privilegio perché a volte prendo spunto da quello che insegno. La difficoltà è che quando uno scrive un romanzo non può essere un teorico della letteratura, la parte tecnica dell’analisi letteraria non serve o serve poco. In questo momento sto leggendo un libro che parla di Auschwitz, sto leggendo un sacco di libri sull’identità ebrea… perché devo scrivere un romanzo che non parla proprio di questo ma che lo comprende, è una storia sull’identità, su come si può scegliere la propria identità.

C’è uno scrittore italiano che ami particolarmente?
Ho scoperto adesso la letteratura italiana moderna; ho letto Buzzati, Pavese, Calvino, mi piace molto Dacia Maraini… sto leggendo questi scrittori senza seguire un ordine, un po’ a caso.

I libri di Björn Larsson