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Intervista a Danilo Arona

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Produttore di opere assolutamente personali che si propongono di scandagliare la twilight zone tra realtà ed immaginario, Danilo Arona è uno dei decani della critica cinematografica italiana specializzata ed ha fatto parte più volte delle giurie internazionali dei Festival dedicati al cinema fantastico. Quindi ci sta simpatico, punto.




Vuoi raccontarci la genesi del tuo Cronache di Bassavilla? E che rapporto c’è tra il libro e la seguitissima rubrica che tieni da molto tempo su “Carmilla”, la webzine diretta da Valerio Evangelisti?
In tutta sincerità c’è stata una straordinaria concomitanza di sincronicità “junghiane”, che è peraltro uno dei miei tormentoni esistenziali sin dalla più tenera età. Alla terza “cronaca” apparsa su “Carmilla” proposi la storia di Melissa, il fantasma biondo della Bologna- Padova, per come l’avevo letta e scaricata da un sito da tempo disattivato. Giuseppe Genna mi scrisse quasi subito, “imponendomi” con la dolce violenza di cui è capace di tirarne fuori un romanzo. Le cose non andarono proprio così perché mi limitai, per i soliti troppi impegni che mi accompagnano, a mettere giù di tanto in tanto qualche cronaca “derivativa” dall’inquietante vicenda di Melissa. A una cinquantina di cronache prodotte, mi telefonò Luigi Bernardi, proponendomi la pubblicazione di un book con lo stesso titolo della rubrica e io accettai, con la controproposta che le puntate seguissero un filo narrativo logico - per quanto possibile - impostato proprio sulla spettrale ragazza. Puntate ovviamente rimpolpate di materiale inedito e qualche sconcertante, del tutto vero, fatto di cronaca. Cronache di Bassavilla, il libro pubblicato da Dario Flaccovio, nasce così.

Il tuo interesse per l’argomento leggende metropolitane non è certo una novità…
Certo. Anche perché molte urban legends di oggi contengono autentici materiali “gotici” (per capirci). Melissa è un esempio quasi canonico: la si può considerare come la milionesima versione del “fantasma autostoppista”, anche se poi il romanzo segue un percorso alquanto divergente dai classici plot che ognuno di noi ha sentito raccontare in giro, almeno una volta nella vita... Sono paure aggiornate, divulgate di bocca in bocca come le barzellette sui carabinieri, se il paragone lice... Forse non lice.

Vero e falso, possibile e improbabile si intrecciano nel libro in modo inestricabile: cosa c’è di vero nella leggenda della ragazza sull’autostrada? Oppure non ha senso parlare di vero e falso?
La risposta alla prima domanda è complicata. Non c’è nulla di vero in una leggenda, ma esistono - in Italia e nel mondo - troppe testimonianze i cui protagonisti, un po’ come certi avvistatori di UFO, rifiutano con sdegno di essere bollati per mitomani o per visionari. Il “vero” della faccenda, credo, dobbiamo andarlo a scovare in ambito parapsicologico, a ovvio patto di ritenerlo “verosimile”. Ricevo un numero del tutto anomalo di testimonianze in merito... Forse i fantasmi hanno sul serio abbandonato i castelli in rovina per infestare le planetarie location contemporanee. È un tema in espansione - provate a digitare su Google termini come “Spooky Street Lights” e scoprirete che ci sono spettri a ogni angolo di strada, Africa compresa... - ed è un tema in qualche modo collegato all’allucinazione consensuale di cui siamo tutti, chi più chi meno, vittime. Anche per questo non ha molto senso, oggi, parlare di vero o falso... In ogni caso, tornerò sul luogo del delitto. L’argomento è sempre più aperto...

Nei tuoi racconti e romanzi, per quanto siano molto diversi uno dall’altro, si intravede un filo rosso comune, come fossero frammenti di uno stesso incubo: è un’impressione sbagliata?
Cogli nel segno. Un unico, immenso incubo. Attraversato con strumenti - i generi - differenti. È anche una tecnica un po’ sleale... In ogni “tappa” lascio un angolo in penombra, un aspetto poco approfondito sul quale ritorno nella tappa successiva. Ma non si tratta di calcolo a tavolino: è istinto.

Cosa pensi del panorama letterario fantastico/horror italiano sia da un punto di vista eminentemente artistico sia da un punto di vista editoriale?
È variegato, interessante, con una specificità tutta sua territoriale che lo rende “diverso” da altri suoi consimili in Europa, a patto che non si voglia scimmiottare gli anglosassoni. Dal punto di vista editoriale, credo, che stiamo ancora messi male. Ma non per colpa degli editori. C’è un pubblico che va in qualche modo creato, “convinto”. Esistono persone che non comprano affatto horror firmato dagli italiani per principio, e questo mi sembra ingeneroso. Soprattutto perché non si tiene conto di una globale e antichissima tradizione che, secoli addietro, è stata in grado di coinvolgere letteratura e territorio, superstizioni e autentiche paure, in egual misura.

Il fatto che gli spunti più agghiaccianti ormai vengano da certi dimenticati trafiletti di cronaca più che dalla tradizione horror non è forse specchio dei nostri tempi? La cronaca nera o nerissima (dai serial killer alle teorie del complotto) ha sostituito i miti e le leggende nell’immaginario collettivo?
La cronaca è sempre più nera, d’accordo. Ma da qualche tempo mi trovo a rifiutare la teoria dell’horror catartico. Oggi il genere - ma il discorso potrebbe valere anche per il noir -, per risultare apprezzabile (almeno da me), dev’essere tutto meno che consolatorio. Deve far male. La cronaca però non ha sostituito gli antichi miti. Come può constatare ogni frequentatore di libreria, i miti classici (vampiri, licantropi e cloni kinghiani) vanno sempre per la maggiore in versioni aggiornate e "addomesticate" - e anche serializzate - per il mercato. In questa nicchia ristretta, lo spazio a disposizione per l’horror che intende "sperimentare" diviene proprio esiguo. E, su questo versante, la cronaca quotidiana può dare nuova linfa al genere. Sono tentativi che io faccio spesso: uno dei miei titoli più recenti, Black Magic Woman, parte dal crollo delle Twin Towers l’11 settembre 2001, definito da uno dei protagonisti come “il più colossale atto di magia nera mai operato al mondo”... Qui non ho lo spazio per dilungarmi, ma anche l’autore ne è convinto.

Quali sono gli scrittori ai quali guardi con maggiore attenzione?
Nessuno in particolare. Cerco di comprare dei buoni libri. Certo, se si tratta di amici (veri), non ho problemi a sbilanciarmi. Se però inizio a farlo qui, sono fottuto... Ho un mare di amici, e questa è la più grande fortuna che ti possa capitare. Spero di meritarmelo. Comunque in questo periodo leggo parecchi italiani, o europei in genere, che- quando ci azzeccano - sono meno stereotipati di tanti yankee che vanno per la maggiore.

I LIBRI DI DANILO ARONA