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Intervista a John Stephens

John Stephens
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Sto per parlare con uno scrittore che a poche settimane dall’uscita del suo primo libro ha scalato le classifiche, uno che a detta di tutti sarà l’erede della Rowling, replicando in quattro e quattro otto le centinaia di migliaia di copie vendute, conteso tra le principali case editrici italiane, uno per cui la Longanesi ha speso cifre astronomiche accaparrandosi i diritti. Quando lo trovo nella hall del suo albergo sono costretta a constatare piacevolmente che le mie aspettative sono più che confermate: John Stephens  è un occhialuto bambino cresciuto, con lo sguardo spalancato sul  mondo, un entusiasta e appassionato lettore, uno scrittore modesto e ancora incredulo di fronte a tanta attenzione. Domande e risposte di snodano con un incredibile facilità e il risultato, più che un’intervista, è una spassosissima conversazione.
John, tutti i romanzi fantasy sono considerati letteratura per ragazzi ma spesso e volentieri vengono letti anche dagli adulti. Il tuo L'atlante di smeraldo, siamo sicuri, non farà eccezione. Avevi in mente un pubblico preciso quando ti accingevi a scrivere?
Quando scrivevo lo facevo per me devo essere sincero. Spero non sembri egoista ho scritto il libro che avrei voluto leggeere io. Da sempre infatti sono appassionato di lettura fantastica, come molti  miei amici. Diciamo che ci sono tante persone che amano un tempo passato, lontano e irreale, che non esiste più o forse non è mai esistito: per me è tutte queste persone c’è questo tipo di letteratura.


L’atlante di smeraldo è sì un romanzo fantastico ma è infarcito di riferimenti classici, cosa che lo rende particolare e lo differenzia da tanti di quelli usciti negli ultimi anni. Quali sono gli scrittori che maggiormente ti hanno ispirato e che consideri tuoi modelli di riferimento?
Tra gli scrittori che più mi hanno ispirato prima di tutti c’è Charles Dickens che in assoluto è il mio autore preferito. I suoi libri sono quelli più vicini al mio cuore, amo i suoi personaggi. Oliver Twist, Uriah Heep, Scrooge, li ricordo tutti quasi come miei amici, tanto mi hanno fatto compagnia quando ero giovane. Della sua scrittura mi piace che possa risultare buffa ed emozionante nello stesso tempo, quel mix che solo i grandi libri sanno realizzare. Inoltre adoro Edgar Allan Poe, che è stato uno dei primi americani a parlare di soprannaturale anche se il soprannaturale dei suoi libri è molto reale,non un semplice “abracadabra ecco la magia” ma è proprio dietro di te, viene dalla realtà quotidiana, ha origine dai cuori degli uomini cattivi, dalle loro brutte intenzioni. Ecco, questo senso della magia quotidiana mi è piaciuto tanto. Poi lo trovo anche molto buffo, il suo senso del gotico è così esagerato ad essere buffo: fantastico Poe, insomma.


La tua storia è molto particolare, sei stato produttore di serial televisivi molto famosi, ti sei dedicato alla letteratura successivamente, a 38 anni. Come sei approdato al romanzo e cosa ti ha lasciato l’aver scritto per il cinema o la televisione in precedenza?
La verità è che fin all’inizio ho voluto scrivere romanzi, più o meno da quando sono ragazzino. Ma quando ho finito la scuola, ecco, non ero abbastanza bravo. Allora mi sono trovato a guardare la Tv e a pensare, “qualcuno dovrà pur scrivere tutto queste cose” e così sono andato a Hollywodd. Ma la voglia di scrivere libri non mi è mai passata , nella mia testa la vocina “devi scrivere un libro” non mi ha mai lasciato, era sempre lì perché in fondo ho sempre saputo che volevo fare questo nella vita. Così dall’anno scorso ho definitivamente smesso di scrivere per la televisione e penso che mi dedicherò alla letteratura. Aver lavorato come sceneggiatore mi è comunque servito, ho sviluppato una sorta di senso del movimento drammatico, ho imparato  a  creare personaggi, a farli muovere  in uno spazio più o meno grande, a farli dialogare tra loro. Ho imparato che bisogna scrivere ogni giorno, lavorare su un testo ogni giorno e non importa come ti senti, se sei stanco o malato, il fatto di scrivere ti fa andare avanti e sentire meglio. Ecco dalla Tv ho imparato la disciplina nello scrivere, la costanza e il rispetto di impegni e scadenze.


Le analogie su te e Michael si sprecano: hai una sorella che si chiama Kate, ami la letteratura fantastica... Cos’altro avete in comune e cosa maggiormente vi rende simili o vi differenzia?
Michael è basato totalmente su di me. Tutti e due portiamo gli occhiali, leggiamo, come lui anche a me da piccolo piacevano i nani e mi piacciono tuttora. Lo Hobbit è stata una lettura molto importante per me infatti. Ho sempre odiato gli elfi invece,  troppo perfetti, tutti seriosi, i nani invece bevono, chiacchierano, mangiano... Vorrei proprio andare a cena con uno di loro, sarebbe proprio divertente. Insomma tutte queste caratteristiche e queste passioni le ho trasmesse a Michael ma in realtà lui è molto più coraggioso di me: se ci fossi stato io nel romanzo sarebbero tutti morti nei primi capitoli!


L’atlante di smeraldo è il primo capitolo di una trilogia: ci dai qualche succosa anticipazione sui prossimi due?
Mmmm... non posso. Posso solo dire che questo era incentrato sul personaggio di Kate mentre i prossimi avranno al centro Michael e Emma.

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