
Una delle voci più rilevanti del panorama letterario sudamericano, Diamela Eltit è una testimone preziosa delle trasformazioni sociali e culturali che hanno interessato il Cile in particolare e il Sudamerica in generale negli ultimi decenni, e le ha raccontate in profondità sia attraverso i suoi romanzi che applauditi saggi. L’abbiamo intervistata in occasione del Festivaletteratura di Mantova 2022.
Date le tematiche affrontate in diverse tue opere, è impossibile non aprire quest'intervista con una domanda sul referendum sulla Costituzione cilena di domenica 5 settembre. Alcuni commentatori qui in Italia hanno sottolineato come il No (rechazo) sia dovuto da un lato alla complessità del testo, dall’altro a un certo conservatorismo insito nel DNA dei cileni. Cosa ne pensi?
Certamente sono delle osservazioni opportune, ma non sono gli unici elementi. Uno da tenere in considerazione è il fatto che per la prima volta nella storia il voto è stato obbligatorio. Alle urne si sono quindi presentate quattro milioni di persone in più, che prima non avevano mai esercitato il diritto di voto. Quindi, da un certo punto di vista, il risultato non appartiene per forza alla destra. Dobbiamo perciò osservare questo territorio poroso, perché non sappiamo come queste persone reagiranno poi. Certamente è stata una grande sorpresa in negativo, molto triste per chi aveva puntato su questo cambio della Costituzione.
Mai e poi mai il fuoco parla di una ormai spenta passione politica. Credi che le persone, specie i giovani, che al referendum hanno votato per il Sì (apruebo) possano in qualche modo sentirsi come i due protagonisti del tuo libro?
In realtà il romanzo inscena la storia di due militanti su quanto accaduto nel passato – il golpe di Salvador Allende. Ora il momento storico è differente. Bisogna però prima considerare che le trasformazioni e i cambiamenti messi in scena dalla Costituzione di Pinochet sono stati rilevanti, specie attraverso il giro neoliberale: secondo alcuni analisti, il più feroce del mondo. In questo senso i militanti sono rimasti fuori dal loro tempo. Oggi, i giovani stanno vivendo delle circostanze inedite. Prima di tutto c’è stata una micro-rivoluzione sociale impressionante nel 2019, seguita dalla pandemia che, nel caso del Cile, ha significato 6 mesi di confinamento consecutivo. Certamente queste circostanze hanno provocato e colpito i giovani: queste forme di confinamento hanno inoculato nuove forme di disciplina dei corpi. Ciò che potrebbe accadere è che gli studenti di licei e università reagiscano occupando la piazza pubblica. Bisognerà monitorare gli sviluppi di questi avvenimenti, ricordando che in Cile è frequente l’uso della piazza come territorio di lotta politica. Siamo quindi in un momento di attesa, è una situazione complessa: il governo è giovane, il Presidente ha 36 anni e anche chi lo circonda ha più o meno la sua età. Quindi, da un certo punto di vista, sono nell’occhio del ciclone, e la loro giovane età può essere un punto di attacco al governo. Il discorso più frequente è infatti la loro mancanza di esperienza.
Lasciando da parte i discorsi di natura politica ed entrando nel campo della letteratura, in Manodopera e in Mai e poi mai il fuoco ho notato una certa predilezione per personaggi costretti in casa, quasi impossibilitati nei movimenti. A tal proposito volevo chiederti se queste scelte fossero volontarie ed eventualmente i motivi delle stesse…
Non avrei mai pensato di scrivere su un supermercato come ho fatto in Manodopera. Ma a un certo punto è apparso davanti alla mia mente e ho deciso di entrare e di raccontarlo. Certamente il supermercato è un prodotto seriale, un ambiente che si trova uguale in tante parti del mondo. Allo stesso modo, anche lavorare in un supermercato implica la serialità. Bisogna poi considerare che in molte parti del mondo, soprattutto in America Latina, i diritti fondamentali vengono violati in questi luoghi di lavoro. Parallelamente ho concentrato la mia attenzione sulle grandi rivolte operaie del XX secolo, che hanno messo in scena i diritti operai, vedendo poi come dopo questa ondata, gli inizi del XXI secolo abbiano distrutto tutto questo. Per questo motivo ogni paragrafo inizia con una citazione presa di periodici operai del XX secolo. Un altro elemento è poi il controllo: nei supermercati i dipendenti controllano i clienti e a loro volta sono controllati dai superiori. Da un lato è un luogo di acquisto, dall’altro un luogo di molteplici forme di vigilanza, dove gli uni assediano gli altri. Inoltre, nel supermercato si crea una feroce competizione a causa del sistema di licenziamenti: attraverso queste forme di competizione per mantenersi il lavoro, la solidarietà dei lavoratori si rompe completamente. L’altro romanzo è ambientato in un letto. Anche in questo caso, non mi sarebbe mai venuto in mente di scrivere un romanzo ambientato in un letto. Quello che ha “messo in moto” questo letto è la questione della memoria. Una memoria forse tragica, una vita complessa, dove si sfumano i contorni della vita vissuta dai personaggi. In un altro orizzonte più rulfiano, può darsi che questi personaggi siano morti e parlino in un interstizio tra la vita e la morte.
All'interno del romanzo la protagonista assiste e presta soccorso in ogni momento della propria vita, sia per lavoro che per amore. Nella nostra epoca, quale valore ha secondo te il prendersi cura dell'altro?
Secondo me la questione della cura, esercitata principalmente dai corpi femminili e mal pagata, è l’ingrediente fondamentale del capitalismo. Se non esercitata da loro, il capitalismo cade. Personalmente credo che Marx abbia commesso un errore quando ha detto che il lavoro domestico delle donne è improduttivo. Penso in realtà che il lavoro delle donne (in casa e di cura) sia ciò che regge questo sistema.