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Intervista a Kay Rush

Kay Rush
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Oltre che un'icona retrò ma non troppo della televisione e una star della radio, questa bellissima donna giappo-svizzero-tedesco-statunitense è una instancabile viaggiatrice, trekker e scalatrice. Come abbia fatto a trovare il tempo per scrivere anche un romanzo è un vero mistero. Un mistero che forse svelerà ai lettori di Mangialibri in questa intervista esclusiva.

Il seme del desiderio non può certo definirsi un romanzo autobiografico, ma non si può nemmeno negare che tra la protagonista Sandra e te ci siano tante analogie, no?

Onestamente solo i luoghi sono ‘miei’, nel senso che sono posti dove ho vissuto e dove ho tanti ricordi, però credo che la maggior parte degli scrittori scrivono di posti da loro conosciuti. Per quanto riguarda il resto, non vedo delle somiglianze tra me e Sandra (lei è d'origine italiana, tanto per cominciare, io sono d’origine giapponese). Detto questo, sicuramente c’è qualcosa di me dentro tutti i personaggi del libro. Li ho creati io…

 

Quello della fecondazione artificiale è un tema molto complesso e molto importante: perché hai scelto proprio questo argomento per il tuo romanzo e da straniera cosa pensi delle difficoltà italiane per arrivare a una legge sull'argomento?

L’idea per il romanzo mi è venuta in mente proprio quando ho saputo che in Italia non c’erano delle leggi riguardanti l’I.V.F. Quella che hanno fatto nel 2003 poi è insufficiente. Non aiuta le coppie italiane che hanno delle difficoltà a procreare. Credo che le donne italiane non abbiano ricevuto abbastanza informazione da poter dare un miglior giudizio sull’argomento. Credo che in generale l’Italia sia un paese molto difficile per le donne/mamme/famiglie. La società italiana non rende la vita più facile alle donne che vogliono seguire una carriera e fare le mamme. Infatti, le donneitaliane si trovano spesso costrette a lasciare il proprio posto di lavoro quando diventano madri. Alcuni esempi: i negozi chiudono a mezzogiorno per pranzo, le banche sono chiuse il sabato, la domenica è difficilissimo trovare un posto aperto per fare la spesa, la quantità di asili-nido è clamorosamente insufficiente. Queste sono solo alcune cose che dovrebbero cambiare, almeno nelle grandi città. In Italia, si usa sempre lo slogan ‘ i valori della famiglia’, poi guardate l’annuale sondaggio di Save The Children per vedere dove le madri vivono meglio e guardate dove si trova l’Italia... Per aiutare le madri, bisogna aiutare le donne.

 

Nel tuo romanzo ad un certo punto c'è uno scambio di opinioni abbastanza acceso tra Sandra e un taxista sull'idea di Usa che hanno gli italiani e gli europei: da cittadina stunitense che vive in Europa come vivi i diffusissimi luoghi comuni molto negativi sul tuo Paese d'origine?

Non sopporto chi giudica un paese e la sua gente senza esserci mai stato. Chi lo fa è ignorante. Quello che mi da più fastidio è quando i politici usano questi meccanismi per ottenere voti. Comunque succede in tutto il mondo. Nessuno ha l’esclusiva sull’ignoranza. Dovreste sentire cose dicono gli Americani di voi o degli europei…da rabbrividire. Per quanto mi riguarda, io sono europea. Vivo tra Italia, Francia e Spagna da 27 anni. Ho il passaporto italiano, ho sempre pagato le tasse qui, e culturalmente, sono cresciuta in Europa. Negli Stati Uniti (che ho lasciato a 17 anni), mi sento un pesce fuori d’acqua e neanche loro mi trattano come un loro simile quando vi torno. Sono un ex-pat (ex-patriot) perenne.

 

Il tuo libro è anche una dichiarazione d'amore all'Italia: che rapporto hai col nostro Paese e cosa ti piace di più (e di meno) dell'Italia?

Sì, credo che questo mio primo romanzo sia una dichiarazione d’amore verso l’Italia, soprattutto verso Milano, una città che mi ha dato molto. Negli ultimi anni, passo sempre meno tempo in Italia. Ho dei ricordi bellissimi, però ho sempre fatto molta fatica a lavorare lì. Non so perché. Ho ancora un appartamento a Milano dove torno spesso, soprattutto per andare al Teatro alla Scala e per trovare degli amici. Continuerò a fare il mio programma radiofonico per Radio Monte Carlo, ‘Unlimited’. (Ho già pubblicato tre compilation di successo che sono uscite anche nel U.K. e negli U.S.A.), però grazie alla tecnologia, posso registrare e/o fare la diretta dal mio studio in casa. Per il momento, mio marito ed io viviamo a Chamonix, Francia.

 

Nella tua carriera hai fatto e fai ancora mille cose, e come donna hai mille passioni diverse: come ti trovi come scrittrice? Pensi di continuare a scrivere o è stata solo una bella avventura?

Sto già terminando il mio secondo romanzo e ne ho altri 4 in testa, inclusa un’opera teatrale. A dir la verità, scrivo da quando sono piccola. All'università studiavo Creative Writing e Letteratura Americana, poi il destino mi ha portato su un’altra strada. Comunque ho sempre lavorato nel mondo della comunicazione: sono giornalista, autrice di tutti i miei testi dai tempi di DeeJay Television, e sono stata autrice di programmi radiofonici e televisivi. Ho sempre scritto, insomma. Perché ho scelto questo momento per scrivere un romanzo? Perché sono arrivata ad un momento di grande serenità nella mia vita grazie a mio marito Ismael.

 

Quali sono gli scrittori che ti piacciono di più? Come è la Kay Rush lettrice?

John Steinbeck, Feodor Dostoevskij, Gabriel Garcia Marquez, Philip Roth, Tennessee Williams, Oscar Wilde.

 

I libri di Kay Rush