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Intervista a Franco Arminio

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Incontro Franco Arminio a Taurianova, in Calabria, all’interno di una chiesa barocca. È seduto tra una pila di libri non suoi e comincio l’intervista chiedendo proprio le ragioni della scelta così poco convenzionale.




Come mai leggi Franco Costabile e Lorenzo Calogero in una serata dedicata ai tuoi versi?
In qualsiasi luogo mi invitano chiedo sempre dei poeti locali, mi piace creare armonia con le persone che incontro: la poesia è anche un veicolo di comunicazione.

È per questo che hai divulgato l’assalto alla poesia?
Sì, sì, anche per questo. In realtà, l’uso di questa parola forte, “assalto”, è stata una scelta comunicativa. Vuole significare assalto allo scaffale, è un invito ad entrare nelle librerie e scuotere, scuotere dalle pagine dei libri di poesia la polvere. È un invito anche ai librai a non lasciare in angoli dimenticati e bui le raccolte dei poeti. La mia non è stata una trovata pubblicitaria, ci credo davvero alla rivoluzione attraverso le parole.

E difatti vendi tantissimo pur pubblicando Poesia….
Sì, i miei libri L’infinito senza farci caso e Cedi la strada agli alberi sono rispettivamente al primo ed al secondo posto dei libri di poesia più venduti nella classifica di Amazon, e sono scritti in cui spesso ricorrono parole forti come solitudine e dolore. Ma io non nasco a caso, non sono un poeta improvvisato, vendo tanto ma ogni mio verso nasce da una ricerca interiore, sono quaranta anni che scrivo prosa, versi, parole a caso. Da giovane avevo inviato i miei scritti al poeta siciliano Gesualdo Bufalino – una volta si faceva così, ci si rivolgeva a coloro che erano già famosi per ottenere dei giudizi. Ora è cambiato tutto, ci sono gli agenti letterari a filtrare i rapporti, eppure io preferisco i contatti diretti sia con gli editori che con i lettori.

A proposito di contatti diretti, su Instagram proponi ai tuoi lettori il baratto libri contro prodotti: perché utilizzi questo modo inusuale di diffondere la cultura?
Io mi sento un poeta pop, nel senso di “popolare” e questa mia anima legata alle cose, al buon cibo, ai prodotti unici che ogni regione d’Italia produce mi porta a dare un valore allo scambio con le parole che si trovano nei miei libri. Ritengo che i beni che i lettori mi inviano siano di pari valore alla poesia che scelgono, le persone – i lettori intendo – sono estremamente riconoscenti per quello che ricevono dai miei versi. Tanti sono invidiosi di questa mia popolarità sui social e invece del mio successo dovrebbero essere contenti, perché significa che chiunque, da qualsiasi posto proviene, anche dall’angolo più remoto, può diffondere velocemente il proprio pensiero ed avere tantissimi seguaci.

A marzo 2020 in Irpinia inizierai un tour col Ministro per il Sud e la coesione territoriale Giuseppe Provenzano, ci vuoi anticipare di che si tratta?
Col Ministro Provenzano siamo subito entrati in sintonia, è tanto che scrivo di progetti di sviluppo per le zone spopolate dell’Italia. A dire il vero avevo cominciato a narrare della mia terra, l’Irpinia orientale, poi visitando l’Italia in lungo ed in largo – spesso su invito a leggere poesie – ho avuto modo di verificare che il fenomeno dello spopolamento delle aree interne è diffuso al sud come al nord. È per questo motivo che insisto col Ministro a guardare ai luoghi, a puntare a chi vive realmente nelle aree disabitate del nostro Paese. Ci sono vecchi e giovani che non hanno prospettive. Devono essere queste persone i veri interlocutori dei politici, e ciò indipendentemente dalle opportunità economiche da mettere in campo. È il capitale umano che va valorizzato con idee che spingano le persone a rimanere ed a ripopolare.

È questa una forma di impegno civile?
Nella mia poesia e nei miei scritti in prosa affronto spessissimo il problema dello spopolamento delle aree interne. Il territorio montano rappresenta il 35,2 per cento della superficie nazionale, ma ci abita solo il 12,2 per cento della popolazione, perlopiù anziani. La mia “paesologia” a questi luoghi guarda e non si tratta di una contemplazione estetizzante di paesaggi privi di vita, è impegno etico a servizio di coloro che vivono nell’entroterra e che si sentono spaesati, privi di ogni riferimento.

Ti interessi molto anche degli anziani…
I vecchi, ah sì. Mi piace incontrare i vecchi dei paesi. Sto bene quando li ascolto e quando guardo i loro corpi fluttuare nel tempo. Dedico molti versi a loro, mi seguono perché si sentono valorizzati. E chi si interessa degli anziani nel nostro Paese? Chi pensa ad esempio alla loro sessualità, ai loro bisogni più intimi? Io questa la chiamo modernità incivile, il sesso così a disposizione di tutti ma tanta solitudine nei corpi, una solitudine che la poesia può lenire. Il piacere non può essere legato solo al consumare e produrre. La società capitalistica ha svuotato l’essenza degli individui io, per contro, faccio riflettere i miei lettori sulla fragilità e l’immaginazione, sui rapporti effimeri ma significativi.

Sono per caso le intimità provvisorie?
Sì, si, le intimità provvisorie sono gli incontri fugaci pieni di soddisfazione, i piaceri racchiusi negli sguardi, gli attimi di passione, che svegliano i sensi.

La tua, da punto di vista stilistico, è poesia in prosa?
Poesia parlata o poesia in prosa. È questo il mio stile, lo capì l’amico Gianni Celati nel lontano 1992 quando mi inserì in una raccolta edita da Feltrinelli si chiamava Narratori delle riserve.

È una poesia intimista riguardo alle tematiche?
Io rifuggo dalle categorie, mi piace lavorare sulle parole, ricercare le assonanze ed al contempo lanciare messaggi. Ecco la ragione del mio linguaggio semplice, umile e tuttavia non ordinario bensì ricercato, frutto di analisi e di raffronto tra significati. È l’uomo al centro della mia scrittura, l’uomo nelle varie fasi della vita e nei vari momenti della giornata, l’uomo e tutto ciò che lo circonda, alberi, rovine, pietre e cielo, tutto io guardo con stupore e umanità.

A parte il citato Gesualdo Bufalino, chi sono i tuoi autori preferiti?
Leggo spesso e rifletto sulla poesia di Giorgio Caproni, che sento affine alla mia.

I LIBRI DI FRANCO ARMINIO