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Intervista a Cliff Wright

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La fama mondiale per Cliff Wright è arrivata grazie alle sue illustrazioni per i libri di Harry Potter (il secondo e il terzo, in particolare). Artista eclettico e idiosincrasico, nella sua carriera ha illustrato moltissimi libri, soprattutto per ragazzi, e partecipato come grafico a importanti campagne pubblicitarie (Greenpeace e IKEA tra le altre). Animalista convinto, si è sempre speso per i diritti degli animali, partecipando a iniziative e campagne in tutto il mondo (da ricordare il suo impegno a favore degli orsi “ballerini” indiani). Lo abbiamo incontrato, guarda caso, durante un Potteraduno in Italia.




Quanto si influenzano le tue due anime di illustratore e di scrittore?
In realtà si tratta di un’unica anima. O perlomeno le due anime hanno la stessa origine creativa. Devo confessare che non vedo la scrittura come un’abilità naturale a differenza del disegno. Ma, certo, a volte anche disegnare si rivela un’impresa tutt’altro che facile.. So che, se riesco a perseverare e a focalizzare meglio, alla fine esce fuori una bella illustrazione, ma con il disegno è la mia è una risposta istintiva più che un processo “disciplinato”. Però quello che ho imparato con il disegno si rivela cruciale quando devo misurarmi con la disciplina più impegnativa (almeno per me) della scrittura. In un senso più profondo, che va oltre la nostra idea di chi pensiamo di essere, credo che ci sia un grande illustratore e uno scrittore in tutti noi, e possiamo incontrarli entrambi quando raggiungiamo la piena consapevolezza del momento presente.

Prima di illustrare le copertine conoscevi già le storie di Harry Potter e dei suoi amici?
No, era la prima volta che ne sentivo parlare.

In che modo hai scelto le scene per illustrare i romanzi?
Beh, l’editore mi ha suggerito delle scene da prendere in considerazione. Mi ricordo anche che hanno detto che avrei potuto proporre delle alternative se avessi voluto, ma le proposte dell’editore mi piacevano e le ho seguite. Di norma, vorrei leggere il libro per intero prima di accettare di illustrare la copertina, per entrare nella storia, nel contesto e nei personaggi. Nel caso di Harry Potter non c’era tempo di leggere tutti i libri, quindi mi sono adattato a leggere il più possibile attorno alle scene selezionate per cercare le descrizioni dei personaggi e del loro comportamento e altri dettagli da inserire nella scena prescelta . In effetti Harry, Hermione and Ron non sono descritti con gran dettaglio nei libri, si parla soltanto di alcune caratteristiche. Quindi ho lasciato molto all’immaginazione e il mio compito si è trasformato nel ricercare il “feeling” del personaggio, che è una cosa che mi piace fare.

Cosa è cambiato per te e per il tuo lavoro dopo l’esperienza con Harry Potter?
Principalmente due cose. La prima è che è aumentato l’interesse per il mio lavoro. Ovviamente è stato positivo imbattermi in così tanti fan di Harry Potter che apprezzavano le mie opere. Mi sono ritrovato in luoghi remoti, tipo le montagne del Nepal, a firmare copertine di Harry Potter… La seconda cosa è collegata ai workshop di illustrazione che conduco. Ho insegnato a persone di tutte le età, in ogni tipo di contesto, incluse le scuole e le università. Inutile dire che, dopo Harry Potter, mi è stato richiesto di insegnare più spesso e questo è stato il vantaggio maggiore. Oggi si insegna illustrazione focalizzandosi sui risultati, non sul percorso creativo. Mentre io mi trovo ad insegnare cose che stanno agli antipodi, concentrando l’attenzione sul presupposto che chiunque può disegnare e che questa consapevolezza è importante nella nostra crescita artistica. Poter condividere questa impostazione con un pubblico notevolmente più ampio rispetto al passato è stato bellissimo.

Sei uno scrittore e un illustratore. Come è nato l’interesse anche per la scultura?
La risposta è che non ho scelto io di cominciare a scolpire ma la scultura che ha scelto me. Nel corso della mia carriera di illustratore si è sempre nascosto uno scultore in attesa di venire fuori. Al college ho sperimentato un po’ il 3D e mi è piaciuto. Negli anni mi sono dilettato nella creazione di grandi teste caricaturali per gli spettacoli di fuochi d’artificio della Bonfire Night (un’antica festa diffusa in tutta l’Inghilterra ma in particolare nei dintorni della città di Lewes). Soltanto di recente però ho trovato il tempo per dedicarmi alla scultura in modo professionale. Sia nella scultura sia nel disegno io “vedo” in tre dimensioni…

Può dirci qualcosa sul progetto “Nature of Seeing”? Cosa prevede?
“Nature of Seein” è l’espressione che ho scelto come titolo per una serie si workshop e di stage di illustrazione di cui mi sono occupato. Durante i miei giri per le scuole, britanniche e non, per mostrare i miei lavori ho cominciato a sviluppare alcuni semplici esercizi di disegno. È nato un interesse sul perché, quando disegniamo qualcosa, spesso restiamo delusi per non essere riusciti a catturare la verosimiglianza o, ancora più importante, l’essenza. Nel corso di lunghi anni di esercizio e meditazione ho scoperto che la chiave del successo nel disegno non è nel disegno in sé ma nello sguardo. La maggior parte di noi scalfisce appena la superficie di ciò che siamo in grado di vedere perché la nostra capacità di visione è annebbiata da cosa la nostra mente crede di vedere. La “vera” visione si realizza quando la nostra mente trova stabilità e guardiamo attraverso gli occhi della piena consapevolezza, oltre le idee preconfezionate dalla nostra mente su come pensiamo che le cose dovrebbero sembrare. Scoprire la “vera” visione” è un elemento catalizzatore per arrivare a scoprire l’anima creativa che è in noi. La cosa interessante è che non avrei mai pensato di poterlo insegnare, ma la scoperta di poter vedere in modo diverso è un’esperienza che può cambiare la vita ed è stato bello condividerla con così tante persone.