
Friedgard Thoma, insegnante di filosofia e letteratura tedesca a Colonia, ha dovuto lottare molto per vedersi riconosciuto il diritto a pubblicare lo scambio epistolare che intrattenne con Emil Cioran dal 1981 fino agli ultimi giorni di vita del grande intellettuale romeno, nazionalizzato francese. Nel suo paese, infatti, il libro è stato ritirato dal commercio per volontà dei detentori dei diritti dell’opera di Cioran. Ora, grazie all’interessamento di due giovani studiosi marchigiani, Massimo Carloni e Pierpaolo Trillini, l’Italia è il secondo paese al mondo dopo la Romania in cui è possibile leggere questa preziosa documentazione. Incontro Friedgrad in un’amena località dell’Appennino centrale, dove tutti gli anni torna a trascorrere il periodo della villeggiatura estiva insieme con il suo fedelissimo cocker spaniel. Affabile e cordiale, si presta volentieri a rispondere alle mie domande.
Quando hai deciso di pubblicare la corrispondenza tra te ed Emil Cioran?
Dopo la morte di Simon Boué, la sua compagna. Dunque quattro o cinque anni dopo quella di Cioran e quasi venti dal nostro primo incontro a Parigi del 1981.
Qual è stata la motivazione che ti ha spinto a farlo?
Volevo mostrare cose diverse. Primariamente l’idea di pubblicare non è venuta da me, ma da Ulrich Horstmann, professore di anglistica, poeta, scrittore e autore dell’affascinante libro di filosofia La belva, che lo ha reso celebre e in cui è presente un capitolo dedicato proprio a Cioran. Fu lui a consigliarmi di pubblicare le lettere. Era del parere che il nostro carteggio costituisse un importante documento e una straordinaria testimonianza del suo carattere vacillante tra scetticismo e ossessione. Del resto anche Franco Volpi – che nel 2002 scrisse un ampio articolo su La Repubblica – era del suo stesso avviso.
Dunque?
Ovviamente Horstmann fu il primo a leggere il manoscritto e a esprimerne una valutazione. Ricordo che mi scrisse: “Hai mantenuto un equilibrio tra intimità e discrezione. Intimità: perché hai mostrato la parte appassionata e irrazionale di Cioran. Discrezione: perché non hai rivelato la parte concernente la vostra vita sessuale.” Infatti tutti ne hanno dedotto che la nostra è stata una relazione platonica.
Quale reazione ha sollevato il tuo libro?
Alcuni recensori mi hanno dipinta come una donna bella ma stupida, che ha abusato dei sentimenti di Cioran per avere notorietà. Sai, benché anche io fossi un’intellettuale, Cioran era un filosofo anziano e di assoluto prestigio, mentre io ero una donna avvenente e molto più giovane di lui. Per molti ammiratori di Cioran la rivelazione della nostra storia è stata percepita come uno schiaffo.
Ci saranno stati anche giudizi lusinghieri, spero. No?
Oh, certo. Tra tutti mi piace ricordare quello di “Der Spiegel”, che ha sottolineato come dal nostro carteggio emerga la forza irrazionale della passione compenetrata dalla malinconia dell’età. Anche la stampa italiana ha salutato l’uscita del libro con giudizi molto favorevoli. Ho come l’impressione che in Italia ci siano meno pregiudizi.
Per quale ragione la pubblicazione di questo libro è stata avversata dalla Gallimard?
Perché in quanto detentori dei diritti sulle opere di Cioran ritenevano di possedere di fatto anche quelli sul nostro carteggio personale. Dissero perfino che io avevo promesso a Cioran che non li avrei mai resi pubblici. Mentre, al contrario, era noto che egli aveva proibito che fossero dati alle stampe i suoi "Cahiers", che invece furono pubblicati proprio da Gallimard. Il fatto che Cioran avesse conservato, sia pure di nascosto a Simone Boué, le nostre lettere smentisce di fatto le loro affermazioni.
E poi?
Si appellarono a un "droit moral", vigente in quel paese, che estende il diritto d'autore anche alle corrispondenze private. Ma il mio avvocato partiva invece dalla certezza che secondo il diritto tedesco, queste lettere scritte, peraltroin un tedesco anchilosato, non avevano nulla a che vedere con la regolamentazione del diritto d'autore. Fu così che le pubblicai con la casa editrice Wiedle. Non mancarono, tuttavia, di intimare all'editore di distruggere ogni copia e di querelarci.
E in Romania?
Molti editori, dopo aver chiesto i diritti alla pubblicazione nel loro paese, rinunciarono. In particolare il filosofo Gabriel Liceanu, dapprima interessato, dopo aver compiuto un viaggio in Francia non fece sapere più nulla. Più tardi, tuttavia, venni a conoscenza del fatto che riassunse il mio libro e tradusse alcune lettere in forma integrale, senza richiedere il consenso al mio editore.
Come si concluse la vicenda sul piano giudiziario?
Riuscirono a ottenere che otto lettere non fossero pubblicate, ma solo riportate in forma indiretta. Mentre la pretesa di cancellare tutte le citazioni tratte dai testi di Cioran fu rigettata dal Tribunale. La causa avrebbe dovuto essere portata dinanzi alla Corte Federale, unico organo competente abilitato a pronunciarsi su una questione di principio. Ma né io né la case editrice disponevamo del denaro sufficiente per farlo. Il libro non fu più ristampato nella nuova versione.
E su quello letterario?
Cioran ha stilizzato per sé la figura dello scettico solitario, benché per decenni abbia vissuto in coppia e con molta socievolezza. A Parigi non era affatto un solitario, ma scriveva per i solitari. Egli ha amato la vita, benché scrivesse per coloro che della vita non erano in grado di superare le difficoltà. Per questi io compio di fatto un tradimento. Non sarà proprio questa vacillazione ad essere tanto interessante, da doverla sottrarre al lettore delle sue opere, per evitare di farlo uscire dal cliché?
I libri di Friedgard Thoma