
Dario Franceschini, già segretario del Partito Democratico e Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, dal 2006 è anche scrittore. Lo abbiamo incontrato a Galatone in occasione del Salento Book Festival, dove presentava una sua raccolta di racconti.
Fra coloro che leggeranno questa intervista, molti si sorprenderanno nello scoprirti scrittore oltre che politico, eppure sono passati anni dal tuo esordio. Preferisci tenere separate le due carriere, oppure trovi che qualcosa dell’una finisca inevitabilmente per influenzare l’altra?
Preferisco decisamente tenere distinte le due cose. Difficilmente poi ci si riesce appieno, ma non avendo a disposizione due vite sto provando a conciliare queste due splendide cose.
La raccolta di racconti è un genere popolare all’estero, ma meno frequentato da scrittori e lettori in Italia. Cosa ti ha spinto ad avvicinarvisi con Disadorna?
Purtroppo questo genere da noi non riscuote ancora abbastanza fortuna, ma io penso che invece i racconti abbiano molto futuro. In questo mondo caratterizzato dalla velocità è un valore aggiunto saper condensare una storia in poche righe e riuscire ugualmente a regalare un’emozione a chi legge.
Ci sono elementi in questa raccolta (ad esempio i protagonisti ordinari ai quali capitano cose straordinarie) che fanno pensare al realismo magico. È un filone che ti ha influenzato? E se sì, quali autori ti sono stati di ispirazione?
Sì, è evidente che nella mia scrittura ho attinto a piene mani da questo filone. Se dovessi citare un autore che per me è stato un faro direi ovviamente Gabriel Garcia Marquez, perché trovo dei legami fra le storie dell’America Latina e della sua Macondo e la mia Emilia, questa terra un po’ folle.
Alcuni tuoi libri sono stati tradotti in francese e pubblicati dall’editore Gallimard. In virtù della tua esperienza, pensi che l’editoria nostrana possa imparare qualcosa da quella francese?
Assolutamente sì, credo che ci sia sempre molto da imparare dalle altre realtà. Parlando non solo di editoria ma ancora più in generale, penso che ci sia da imparare dalla loro politica culturale a tutto tondo, basti pensare che la Francia con il nostro stesso numero di abitanti ha il doppio di lettori.
Siamo a un Festival del Libro, quindi è d’obbligo una domanda sulla lettura. Come si incentiva la gente, e soprattutto i più giovani, a leggere?
Penso che sia importante lavorare sin da quando si ha a che fare con dei bambini piccoli, e non far sentire la lettura come un obbligo. La lettura è una cosa bellissima, una pausa esclusiva, e oggi che siamo costretti a essere sempre multitasking è salutare concedersi un momento in cui non si deve letteralmente fare nient’altro.
Qual è il provvedimento adottato da Ministro della Cultura di cui vai più fiero? E c’è qualcosa che avresti voluto fare e che non è stato possibile realizzare?
Ci sono ovviamente tantissime cose che avrei voluto fare, ma non sempre è possibile realizzare tutto ciò che ci si è prefissati. Vado però molto fiero del lavoro fatto, in particolar modo delle molte persone che abbiamo fatto andare nei musei di tutta Italia, e soprattutto delle molte famiglie che ci sono tornate dopo anni in cui non lo facevano.