
Lucca Comics & Games 2016 è l’evento ideale per conoscere un po’ più da vicino uno dei fumettisti più irriverenti d’Italia. Daniele Caluri, insieme al socio Emiliano Pagani con cui forma la Regia Associazione PagUri, è noto soprattutto per aver dato vita, nel 2003, al personaggio cult di Don Zauker (da cui è nato anche l’adattamento teatrale Don Zauker Show), un prete esorcista senza peli sulla lingua che di don ha giusto le (false) vesti. È nato nel 1971 e ha iniziato a disegnare fin dall’adolescenza sulle pagine de “Il Vernacoliere” di Livorno, il più noto mensile satirico italiano. L’intervista è un’occasione per mostrare la satira dal punto di vista di chi la fa e la ama. La foto è di Emiliano Billai.
Insieme a Emiliano Pagani formate il duo “Paguri”, com’è nata questa affinità elettiva?
Entrambi abbiamo iniziato a pubblicare le nostre storie sul giornale satirico livornese “Il Vernacoliere”, con cui ho collaborato per 25 anni iniziando quando ne avevo 14. Il nostro sodalizio artistico è nato nel 2003 con Don Zauker. Il caso ha voluto che entrambi, proprio in quel periodo, avessimo concluso le nostre due storie a fumetti: io Luana la Bebisìtter, in cui i protagonisti sono una ragazza molto sexy ma diciamo “candida” e un ragazzino che passa il tempo a cercare di capire cosa nasconda sotto la gonna; ed Emiliano La famiglia Quagliotti, in cui le tematiche del comunismo prendono una deriva comica e grottesca. Durante una serata in cui decidemmo di trovarci per cazzeggiare alla ricerca di idee nuove, Emiliano mi parlò di un nuovo personaggio che aveva in mente, una testa calda, un prete che però non aveva nulla del prete. Ma non aveva il tempo e la voglia di disegnarlo, e così…
È nato così Don Zauker? Qualcuno ha mai provato a esorcizzarvi?
Sì, è nato in quel momento... in via della Madonna. Emiliano infatti a quei tempi abitava proprio là e in un paio di incontri a casa sua abbiamo completato le caratteristiche del personaggio. Appena mi ha proposto di disegnarlo insieme mi è sembrato subito ganzo, e a mano a mano che mi descriveva come se lo stava immaginando io lo abbozzavo su un foglio. E così è venuto fuori lui, il don meno don della storia, pubblicato sulle pagine de “Il Vernacoliere” fino al 2010. Come ogni serie, anche quella di Don Zauker si è conclusa perché penso che nonostante i lettori restino legati a un personaggio, chi lo crea abbia bisogno di dargli un finale. La fine è indispensabile per continuare a creare, è un punto di arrivo ma anche una nuova partenza. Restano comunque le storie lunghe, quelle che ci siamo autoprodotti, e che continueremo a farlo in altri albi. Quanti non lo sappiamo ancora, ma di sicuro non a vita. Riguardo al secondo punto, nessuna autorità ha provato a esorcizzarci, non i canali istituzionali, almeno: la questura perché non ci sono gli estremi e le alte sfere ecclesiastiche… perché son troppo furbi e lo sanno che ci farebbero solo un gran favore. Ci è però capitato che alcune associazioni di cittadini, evidentemente poco inclini a coltivare un’adeguata attività sessuale, ci scrivessero o polemizzassero perché Don Zauker va contro “il buon gusto”. Come se il buon costume e il buongusto (lol) dovessero essere determinanti ai fini della creatività e della libertà d’espressione. Con lo spettacolo teatrale Don Zauker Talk Show invece ci è capitato talvolta di aver problemi, che lo annullassero o che la comicità, che in Toscana veniva recepita in toto, non fosse recepita allo stesso modo in altri luoghi. Pazienza. Fa parte del gioco e l’abbiamo sempre messo in conto.
A proposito di censura, i fumetti hanno meno auto-censure rispetto ai libri?
Questa è una bella domanda. No, non hanno meno autocensure. Io ed Emiliano non ci siamo mai posti dei limiti, la nostra comicità e la nostra satira è quella che abbiamo sviluppato fin dall’inizio, senza filtri editoriali ed escludendo a priori limature di spigoli o aggiustamenti per non turbare la sensibilità di questo o quello. Capita però che alcuni autori ‒ e alcune case editrici ‒ facciano invece dei discorsi di questo tipo, sulla convenienza o meno di pubblicare determinate strisce, alcune tematiche che vengono interpretate come politicamente scorrette o che comunque possano urtare la visione del mondo di determinate fasce di pubblico. L’autocensura esiste anche nel mondo dei fumetti eccome. Si tratta però di due modi di agire diversi: una casa editrice ha come scopo quello di divulgare contenuti, e su di essi gudagnare un fatturato. È naturale che, più ampia vuole sia la forbice del suo pubblico, maggiori dovranno essere le cautele nei confronti di tali contenuti. A noi interessano invece i contenuti a prescindere dal pubblico che ne godrà, e in questo caso ci autoproduciamo, saltando a pie’ pari l’intermediazione della casa editrice, o abbiamo un culo pazzesco e otteniamo carta bianca, come nel caso di PaniniComics, per cui abbiamo pubblicato la miniserie di Nirvana e, ultimo arrivo, lo spin-off di Slobo & Golem.
Qui a Lucca presenti proprio Slobo & Golem, spin-off della serie a fumetti Nirvana (entrambi figli del duo Paguri). Quanto sei affezionato ai personaggi che crei?
Ci sono molto affezionato, così come lo sono i lettori che seguono le avventure dei nostri personaggi. Come per Don Zauker, che è stato un fumetto incentrato prevalentemente sulla figura di un unico personaggio, anche Nirvana doveva avere una sua storia conclusiva. Ma a differenza di Don Zauker è un fumetto basato sulla coralità, ci sono molti più personaggi. Per questo è stato per noi quasi naturale, o comunque facile ampliarlo e ideare uno spin-off, e fra tutti i personaggi quelli che si prestavano maggiormente al progetto sono proprio Slobo e Golem.
Perché nel nostro Paese c’è una dicotomia fra “satira buona” e “satira cattiva”?
Perché la gente non capisce una sega. No, dai, provo a dirlo un po’ meglio: la satira nasce per mettere a nudo il potere, per mostrare senza filtri le debolezze e meschinità di chi assume un ruolo di preminenza rispetto al cittadino comune, e va dal basso verso l’alto. Non può mai accadere il contrario. Il potere che deve smascherare non è solo quello politico, esistono tanti tipi di potere e sono tutti ideali “bersagli” di chi fa satira. Lo siamo anche noi, bersaglio, in quanto massa che decide, che agisce e che mostra una serie di vizi spaventosi e a tratti ignobili. Che è cruda per definizione, e se spesso ricorre a un registro volgare, è perché nasce dal basso, ribalta le convenzioni, specie quelle imposte. Fin dall’Antica Grecia, da Aristofane in poi, ha sempre parlato sporco; si usano il turpiloquio, le immagini crude, quelle grottesche, per colpire come una lama affilata, cercando di innescare un meccanismo di riflessione, dopo l’eventuale risata. Ma non può limitarsi al conveniente, al corretto, all’edulcorato. Nel nostro paese, per tornare alla tua domanda, c’è la dicotomia di cui parli perché da parte del potere, specialmente attraverso il controllo dei media, è evidente la volontà di tacitare le voci più scomode e originali, favorendo invece quelle, appunto, più edulcorate, quelle finto-ribelli ma perfettamente integrate al Sistema. Decenni di lavoro certosino in questo senso hanno fatto accettare l’idea che lo spirito di patata fosse satira.
Quanto tempo dedichi al tuo lavoro di solito?
Un tempo, quando ancora non lavoravo a tempo pieno come insegnante di Disegno e Storia dell’Arte al Liceo Scientifico di Livorno, ho provato a impormi degli orari canonici. Svegliarmi la mattina presto, cominciare a disegnare, pranzare e continuare il pomeriggio. I miei impegni ora hanno ridotto i tempi, insegno la mattina quindi disegno il pomeriggio, tranne quando ho consigli di classe o impegni scolastici. Non sono mai stato fiscale da questo punto di vista, se dovessi fare una media, direi che disegno dalle due del pomeriggio fino all’ora di cena.