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Intervista a Jennifer Niven

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L’appuntamento con Jennifer Niven e Riccardo, l’addetto stampa della Dea, è fissato per le 18.00 davanti alla sede della sala stampa di Pordenonelegge. Assieme alla mia interprete Tiziana aspetto ansioso accanto al portone, a due passi dall’asino in carne ed ossa che è il simbolo e la mascotte di questa edizione, oltre che compagnia non prevista. La simpatica bestia mi guarda e scuote le lunghe orecchie come a volermi dire: ma ti pare il caso di dare appuntamento a un’autrice famosa proprio accanto a un asino, seppure carino come me? Cosa penserà? Non faccio in tempo a darmi una risposta che Jennifer e Riccardo, che ha il superpotere di sostenere due conversazioni telefoniche in contemporanea, ci raggiungono. Jennifer è cortese e solare e pare non notare l’asinello, che paziente si lascia fotografare dalla folla in transito. Dopo aver conquistato una piccola saletta riservata solo per noi di Mangialibri, iniziamo una conversazione che so già sarà piacevole e interessante.




Il personaggio di Libby, protagonista de L’universo nei tuoi occhi, è davvero ben riuscito. Quanto c’è di te in lei?
C’è davvero molto, soprattutto nel rapporto tra lei e sua madre e nel racconto della sua scomparsa. Anche io perso mia madre molto giovane e ho voluto trasferire il mio dolore e le sensazioni che ho provato allora in Libby.

Nonostante il dolore, tuttavia Libby è una figura molto forte, positiva e travolgente, dotata di un humor particolare e capace di battute pungenti…
È così e anche in questo è simile a me. Libby è una ragazza molto forte e resistente, proprio a causa di tutto il dolore provato, e questo carattere particolare la aiuta a dire: ecco, nonostante tutto io sono ancora qui.

La prosopagnosia è un disturbo del quale non avevo mai sentito parlare. È davvero così diffuso e come ti è venuta l’idea?
Questa malattia è più diffusa di quanto pensiamo, così come ha dichiarato uno dei più importanti esperti in questo campo, il dottor Brad Duchaine al quale ho dedicato un piccolo cameo nel libro. Brad ha dichiarato che probabilmente ci sono molti più casi di quanti ne conosciamo, perché molti ammalati di prosopagnosia non sanno di esserlo. Ho scoperto questa malattia perché due membri della mia famiglia ne sono affetti, uno zio e un cugino.

A questo proposito, anche il personaggio di Jack non deve essere stato facile da raccontare. Come hai studiato il personaggio e come sei riuscita a renderlo credibile per tutta la durata del romanzo? Probabilmente è stato molto faticoso, no?
Sì, non è stato semplice. Avevo bisogno di lui per fare in modo che a Libby accadesse qualche cosa di orribile, ma allo stesso tempo non volevo che Jack venisse subito bollato dai lettori come un personaggio cattivo. Questa malattia mette Jack in una posizione difficile alla quale lui reagisce facendo il bullo. Volevo però che il lettore comprendesse la sua condizione e quindi l’equilibrio tra i due caratteri era molto delicato e difficile da mantenere.

Nelle tue note finali, si comprende come il tuo libro sia stato il frutto di un contributo di molte persone, che nei momenti più difficili ti hanno aiutato a proseguire. È accaduto anche per i tuoi lavori precedenti?
Questa è una domanda che mi piace molto. È vero che ogni libro è un viaggio solitario ma allo stesso tempo si ha bisogno dell’aiuto di molte persone e della loro esperienza ed è ciò che ho fatto per tutti i miei libri precedenti. Lo stesso è accaduto per L’universo nei tuoi occhi. E naturalmente è stato molto importante anche l’aiuto della famiglia, che mi ha supportato durante tutto il viaggio della costruzione del libro.

Ancora dalle noti finali: una tua fan sfegatata si dice felice perché questo romanzo ha finalmente un lieto fine. Dopo aver letto i tuoi precedenti romanzi, era certa che anche qui qualcuno sarebbe stato investito da un tir o qualcosa del genere. Davvero tutti i tuoi romanzi hanno dei finali tragici? E come mai questa volta è stato diverso?
Sì, è così! Ma stavolta ho deciso di fare un regalo ai miei lettori perché per tutti i miei precedenti romanzi molti lettori mi dicevano: mi hai fatto piangere, perché lo hai fatto? Perché hai fatto succedere tutto ciò? Ma allo stesso tempo loro amano piangere per queste situazioni tragiche. In questo caso ho voluto ripagarli con un lieto fine che li rendesse felici.

Libby cita spessissimo due romanzi: Il buio oltre la siepe di Harper Lee e Abbiamo sempre vissuto nel castello di Shirley Jackson. Entrambi sono usciti nel 1960 e dunque non molto recenti. Evidentemente sono molto importanti per te, ma lo sono anche per Libby che è un’adolescente di oggi. Come mai ha scelto proprio quei libri?
Sono naturalmente due dei miei autori e due dei miei romanzi preferiti, e li ho scelti cercando di dare uno spunto per una buona lettura alle nuove generazioni, con la speranza che si aprano a un tipo di letteratura più importante e soprattutto per il messaggio che Il buio oltre la siepe riesce a dare ai lettori, ovvero quello di non giudicare una persona se non si è camminato nelle sue scarpe ed è ciò che spesso accade. Le persone giudicano senza aver provato le stesse cose.

Riusciresti a darmi un identikit degli adolescenti americani di oggi, magari indicandomi qualche loro pregio e qualche difetto?
Penso che i miei giovani lettori americani siano meravigliosi, ma sono anche molto autocritici e non si aprono abbastanza, trattengono le emozioni senza esternarle. Allo stesso tempo sono lettori molto appassionati e solidali tra loro. Soprattutto sui social, se qualcuno ha avuto una brutta giornata e lo fa sapere agli altri, riceve molti messaggi di supporto e incoraggiamento ed è una cosa che ai miei tempi non accadeva.

A tuo parere sono diversi da quelli italiani?
Gli adolescenti italiani sono lettori incredibilmente attenti! Vogliono davvero capire il perché e il come di tutte le situazioni narrate ed è una caratteristica che non ho riscontrato in molti altri paesi. Dialogare con loro è entusiasmante!

I LIBRI DI JENNIFER NIVEN