
Laura è una scrittrice romana in perenne movimento, per la quale ogni aggettivo (la definiscono “visionaria”, “sperimentale”, “d’avanguardia”…) è sempre troppo riduttivo. La ricerca stilistica e lo stile assolutamente personale ne fanno un’autrice da scoprire, sia nella produzione in prosa che nella poesia. Per lasciarsi catturare.
Il titolo del tuo romanzo La caccia richiama i due opposti: preda e cacciatore. A quali significati profondi sono associati?
La polarità che la caccia richiama nella nostra mente è tanto antica da essere per noi quasi elementare, o meglio elementale. A turno, la nostra specie ha rivestito entrambi i ruoli, e ognuno di noi, in senso metaforico, nella vita di ogni giorno caccia o è cacciato. Poi la caccia è anche la quête, la quest, la ricerca che da sempre anima la scrittura, la letteratura.
Le definizioni del tuo stile si aggirano intorno a due curiosi aggettivi "visionaria" e "sperimentale". Dalla lettura delle tue opere però pare ci sia molto di più...cosa aggiungeresti?
Gli aggettivi, purtroppo, si moltiplicano quando gli spazi per la letteratura senza aggettivi si restringono. È quello che sta accadendo oggi, tanto che siamo arrivati a parlare di tutela della bibliodiversità. Io però in fondo sono fiduciosa, la letteratura esiste da sempre, dopo una metamorfosi ritorna.
Ti alterni tra narrativa e poesia con una naturalezza che sorprende (il lettore e la critica). Quali sono i tuoi modelli?
Faccio sempre fatica a rispondere a questo tipo di domanda. Dietro di noi c’è sicuramente un’immensa tradizione, davanti a noi c’è un campo infinito di possibilità. Personalmente, a me sembra strano il fatto di non sperimentare tipi diversi di scrittura, oltre alla prosa (o alla poesia, se è per questo), ma ho imparato a non porre barriere troppo rigide: mi è capitato di credere che non avrei mai praticato un certo genere – la prosa, a vent’anni – e poi di smentire me stessa platealmente.
Il simbolo, l'essenziale, i legami originari, tutto porta ad un bisogno ancestrale di origini, di natura. Quanto questo bisogno espresso fa parte del tuo percorso personale?
Queste sono materie che non si possono toccare a mani nude, si rischia di bruciarsi. Credo sia bene tenerlo sempre presente, fare molta attenzione ai richiami che vengono da quella parte.
La tua è certamente una letteratura non commerciale (nel senso più basso del termine). Per chi scrivi? Se potessi scegliere, in quali mani lasceresti i tuoi scritti?
Credo che il lettore (o la lettrice) abbia sempre il merito di sorprenderci, e se la speranza è durare, non si può avere in mente un modello troppo preciso. Chi legge è semplicemente un’altra mente o un altro corpo umano, da qualche parte nel mondo e nel tempo. I grandi scrittori dell’antichità non immaginavano certo noi lettori di oggi.
La sensazione di una catastrofe imminente si insinua nei tuoi scritti e spesso senza nascondimento. Quale visione porti con te del mondo e dell'uomo?
Lo scrittore in fondo è un sismografo del proprio tempo, e oggi ci arrivano, da ogni parte, dalla natura soprattutto, messaggi di fine dei tempi. Io però non sono mai stata nichilista, né ho mai creduto al postumano, se è per questo. Credo che la possibilità di fare qualcosa ci sia, sempre.
La rabbia e la scrittura tagliente lasciano spazio a elementi di speranza?
Come rispondevo alla domanda precedente: sì.
I libri di Laura Pugno