
Uscendo dalla stazione Duomo della metropolitana di Milano ho pensato: “Oggi Milano sembra Londra”. Una giornata di luglio piovosa e con una temperatura da inizio autunno. Bene. Londra mi porta fortuna, è una delle città in cui vorrei vivere. È un pensiero positivo, di buon auspicio per uno che fa la sua prima intervista, e la deve fare ad un gigante della letteratura moderna come Erica Jong, a Milano per la presentazione dell’edizione del quarantesimo anniversario di Paura di volare. Dimentico il mio ombrello al bar e davanti al lussuoso albergo dove ho appuntamento scambio una giornalista per l’addetta stampa di RCS... segnali decisamente negativi. Poi però, grazie alla simpatia che suscita il principiante, i giornalisti presenti cominciano ad interessarsi a me. Mi fanno domande su “Mangialibri”, mi fanno i complimenti per il coraggio, mi parlano dell’importanza di un’autrice come la Jong, mi danno consigli. Mi sento elettrizzato, ed allo stesso tempo mi viene in mente l’immagine di me che mi lancio da un aereo su di un campo di battaglia rendendomi conto ormai troppo tardi di non avere il paracadute. Ed ecco che lei entra nella elegante area adibita a sala stampa. Tutti si alzano per stringerle la mano. Ma non è solo cortesia. È rispetto. È ammirazione. È una standing ovation. Per qualche motivo la Jong, dopo che è toccato a me presentarmi, si sofferma proprio su di me. Trova divertente il nome “Mangialibri”, così glielo traduco in inglese. Il suo grande sorriso mi tranquillizza. Quel suo “Antonio!!!” detto con l’accento americano mi dà coraggio. Da quel momento in poi capisco di essere esattamente dove vorrei essere. Si sposta in un’altra stanza per essere intervistata dalla Rai. Attendo il mio turno. Torna e si siede davanti a me sorridente, io attivo il registratore dell’iPhone (stavo per dimenticarmene!), faccio la prima domanda, e si comincia…
Quali sono le ragioni per cui Paura di volare ha venduto quasi trenta milioni di copie nel mondo? Perché oggi, dopo 40 anni, viene ristampato e viene definito ancora dal “Washington Post” irresistibile? Insomma: perché è considerato un grande classico?
Penso che sia un libro liberatorio. Ricevo spesso mail, anche da persone giovani, che mi dicono che il libro trasmette loro un senso di liberazione. C’è qualcosa in questo libro che fa sentire le persone come se potessero fare qualunque cosa.
Come è cambiata la sessualità delle donne americane dal 1973 ad oggi? C’è ancora quella differenza di cui parli nel libro, ovvero secondo te ancora oggi le donne europee sono meno prigioniere di stereotipi sociali (e sessuali) rispetto alle americane?
È impossibile dirlo. Penso che le donne siano cambiate in tutto il mondo, ora è come se dicessero: “Io esisto, io sono una persona, io posso”. È difficile parlare di sessualità poi, perché su questo tema le persone non dicono mai la verità.
E se le donne oggi, forse, non hanno più “paura di volare”, di cosa hanno paura?
In Paura di volare ovviamente il volo è una metafora della libertà. Penso che al giorno d’oggi abbiamo paura della solitudine, di essere povere. Abbiamo paura di quello che lasceremo ai nostri figli in un mondo che stiamo distruggendo. Penso ai miei nipoti, ai problemi ambientali, ai ghiacciai che si stanno sciogliendo e sono preoccupata perché abbiamo solo quest’unico pianeta e non ne stiamo avendo cura.
Cosa pensi del caso Cinquanta sfumature di grigio, a proposito del quale alcune volte, credo in maniera sbagliata, Paura di volare è stato tirato in ballo?
Penso che è ridicolo, perché Cinquanta sfumature di grigio è terribile. Non è per nulla un libro onesto ed è scritto veramente male. È un libro esecrabile.
Qual è il tuo pensiero sulla psicanalisi? A giudicare dal libro per nulla positivo…
Può essere molto di aiuto. Nel mio caso, mi ha aiutato a diventare una scrittrice perché ero spaventata di condividere il mio lavoro. È ancora molto difficile mostrare un libro quando lo finisco, è come se scrivessi in privato e quando devo mostrare il mio lavoro alla mia casa editrice sono sempre molto nervosa. La psicoanalisi mi ha aiutato molto in questo.
Cosa pensi delle donne italiane?
Le donne italiane sono incredibili. Sono così affettuose, così creative, riescono a fare così tante cose: si prendono cura dei propri impegni, ma anche dei figli e della famiglia. Penso siano incredibili, davvero.