
Essere Josè Monti non è facile, almeno io mi sentirei così se fossi in lui: mancanza di radici, di terra ferma sotto i piedi, assenza di una famiglia, inserimento in un nuovo nucleo adottivo. Eppure lui ha una forza d’animo spiazzante a sostenerlo. Adora la vita, crede nell’insegnamento dei valori, ama le favole ed è convinto che se l’esistenza la racconti e la interpreti come tale è tutto più semplice. Il suo bellissimo sito www.josemonti.it svela molto di lui e appaga ogni curiosità del Josè scrittore e illustratore.
Leggere la tua storia personale aiuta a comprendere la trama del tuo primo libro, L'adottato. Come sei riuscito a trasformare in favola un'esperienza difficile e dolorosa come quella dell'adozione, della mancanza di radici e di stabilità?
Non credo ancora di aver capito bene cosa sia un narratore o cosa vuole dire: diventare scrittore e mai credo che lo comprenderò del tutto. Lavoro nel settore da qualche annetto ormai, vedo produrre dai 50.000 ai 230.000 libri al giorno (guadagno come tutti i cristiani arrivando a fine mese toccando il fondo delle tasche, cercando qualcosa che spesso non c'è), ma le mie idee sono ancora confuse poiché il settore editoriale stesso ha mille parti sfaccettate, sfumature che bisogna assimilare in certi momenti, e saper definire in altri. Non è semplice gestire l'editoria, anche la piccola industria libraria, dal punto di vista tecnico, figuriamoci dal punto di vista "creativo" e quindi: scrivere. Forse l'unica garanzia di successo, seppur piccolo è essere partecipi di ciò che si fa, ma tenendo sempre le distanze dalle proprie emotività. Insomma, avere la capacità di fermarsi e ogni tanto farsi una panoramica dall'alto di ciò che sta accendendo intorno vedendo noi stessi come tutti gli altri spettatori dello show della vita stessa. Ciononostante una certezza io me la sono fatta in questo settore. Le FAVOLE, quelle che lasciano il segno, non s'inventano, gran parte delle volte la FAVOLA è una realtà VERA che per assurdo potrebbe benissimo essere intesa come una FAVOLA. Non esistono FAVOLE nate dalla FANTASIA, le FAVOLE nascono dalla PAURA di raccontare il VERO. La paura è una delle prime cose che colgono nel segno i bambini e quindi le favole belle o brutte ci colpiscono da quando siamo piccoli rispetto ad altri generi letterari oppure film, foto ecc. Prima arrivano le favole, poi tutto il resto. Le FAVOLE, quelle esistono davvero e nemmeno si scrivono, chiedono di essere scritte perché il loro scopo nella vita è di fare bene, ed è vero, tutte le FAVOLE fanno bene dentro ed anche fuori. Per quanto mi riguarda, è stato molto naturale scrivere la mia vita sotto forma di favola. Non capita tutti i giorni di salvarsi da un'alluvione che rade al suolo il proprio villaggio, perdere affetti lungo "il viaggio" e poi ritrovarli, nascere nel peggior posto del mondo e finire a vivere in uno dei più lussuosi luoghi del mondo per poi ritrovarsi nel buio a ballare tra folletti in mezzo al bosco per mille notti ed alla fine ritrovarsi tra le braccia delle più bella fata dai capelli rossi che possa esistere. La vita è un sogno, un lungo viaggio, a volte vale la pena raccontarlo no?
Che cosa ricordi del periodo vissuto nelle favelas e quanto ti ha segnato quest'esperienza ai limiti della povertà?
Non mi piace vivere di ricordi, eppure una delle reminiscenze più comiche che ho in mente, è quando mia madre (adottiva) mi diceva di mettere a posto la mia stanza. Per me, voleva dire, ed ancora oggi vuol dire: prendi il sacco nero della spazzatura e BUTTA VIA TUTTO. Ogni settimana, dall'età di 11/12 anni, ho sempre buttato via tutto, non ho mai tenuto nulla, nemmeno una foto che potesse rappresentare il passato in ogni suo contesto. Io non ho nulla che sia PASSATO, tutto ciò che mi circonda è spesso NUOVO. Una deviazione, un gesto maniacale credo. ma tanto non serve a nulla, il PASSATO ritorna, niente muore, tutto vive. Quanto mi ha segnato l'esperienza ai limiti della povertà.? Non saprei mica. Di quell'esperienza, ciò che resta nella mia memoria oggi direi che è il nulla, ma le mie passate avventure, i miei "viaggi" le mie conoscenze di cui scrivo hanno tutte come protagonisti o comparse soggetti modesti di spirito, oppure al limite della povertà, spiriti liberi insomma, i quali sogghignano sempre perché non hanno nulla da perdere. A volte ho come il sospetto che questa buffa vita che ho vissuto "esplorando chissà dove" sia la ritorsione del passato dentro quei sacchi di spazzatura neri, il quale ritorna, marchiando tutto ciò che resta del mio presente.
Quali insegnamenti hai tratto dal senso del viaggio, dell'emigrazione e della ricerca di un tuo posto nel mondo e quanto questi aspetti hanno influenzato la tua scrittura?
Io credo che la gente, in generale le persone, abbiamo un'ideale storpiato dell'individuo considerato come "disadattato". Per assurdo, sono convinto che il dinamismo sia il vero soffio vitale di una persona disinserita in una determinata circostanza la quale si ripete con regolarità tutti i giorni. L'essere "disadattato" non è una tragedia, anzi potrebbe rilevarsi una qualità inaspettata, poiché ti impone a sforzarsi d'individuare ininterrottamente un posto nel mondo e di conseguenza ti rende un individuo non ISOLATO e STATICO in un delimitato posto mentre il mondo ti gira attorno. Insomma è dura che un vero "disadattato" passi la sua vita chiuso in camera a piangersi addosso, quasi impossibile. Questa visione del Lupo solitario è solo un clichè, uno stereotipo del personaggio alla ricerca di un suo posto nel mondo, ma non è così nella realtà. Anzi, tutt'altro. Questa situazione (il piangersi addosso chiuso in camera) spesso se ci riflettiamo bene è la circostanza di coloro i quali hanno paura di stare SOLI e decidono di vivere in gruppo. restando spesso e volentieri più soli che mai. Sarà triste ma è così, dimostratemi il contrario e sarò disposto a cambiare idea. Il gruppo spesso, non sempre ovvio, è sinonimo di sicurezza soggettiva ma non di compagnia. Sulla mia pelle, sono arrivato a capire che essere "disadattato" vuol dire girare attorno al mondo con il sorriso ed il sollievo d'esser coscienti che proprio per via di questo stato di difficoltà di inserimento perenne; si è sempre di passaggio. Essere di passaggio vuol dire vedere il mondo con i suoi problemi, possibilmente senza creargliene, perché il mondo è pieno zeppo di problemi da risolvere. A volte visto da fuori mi fa molta tenerezza. Essere di passaggio vuol dire avere poco tempo perché ci sono mille Lune da scoprire e avventure da vivere ed ogni nuovo incontro è un mondo tutto da scoprire, tutti, ogni singola persona ha una storia da raccontare. Quanto questi aspetti inerenti alla dinamicità hanno influenzato la mia scrittura? Molto direi, sono stati fondamentali. Se non vivi, non scrivi, ne canti o balli. o forse si lo puoi pure fare, ma la gente credo che preferisca assorbire dei messaggi capaci di filtrarsi fin sotto pelle, delle emozioni forti, piuttosto che svagarsi con la musica, la lettura ecc. Solo per qualche manciata di minuti che poi non torneranno mai più.
Di che cosa parleranno gli altri due volumi pensati per la trilogia dopo L'adottato?
Il secondo libro "HO SOGNATO D'ESSER VIVO - il delirio in una stanza, nel manicomio che non c'è" è già finito, le illustrazioni pure sono terminate. Il formato del volume è lo stesso de L'adottato, solo che le pagine saranno minimo 400/450, e ci saranno molte più illustrazioni piccole e grandi lungo il "viaggio" (SEMPRE IN BIANCO E NERO). La narrazione è collegata al primo romanzo, è un bizzarro prolungamento. Tutto inizia con il ritorno della cicogna sbandata o sbadata, come volete voi cari lettori, da li parte la nuova favola squinternata. Il set è un ospedale psichiatrico, un'infermiera come protagonista, varie stanze, ogni stanza un paziente, ogni paziente un personaggio tutto da scoprire. Chi sono questi personaggi? Persone vere, artisti, spacciatori, prostitute, mamme, studenti, fotografi, autori televisivi, amici! INSOMMA: PERSONAGGI, alcuni semplici altri particolari, i quali hanno deciso di mettersi amichevolmente in gioco, "recitando" una loro parte nel mio romanzo, individui i quali, nella loro vita reale, hanno stabilito di fare il salto mollando tutto per VIVERE della loro PASSIONE. Alcune saranno belle passioni, altre non troppo belle. io non ho fatto altro che trasfigurare questi PERSONAGGI reali in personaggi da FAVOLA assieme alle loro vite da fiaba. Alcuni di questi PERSONAGGI sono artisti di grande spessore come i MUTOID WASTE COMPANY, è stato bello conoscerli ad uno ad uno. Il tutto adesso è in redazione a Roma, il lavoro di impaginazione + correzione testi , grafica ecc. sta a loro. Sarà un lavoro duro per loro, abbiamo puntato molto sulla grafica e sulla qualità estetica, sarà un piccolo gioiellino di illustrazione testo e impaginazione. Ci vuole un sacco di tempo per fare tutto questo lavoro, mesi e mesi, non è semplice impostare i libri illustrati restando dentro schemi tecnici e budget predisposti. Andrà tutto bene, ci vuole solo tempo. Ad agosto max non oltre dicembre 2008 sarà in vendita con i mezzi che Tespi riterrà più idonei, questa è una cosa che gestirà l'editore, io il mio l'ho fatto. Sono stati due anni di lavoro in veste di giornalista nomade. Il tema fondamentale del romanzo sono le PASSIONI e l'importanza che queste hanno nella vita, nel mondo. In poche parole, un giorno ho preso il treno, "quello senza capo stazione" e sono andato a cercare altre storie da raccontare, vite da favola che chiedevano forse, d'essere raccontate. Tutto qui. Il terzo libro, UNDERWORLD, lo sto scrivendo e vivendo in questi giorni. Vedremo che succede poi.
Perchè pensi che una figura adulta possa fungere da linea guida per la comprensione del testo? Non è forse vero che i bambini, essendo privi di filtri, hanno la capacità di comprendere in maniera immediata il senso della vita?
Convengo al 100% con la tua affermazione, però dobbiamo stare attenti a lasciar soli i bambini quando leggono le favole, è davvero pericolosissimo!!! Poi questi, se leggono e nessuno li segue, iniziano ad avere una panoramica del mondo "reale" contorta, crescono e poi vengono fuori i tipi strani difficili da gestire! Guarda a me cos'è successo! La mattina mi tocca sempre fare il salto per scendere dal letto perchè ho paura che sotto "il Mostro" mi mordicchia le caviglie!!! Guarda che mica scherzo!
Cosa vorresti che il lettore cogliesse, leggendo L'adottato?
Rispondo con una citazione poi con un breve commento: "Le persone non fanno i viaggi, sono i viaggi che fanno le persone", John Steinbeck. Desidererei solo che i miei coetanei avessero meno la preoccupazione di stare soli, ho come il presentimento che oggi come oggi tutti dichiarano che sono tempi poco felici, l'hai mai sentita ultimamente questa frase? Io sì. Concordo, ma secondo me il 70% è colpa dell'ultima generazione di genitori che non ha saputo tramandare i valori forti, mi creda, sono osceni certi genitori... orrore! Il 30% è colpa dell'ultima generazione di giovani che ha una paura assurda di mandare in vacca il mondo intero almeno per due tre anni seguendo un obiettivo ben preciso. Tanto una volta raggiunto quell'obiettivo, poi si vive di rendita. C'è pure da dire che se hai in testa un obiettivo e sei giovane, oggi come oggi non è semplice come una volta, i tempi sono cambiati e lì fuori è pieno zeppo di adulti pronti a massacrare o sfruttare i giovani, è la verità. Oggi come oggi se vuoi raggiungerlo l'obiettivo lo raggiungi pure, ma c'è un full-immersion da pagare non indifferente e lo devi fare se vuoi almeno un minimo di soddisfazione, se decidi di schiacciare quel pulsante, secondo me devi mettertelo in testa che per un anno anche due non c'è Natale, non c'è Capodanno, non c'è sabato, non c'è domenica, non c'è party. Ci sono SOLO gli obiettivi. Dopo questa full-immersion qualcosa succede inevitabilmente e puoi ritornare a godertela. Se ti metti "da solo" a raggiungere un obbiettivo, è difficile non raggiungerlo o comunque almeno avvicinarsi ecco. Tentare, dico solo questo. Ma per farlo devi essere SOLO almeno per un anno o due nella vita e NON BISGNA TEMERE LA SOLITUDINE, anche quella ASSOLUTA. Tanto la gente mica scappa, finchè si è SOLI in quel periodo SECONDO ME BISOGNA METTERASI IN TESTA CHE è L'UNICO MOMENTO NELLA VITA IN CUI NON SI STA GIRANDO A ZONZO PER IL MONDO ma è IL MONDO CHE CI STA GIRANDO ATTORNO SILENZIOSO, SCOPRENDO QUELLO CHE SIAMO CAPACI DI FARE E SE GLI PIACE CIO CHE FACCIAMO, POI LO RENDE PUBBLICO AI SUOI ABITANTI. Il mondo come i suoi abitanti del resto non è scemo sa cosa vogliono, cosa gli fa bene e cosa gli fa male. Per chiudere, non sono tempi facili ok, ma se ci metti la fobia di non uscire il venerdi sera, il sabato, se ti senti male ogni volta che non consumi, se non fai parte del sistema insano che gira senza tregua. boh! Mi sembra dura che i tempi possano migliorare. Che ti devo dire, sono portato ai progetti a lungo termine piuttosto che ad accontentarmi delle cose last-minute.
I libri di Josè Monti