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Intervista a Fausto Brizzi

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Fausto Brizzi è uno tra i più prolifici sceneggiatori italiani che, di tanto in tanto, si nasconde dietro la macchina da presa e, quasi sempre, è un gran successo: così è stato per esempio, con Notte prima degli esami. Il film da lui diretto e scritto è stato campione di incassi nel 2006. Incontro Fausto Brizzi nella sua casa romana, nel cuore del quartiere San Lorenzo, così familiare ai milioni di studenti dell’Università “Sapienza”. E assai familiare e accogliente è il clima di casa Brizzi, popolata da grandi librerie di colorati fumetti, da biliardino, jukebox e supereroi. Come in una riunione tra amici, il padrone di casa racconta in modo spassoso le esilaranti avventure di “una storia vera, purtroppo”, come dice lui; la storia della sua conversione da onnivoro impenitente a ostinato semi-vegano per amore della bella Claudia.




Sei un artista poliedrico: scrittore, sceneggiatore, regista, produttore. Quale di queste identità professionali ti definisce meglio?
Il mio mestiere è quello di scrivere, che sia una sceneggiatura o un libro è solo una questione di forma e non di contenuto. Faccio il regista e il produttore in prestito.

A giudicare dalla tua invidiabile libreria, oltre che scrittore sei anche un divoratori di libri, fumetti in particolare. Qual è il personaggio che più ti affascina?
Sicuramente Alan Ford, il Gruppo TNT di Max Bunker, che forse è uno dei pochi esempi di fumetti umoristici non in striscia. Continuo a leggere Diabolik da sempre e prima o poi, spero di farne una versione cinematografica.

Come è nata l’idea di scrivere Ho sposato una vegana?
Raccogliendo gli aneddoti che si accumulavano durante la convivenza con Claudia (Claudia Zanella, moglie di Fausto, ndr). Ho notato che i miei amici erano molto più interessati a conoscere i nuovi aneddoti vegani di menage familiare che le mie storielle sul mondo del cinema. Ho deciso di raccoglierli tutti in un volumetto, così da non doverli raccontare ogni volta, ma poter dire “Vabbè, leggeteveli, dai!”.

Nel libro la voce narrante è la tua, ma in fondo è un racconto corale in coppia con la tua partner, Claudia Zanella. Sei d’accordo?
Assolutamente sì. In qualche modo è anche la sua vita che descrivo e che è diventata la nostra. Lei è la controparte o meglio, il modello inarrivabile, in quanto vegana: quello che vorrei essere e ancora non sono, ma prima o poi, ci riuscirò.

Sei un aspirante vegano o un uomo molto innamorato di una vegana?
In realtà, sono entrambe le cose. Sono un uomo che una vegana ha convinto della bontà delle sue opinioni, soprattutto, dal punto di vista della salute e del benessere, oltre che dal punto di vista etico. Sto provando ad alimentarmi in maniera più sana, anche se non totalmente vegana, perché il pesce continua ad attrarmi terribilmente. Diciamo che su quattordici pasti settimanali, dodici sono vegani.

Il libro riporta in esergo una frase di Mark Twain “L’uomo è l’unico animale che arrossisce, ma è anche l’unico ad averne bisogno”. Cosa vuoi suggerire al lettore?
Che in fondo, siamo degli esseri inferiori. Proviamo imbarazzo, forse, perché vogliamo difendere le nostre scelte sbagliate, tipo uccidere altri esseri viventi. Gli animali, invece, non ne hanno bisogno, non dicono bugie, non commettono atti contrari alla propria natura. Gli uomini torturano gli animali, se non degli altri esseri umani e giustamente provano vergogna.

Le storie che racconti sono sempre alleggerite da una comicità spontanea, non ricercata, che sembra più una cifra del tuo carattere. Eppure, in Cento giorni di felicità sono prevalenti le note malinconiche di chi ha dovuto scoprire di morire per cominciare a vivere…
Mi appartengono sia le note malinconiche sia quelle comiche, ma la verità è che il tono lo decide la storia. In Cento giorni di felicità racconto la storia di uno che muore di cancro con un tono ironico, ma non iper-allegro. Se mi vuoi bene è la storia di uno che tenta di fare del bene ai suoi amici e finisce con il distruggere loro la vita e in questo c’è qualcosa di più comico e solare. È il tema che si porta dietro il suo tono peculiare, in modo assolutamente naturale. Ho sposato una vegana ha preso le forme di una situation comedy.

Hai già pensato ad una sua trasposizione televisiva?
Valuteremo in futuro se ne verrà fuori un film o una sit-com.

Quali sono i tempi e gli spazi della tua scrittura?
La mattina presto, prima che squilli il telefono. Ho scoperto che prima delle 10.00, il mondo del cinema e della televisione non si sveglia. Di conseguenza, se io mi sveglio alle 6.00 del mattino, ho quattro ore meravigliose per scrivere e anche molte energie. Sono l’esatto contrario dello stereotipo dello scrittore notturno col whisky e la sigaretta, vizi aboliti, ovviamente!

Qual è il libro che vorresti scrivere e non hai ancora scritto e il film che vorresti dirigere?
Il film che invidio al mio collega è Ritorno al futuro: è il tipo di film che mi piace di più come spettatore e prima o poi, spero di firmare come regista. Spero che diventi presto un film Cento giorni di felicità, anche se ho la sensazione che la gente in Italia voglia soprattutto ridere. Quanto al libro, continuo a mettere da parte storie che per mille motivi non riesco a trasferire nel cinema e sto ronzando intorno ad una storia vista con gli occhi di un personaggio che la vita l’ha vissuta tutta, un io narrante ottantenne, a differenza dei miei tre libri, in cui il protagonista ha la mia età o sono proprio io.


I LIBRI DI FAUSTO BRIZZI