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Intervista a Kader Abdolah

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Il Premio Lattes Grinzane 2021 della città di Alba, promosso dalla Fondazione Bottari Lattes, è giunto alla sua XI edizione. Ed è in questo contesto che raggiungiamo tramite Zoom uno dei cinque finalisti, lo scrittore di origine iraniana Kader Abdolah, che ha scelto questo pseudonimo all’inizio della sua carriera letteraria in onore di due amici attivisti politici giustiziati dal regime. Kader si mostra disponibile, sorride spesso ascoltando le domande che gli vengono poste durante la conferenza stampa e parla con passione della sua vita in Olanda, della sua missione di scrittore per far conoscere ai lettori il suo amato Iran, dove non può più tornare, ma che riesce ancora a raggiungere grazie all’immaginazione e ai ricordi perché, nonostante tutto, lo custodisce sempre nel suo cuore e non c’è dittatura che questo possa portarglielo via.




Hai cominciato a scrivere in olandese quando ancora non lo parlavi bene. Affermi che poter scrivere in un’altra lingua rispetto a quella d’origine concede una enorme libertà espressiva a uno scrittore. Unisci il tuo personale bagaglio culturale a questa lingua che hai fatto tua. Vuoi parlarcene?
Mio padre era sordomuto e non poteva esprimersi con noi a parole. Fin dalla nascita mi è stata quindi imposta una grande responsabilità: essere la sua voce. Questo era il suo sogno, la sua aspirazione per me. Quando sono arrivato in Olanda e ho iniziato la mia nuova vita, sono riuscito ad andare avanti perché percepivo il supporto di mio padre, mi spronava a non cedere, a non arrendermi. Ho superato tutti i miei limiti e sono riuscito ad andare avanti. Io sono la voce della mia famiglia, ma non solo. In questi tempi in cui tante persone sono costrette a lasciare i luoghi in cui sono nate, io voglio essere anche la loro voce, voglio poterli rappresentare all’interno della letteratura europea.

Sultan, il protagonista del romanzo Il sentiero delle babbucce gialle, è un regista e documentarista iraniano, rifugiato politico in Olanda proprio come te. Nel raccontare la sua giornata lui afferma che inizia a scrivere alle sei del mattino e prosegue il lavoro fino alle quattro. Confessa inoltre di avere un buon computer, ma preferisce scrivere a mano. Tu invece quanto tempo dedichi alla scrittura? Puoi raccontarci come organizzi la tua giornata di lavoro e se preferisci scrivere al computer oppure a mano?
In parte le mie abitudini corrispondono a quelle del protagonista del romanzo e in parte no. Io inizio a scrivere intorno alle 07:30 del mattino e proseguo fino alle 16:00, ma per quanto riguarda modalità e mezzi devo usare la tecnologia moderna, che mi assiste nella correzione degli errori che faccio a livello linguistico, dato che scrivo in olandese, quindi utilizzo Google Translate, dizionari, ecc. Ho davvero bisogno di uno strumento giovane e tecnologico che mi dica “Che diavolo hai scritto, correggi ‘sta frase”.

Sultan dopo la sua giornata di scrittura esce con il cane e passeggia lungo gli argini, poi la sera guarda un film per rilassarsi. Tu come trascorri i momenti di riposo?
Dopo il lavoro prendo la mia bici olandese e percorro circa trenta chilometri al giorno. Mi serve per recuperare la freschezza e per potermi reimmergere nella lingua olandese il giorno dopo. I miei personaggi sono un po’ malinconici e anche io lo sono, ma sono anche un tipo tosto, un tipo da maratone!

Sultan è un regista, ma ammette che la cinepresa blocca la sua fantasia, mentre la penna fa l’esatto opposto e definisce la letteratura come l’unica “espressione artistica con cui si può raccontare una storia nella sua totalità”. Come una “forza magica” che ti porta ad attingere alla tua personale riserva di racconti. Anche tu percepisci questa forza quando scrivi?
A essere sincero non so nemmeno io perché riesco ad esprimermi solo attraverso la letteratura. È come una necessità che viene fuori da sé. Ho questa necessità, devo mettere in fila le parole, disporle sulla carta perché solo fare questo mi rende felice. Non so per quale motivo succede tutto ciò, ma è esattamente così. È come se chiedessimo a una pianta: perché produci i tuoi frutti? Mica lo sa, li produce perché è la sua natura. Questo è ciò che sono.

La fattoria a Delft appare come un vero e proprio rifugio per i personaggi del romanzo: Sultan, Aurelia, il lupo Gorghi e il vecchio cavallo, così come lo è stata per i coniugi Meinema. Tutti loro cercano e trovano pace lì. Esiste un luogo analogo per te, un posto in cui trovi pace e tranquillità, magari per staccare dalla routine quotidiana?
Quando scrivo i miei libri ho necessità di attingere alla fiction per spiegare la realtà e descriverla. Occorre uno sguardo esterno, uno sguardo come quello offerto dal filtro della letteratura e anche in questo caso ho attinto alla fiction per ricreare la realtà. In effetti non si tratta di un luogo reale e specifico, non possiedo una fattoria come quella descritta, ma andando in giro in bici per le colline olandesi si vedono molti di questi bei posti immersi nel verde, con le mucche al pascolo, i fiumiciattoli. Luoghi stupendi dove vorresti rifugiarti. Non avendo un posto mio l’ho ricreato attraverso l’immaginazione, per mostrare a tutti questa parte bella della natura olandese.

Per concludere ti faccio la più classica delle domande. Sei già al lavoro su un progetto letterario nuovo? C’è un personaggio di cui stai scrivendo e che ci presenterai in futuro?
In realtà sì, perché dopo Il sentiero delle babbucce gialle ho scritto altri tre romanzi! So che il mio editore italiano è già al lavoro e ha tante cose in agenda da proporre. Pertanto spero che presto possiate leggere nuovi miei romanzi in lingua italiana.

I LIBRI DI KADER ABDOLAH