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Intervista a Karen Russell

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È Karen Russell la vincitrice del Premio Lattes Grinzane 2023. La cerimonia di premiazione della XIII edizione si è svolta al Teatro Sociale “G. Busca” di Alba. A decretarla vincitrice sono stati i 400 studenti appartenenti alle 25 Giurie Scolastiche. Il romanzo dell’autrice è stato premiato “per la capacità della sua distopia di rappresentare un mondo affetto da una terribile epidemia, raccontando sentimenti ben noti nel contemporaneo”. Karen Russell trasforma i traumi in storie, dando un senso al dolore. Prima della premiazione però c’è stato spazio per una conferenza stampa alla quale Mangialibri ovviamente non poteva mancare. La foto è di Dan Hawk.



Iniziamo proprio dal titolo del libro con il quale ti sei aggiudicata questo Premio Lattes Grinzane 2023, I donatori di sonno. Il concetto di “donare” ha un’accezione positiva. Perché il sonno, nella società, è un regalo prezioso?
Nella nostra società frenetica l’economia non si ferma mai, così come il profitto: così l’insonnia è un fatto rilevante. Il tempo è diventato una merce e il sonno è un bene di lusso. L’economia non riconosce i limiti del nostro corpo e impone a molti di svolgere anche doppi turni di lavoro la notte. Tanti non hanno il privilegio di un letto in cui riposare! È la realtà: alcuni godono del sonno e altri non possono farlo.

Dopo aver affrontato il COVID-19, i lettori non hanno potuto fare a meno di trovare nella storia dei punti comuni con la realtà. Allo scoppio della pandemia, immaginavi che il tuo romanzo sarebbe stato visto come una visione quasi profetica?
Il contesto in cui ho scritto il romanzo precede di un decennio lo scoppio della pandemia, che ha poi avuto un effetto a cascata sulle nostre vite. L’ho immaginato come una metafora che non pensavo si realizzasse. D’altronde l’insonnia era già comparsa in Cent’anni di solitudine di Gabriel García Márquez. Non so se posso definirlo un romanzo catartico, ma mi ha insegnato che abbiamo bisogno di aiutarci quando le nostre esigenze sono senza fine.

Quella di Nottopoli è una delle immagini che i lettori hanno più amato. Che cosa ti ha ispirato nella sua ideazione? Nell’atmosfera, nei colori, nella struttura…
Sono contenta che la parte di Nottopoli sia piaciuta perché è quella che anche io ho preferito scrivere! Per me sono stati fondamentali nell’ispirazione i carnevali oscuri di Ray Bradbury.. Inoltre, io sono cresciuta in Florida: la capitale dell’intrattenimento americano. Lì ci sono tantissimi parchi tematici e parchi divertimento che vendono “intrattenimento pre – confezionato”. Anche questo mi ha ispirata nel descrivere Nottopoli, immaginandola come una zona lontana dalla città dove la gente affamata di sonno si incontra e cerca di mettere un freno ai problemi ricorrendo a pozioni magiche. L’ideazione di queste pillole è derivata anche dalle parole del nostro Presidente Donald Trump che, durante la pandemia, sponsorizzava qualsiasi tipo di cura, tutte poi rivelatesi inefficaci. Va poi detto che io sono un’insonne cronica e so bene che cosa significhi essere sveglia alle 04:00 di mattina, soprattutto ora che ho due bambini piccoli!

Quale pensi sia il ruolo che ha la letteratura nel comunicare il mondo contemporaneo, senza escluderne i tratti peggiori?
I donatori di sonno per me è stata una sorta di inchiesta sulla morale umana. Sicuramente ha un valore anti - utilitaristico, anti – consequenziale e a grandi linee anche anti – capitalistico. Il linguaggio della narrativa e quello del giornalismo a volte non sono sufficienti per descrivere la realtà in tutte le sue manifestazioni. Forse la narrativa speculativa riesce a farsi delle domande quando vi è una questione grave come quella di un’epidemia globale. Ci si può chiedere “Ma quando verrà trovata una cura, questa sarà davvero disponibile per tutti?”. Per noi che siamo cresciuti in questo mondo è difficile credere che sarà così. Vi saranno pochi eletti che potranno accedervi e gli altri moriranno, per esempio, per la fame di sonno. È questo che volevo scrivere e descrivere.

La privazione di una attività naturale come il sonno porta a reazioni estreme, come lo sfruttamento o l’uso di droghe. Tutto questo fa emergere una domanda importante: “Il fine giustifica i mezzi”? Soprattutto quando si tratta di valore umano? Che cosa ne pensi?
Io penso che il fine non giustifichi i mezzi. Non mi appartiene questa logica utilitaristica. Alla luce proprio di questo io ho creato la figura della protagonista. Lei si rende conto che sta facendo qualcosa che va in contrasto con i suoi principi e non sa quali potranno essere le conseguenze delle sue azioni se continuerà per quella strada. Si trova nei panni di molti di noi quando tentiamo di creare il mondo che sogniamo, cercando di rimanere sempre fedeli a ciò che in cui crediamo. Questo mi ha insegnato ad affrontare un mondo che non è fatto per tutti.

I LIBRI DI KAREN RUSSELL