
Scrittrice a soli 24 anni: una nuova stella nell’Olimpo delle Lettere? Questo è tutto da vedere, il tempo ci terrà sicuramente informati. Intanto, però, facciamo bene a goderci la luminosità di una scrittura spontanea, fresca e sensibile, che nasce senza dubbio da un talento narrativo da tenere sott’occhio.
Sei un’autrice giovanissima, ma con già all’attivo diversi racconti pubblicati su varie riviste e questo libro d’esordio appena uscito per l’editrice Hacca, Non dire madre. Riesci a ricordare quando e come è entrata la scrittura nella tua vita?
Un pomeriggio d’inverno, dopo scuola, stavo rientrando a casa, e un ragazzo sul motorino venne travolto sotto i miei occhi da una macchina impazzita. Quel ragazzo era un mio amico. Da quel momento, mi chiusi in un silenzioso rispetto e iniziai la mia scrittura.
Sei anche tu madre, come molte protagoniste dei tuoi racconti. Il primo forse, per “coincidenze” cronologiche e geografiche è quello che più parla di te… Vuoi confidarci quanto c’è di Dora-mamma nel tuo libro, allora?
C’è molto di autobiografico: dalla sofferenza fisica, al forte desiderio di comunicare a tutti (specialmente alle donne giovani e meno giovani) che la maternità non è una cosa che nasce con la donna, ma una acquisizione culturale. Essere madre è innanzitutto dolore e sacrificio, poi sicuramente infinito amore per il proprio figlio.
Qual è il tuo rapporto con la scrittura? Quali sono i momenti che le dedichi e quale importanza le attribuisci?
Siamo molto amiche, io e la scrittura. Ogni giorno le dedico tempo, la vado a trovare. Sicuramente nella mia vita viene al primo posto, dopo la lettura.
Fino a oggi ti sei misurata con il racconto. Da cosa dipende questa scelta, se di scelta si può parlare? E come sono nati i racconti che compongono Non dire madre?
Ho scelto la forma del racconto per portare avanti la tradizione orale delle mie Madri. Ho fatto ciò che i contadini facevano con i nipoti oppure con la gente che li andava a trovare: ho raccontato, ho scritto una parte del vasto “patrimonio orale” presente nei paesi del mio sud. I racconti di Non dire madre nascono in quattro anni, come provocazione nei confronti di una editoria troppo “modaiola” e fine a se stessa, e soprattutto come chiaro messaggio rivolto a tutte le donne, affinché capiscano e accettino la condizione sconveniente e dolorosa dell’essere madre, trovando così la forza di comunicare alla famiglia e ai propri mariti le loro difficoltà.
Se potessi presentare in poche righe il tuo libro, cosa ti piacerebbe fare emergere in modo particolare?
Le debolezze, le ammissioni di colpevolezza e i momenti di grande coraggio della madre-figlia-donna, eternamente combattuta in un rapporto di amore e odio, con il padre-figlio-uomo.
Il rapporto con la tua terra, la Lucania, e le radici; l’esilio a Roma e in qualche modo la crescita verso l’indipendenza. L’essere madri e figlie, l’una il riscatto dell’altra, rabbia e amore incondizionato, desiderio di libertà e legame indissolubile… Sono topoi e metafore che confluiscono gli uni negli altri, tornando spesso nei tuoi racconti. Vuoi spiegarci meglio il tuo pensiero e i tuoi sentimenti al riguardo?
Sono legami qualche volta in contraddizione tra loro, e difficili da spiegare, forse totalmente inspiegabili. Diciamo che il sentimento di amore e odio che la protagonista vive in rapporto alla sua terra e a sua madre, è dominato da un forte senso di colpa che la spinge a chiedere perdono, ma anche da un grande rancore (per come è stata giudicata) e da una grande consapevolezza, che la allontana da certe logiche sociali.
Leggendo i due racconti che aprono il libro, soprattutto il secondo, ci troviamo di fronte a una narrazione ampia, che somiglia molto alla premessa di un romanzo. Hai mai pensato di misurarti con quel genere? Hai in questo senso forse in mente già qualcosa?
Sì, il libro che sto scrivendo è un romanzo.
Il tuo è un libro molto femminile, non solo per i sentimenti forti, - negativi e positivi - che esprime, ma anche per lo stile, molto “viscerale” con cui l’hai confezionato. Cosa pensi in generale riguardo a questa tanto vociferata letteratura femminile? Quali sono le tue autrici di ieri e di oggi più amate e perché? Quale, a tuo avviso, il contributo delle donne nel mondo della letteratura?
Credo che in un mondo dominato molto spesso da un pensiero prevalentemente maschile e maschilista, sia giusto dare spazio alle donne, ad una scrittura diversa, ecco. È pure vero che alcune scrittrici della mia generazione, hanno totalmente rimosso la letteratura femminile che ci precede dal loro orizzonte: penso ad esempio ai capolavori della Ortese, alla Morante, alla Mansfield, che sono le mie scrittrici preferite di ieri, e penso a Valeria Parrella, Mariolina Venezia, Chiara Gamberale, e tante altre ancora, che sono le mie scrittrici preferite di oggi.
Scrivere oggi significa…
Un grande scrittore come Elio Vittorini parlava della “scrittura come vergogna”. E a me capita spesso, di vergognarmi.
Scrivere oggi, in quanto donna, significa…
Riuscire a raccontare agli altri una femminilità ( stilistica e narrativa) che non si trova più nella vita di tutti i giorni, femminilità messa in ombra dalla così tanto desiderata emancipazione. Scrivere oggi in quanto donna, nel mio caso, significa avere la libertà di ritornare a parlare di cose che la donna moderna reputa banali e superate.
I LIBRI DI DORA ALBANESE