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Intervista a Cristina Caboni

Cristina Caboni è nata e cresciuta a San Sperate, un paese in provincia di Cagliari, lo stesso paese di origine dello scultore sardo Pinuccio Sciola. Oggi San Sperate è noto nel mondo come il “Paese Museo” e abbiamo chiesto a Cristina di raccontarci la storia e il progetto artistico che ha visto coinvolto un gruppo di persone unite dall’amore per l’arte e per tutto ciò che è bello. L’avevamo intervistata già qualche anno fa per saper qualcosa di più dei suoi primi libri, che nascondono più di una curiosità. Oltre a dedicarsi alla scrittura Cristina infatti lavora per l’azienda apistica di famiglia, occupandosi principalmente della cura delle api regine. Un’altra sua grande passione sono le rose, delle quali coltiva una grande varietà di specie. Inevitabile quindi che il suo debutto letterario richiamasse questo background “profumato”. Meno scontato invece che il romanzo convincesse così tanto contemporaneamente editori italiani e stranieri, tanto che i diritti sono stati venduti in tutta Europa ancora prima dell’uscita nel nostro Paese. Qui trovate nuove e vecchie domande: a entrambe Cristina ha risposto con gentilezza e disponibilità.




Sei nata e cresciuta nel “Paese Museo” di cui si racconta la storia nell’albo illustrato da quassù. Quanto ha influito sulla tua infanzia la storia del tuo paese e quanto ha contribuito a farti diventare quello che sei?
Crescere a San Sperate proprio negli anni in cui avveniva questa pacifica rivoluzione è stato straordinario. Ho ricordi di artisti - perché tutti in un certo qual modo lo erano - intenti a dipingere sui muri. I ruoli naturalmente erano diversi, io per esempio ero solo una piccolissima spettatrice come tanti altri bambini. Eppure quello che è avvenuto si è sedimentato in me, influenzando la mia creatività. Immaginate di muovervi all’interno di un luogo pieno di colori, dove ovunque si posi il vostro sguardo incontri qualcosa di speciale. Non solo dipinti, ma sculture, piante, fiori, curiosità, poesie, oggetti bizzarri. Visioni. Il mondo che vi circonda all’improvviso non è più lo stesso. La realtà nella quale vivete da ordinaria diventa straordinaria e assume significati sempre nuovi, emozionanti. Un giorno le storie che custodivo dentro di me sono diventate parole, e poi romanzi.

Pinuccio Sciola è un artista che ha dato tanto ai sardi e non solo. Quanto è stato importante per te?
Pinuccio Sciola era un genio, un uomo che ammiravo, a cui ho voluto molto bene. È difficile spiegare qualcosa che dovrebbe essere vissuto per essere compreso pienamente. Come posso raccontare del suo naturale carisma? Della sua grande generosità? Era un uomo che lasciava la sua porta sempre aperta, e non intendo solo quella della sua casa, un artista che parlava con semplicità e fascino a chiunque. Ma d'altronde ha convinto le pietre a cantare per lui. Mi manca tantissimo.

La collaborazione con Flavia Cuddemi nasce a seguito del concorso internazionale per illustratori “SansperArte Paese Museo”, organizzato dall’Associazione culturale Noarte Paese Museo. Vuoi delineare i contenuti e gli obiettivi sia del concorso che dell’associazione? E inoltre, questi progetti e queste manifestazioni quanto possono essere importanti per i giovani (artisti e non), in un territorio come il nostro?
Immagino che quando le varie associazioni coordinate da Noarte abbiano ideato il concorso sostenuto dalla regione Sardegna e patrocinato anche dal Comune di San Sperate, desiderassero replicare il meraviglioso evento che molti anni fa modificò l’anatomia di un paese che da agricolo divenne anche artistico. In questa occasione, come allora, c’è stato un intervento creativo collettivo. Un centinaio di illustratori di tutto il mondo ha risposto all’invito, inviando le proprie opere. Credo che tutto quello che stimola l’immaginazione e la creatività, che favorisce l’unione di menti e di obiettivi, sia assolutamente positiva. Da soli si va veloci, ma le grandi cose vengono fatte insieme, perché così si va lontano. Ho sempre creduto in questo proverbio. I giovani artisti hanno necessità di platee e piattaforme dove dimostrare il loro valore, dunque ben vengano iniziative private, pubbliche, di inclusione.

Cos’è “bello” per te?
Ciò che emoziona e fa bene all’anima. La bellezza, per me, è il battito del cuore che accelera, la gola serrata davanti alla magnificenza, chiudere gli occhi e sapere di appartenere a qualcosa di immenso. È la vastità dell’anima, laddove non esistono confini.

In un eventuale prossimo albo illustrato dopo da quassù, su quale argomento cadrebbe la tua scelta? Quale credi possa essere il soggetto?
La natura senza dubbio, le sue meraviglie, ciò che può regalare a chi ha la pazienza di osservarla e soprattutto di ascoltarla.

In che modo il tuo essere un’apicultrice influenza la tua visione del mondo?
Quando le api entrano a fare parte della tua vita, sei tu che ti adatti a loro. Non esiste altra possibilità perché sono libere, possono lasciarti quando vogliono e questo fatto è fondamentale, è alla base del patto che viene stretto tra esse e l’apicoltore. Dunque sei tu ad adattarti, tu che cambi il modo di guardare la natura, le fioriture, il tempo che viene scandito dalle stagioni in un modo che prima di allora non avresti mai compreso. Questo insegna il rispetto, il concetto fondamentale della conseguenza, il silenzio, la riflessione. Il tuo modo di pensare viene influenzato da fattori differenti da quelli che dominano la vita di oggi. Cambiano le priorità, gli obiettivi. Cambi tu. E così un giorno diventi così sensibile da renderti conto che le api parlano con i fiori, e loro rispondono con il linguaggio del profumo, e una bambina ti promette di raccontarti la sua storia, e mostrarti il suo sentiero.

Quando i profumi hanno fatto ingresso nella tua vita e quale porta hanno aperto?
Il mio primo ricordo è il profumo del pane appena sfornato. È legato alle albe della mia infanzia. È come l’involucro che racchiude le emozioni di quei giorni. Il profumo delle rose invece mi racconta sempre qualcosa di mia madre. Mio marito invece sa di miele e propoli. Ogni stagione ha i suoi profumi. Ad aprile il profumo delle zagare entra dalle finestre che tengo aperte e si posa sui mobili, sugli oggetti e persino su di noi. Così profumiamo tutti di fior d’arancio. In primavera ogni angolo sa di rose, un profumo dolce, e lussuoso. Rotondo e intensamente femminile. Il miele accompagna tutta la stagione, e le erbe aromatiche di cui amo riempire vasi e cassetti, alternano la freschezza della menta con la salvia più pungente, e il rosmarino aromatico. Nella mia casa poi c’è sempre un lieve sentore di limone. Io amo molto questo agrume che non manca mai nella fruttiera. C’è la lavanda che mi accompagna tutto l’anno, ne ho diversi cespugli. I fiori col loro fresco profumo li metto davvero in ogni angolo. È quando il sole batte più forte, verso mezzogiorno che i profumi diventano più intensi. Il calore libera le molecole profumate, così come avviene sulle persone. In quel momento si sente davvero una sinfonia di odori. Una musica olfattiva. I profumi dunque hanno sempre fatto parte di me, e hanno reso la mia vita infinitamente più intensa.

Come si percorre e dove porta il sentiero dei profumi?
È semplice, basta chiudere gli occhi, e dopo qualche istante si inizia a sentire il profumo che ci avvolge. Inevitabilmente questo ci fa scoprire qualcosa di noi, e così inizia il nostro sentiero. Percorrendolo scopriremo molte cose. È come una sottile catena dove un anello conduce al successivo.

Quali secondo te gli ingredienti che hanno convinto molti editori stranieri a farsi tentare da Il sentiero dei profumi?
Il profumo e l’amore sono linguaggi universali che si esprimono attraverso le emozioni. Sono proprio loro le protagoniste di questa storia. Donne e uomini, e la complessità affascinante dei loro legami, dei loro sogni, delle loro speranze. E queste sono tematiche comuni a tutti i popoli. Nelle quali tutti possono ritrovarsi.

Quanto è importante per uno scrittore avete un agente letterario?
Moltissimo, direi. L’agente letterario è socio dello scrittore, e si occupa del suo lavoro, di discuterne con lui, di valorizzarlo e di venderlo. Questo significa proporre i suoi romanzi alla casa editrice giusta, alle fiere internazionali del libro come Francoforte, Londra, Torino. Significa anche redigere i contratti, condurre le trattative, occuparsi di un lavoro sotterraneo e immenso che gira intorno alla pubblicazione di un libro.

Quanto hai dato e quanto preso dai tuoi protagonisti?
Mi sono ritrovata soprattutto in Elena Rossini. Inizialmente credevo che lei non avesse nulla di me, a parte i miei occhi, e la mia percezione delle cose. Adesso invece trovo delle similitudini. Ad esempio la capacità di trovare un lato positivo. Ecco io cerco sempre di non arrendermi, e di avere fiducia nel mondo, e nelle persone. Credo di condividere con Elena anche la capacità di amare. Perché l’amore è una forma di bellezza, e io sono molto sensibile a tutto ciò che è bello.

Da questo libro è rimasto fuori qualcosa?
Sì e no. La storia di Elena e Cail è conclusa. Anche quella del profumo perfetto. Però di tanto in tanto mi capita di vedere Monique, di sentire la sua voce che mi parla. Forse lei ha ancora qualcosa da raccontare, o forse sono io che non riesco a lasciarla andare. Vedremo cosa accadrà.

Cosa ci dici invece de La custode del miele e delle api?
Il nuovo romanzo è la storia di una bambina che cresce insieme alle api, e impara le loro leggi, la filosofia dell’alveare, la condivisione, e la solidarietà. Lei vive in un mondo fatto di suoni, e profumi, di tempi diversi, e di realtà differenti. Dopo un lungo periodo trascorso in giro per il mondo a bordo del suo camper, ormai donna, tornerà nell’isola dov’è nata e là cercherà le sue radici, e ciò che aveva perduto. Dovrà combattere per proteggere ciò in cui crede. Ci sarà un uomo ad attenderla. Qualcuno di molto speciale. La custode del miele e delle api è un romanzo sulla forza dell’amore, sulla capacità di sognare e realizzare i propri sogni.

I LIBRI DI CRISTINA CABONI