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Intervista a Luca Di Fulvio

Luca Di Fulvio
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Nato a Roma il 13 maggio 1957, Luca Di Fulvio è attore, sceneggiatore, disegnatore, romanziere. Adora i film di Roman Polanski ed è un fan di Margherita Buy. Ha frequentato l'Accademia d'Arte Drammatica e non l'Università, e se ne vanta. Ha un harem di film, libri e musica e trova sconveniente scegliere i suoi preferiti, ma non trova sconveniente affatto - ci mancherebbe - scambiare due parole con noi di Mangialibri.

Dedica, citazioni e ringraziamenti rendono evidente quanto ci sia di tuo nel tuo romanzo La gang dei sogni: i sogni appunto, l'amore, l'amicizia e il destino. Cosa significa per te il destino?

Il destino è un qualcosa che ha sempre attraversato i miei libri. C’è una parte che ha a che fare strettamente con la narrativa, nella quale il destino è un po’ la storia “obbligata” che l’eroe persegue o alla quale si ribella. Un aspetto romantico ed epico. Il concetto di destino immagino sia nato con l’uomo. È la storia che gli dei hanno scritto per noi. Nel destino credo che inconsciamente cerchiamo una ragione all’esistenza. Una specie di geometria che giustifica le domande alle quali non c’è risposta. L’altro aspetto del destino – e questo ha a che fare con la mia sfera personale – è quello della scelta. Scegliersi il proprio destino. Tracciare la propria via. E questo aspetto giustifica noi stessi, singolarmente. I miei personaggi lottano sempre per avere un destino. Così come io lotto nella vita quotidiana per scegliermi il mio destino.

 

Perché nel tuo libro c'è tutta questa violenza nei confronti delle donne?

Per una ragione semplicissima. Perché le donne subiscono da sempre e in continuazione violenze e troppo spesso si fa finta di niente. È un cancro dei soggetti maschi quello di mortificare la parte più bella della nostra razza, le donne. Come se ne fossero invidiosi e dovessero infangarla, spegnerla, mortificarla. Avevo deciso fin dall’inizio che Christmas, il mio protagonista, avrebbe dovuto essere diverso. Volevo mostrare il mondo come appare ai miei occhi e fargli immediatamente apprendere la lezione del rispetto delle donne. Io sono nato uomo e mi sento – sin da bambino – sporcato nel profondo dalla violenza sulle donne. E nella vita ho appreso, come Christmas, questa lezione fondamentale. Che mi rende più uomo.

 

Perché La gang dei sogni e non Diamond dogs come titolo del tuo libro?

Perché Diamond Dogs – seppur più bello, a mio avviso – aveva in sé un’ambiguità che nasce sia dall’inglese, che non tutti parlano, sia perché poteva far sembrare il romanzo una storia di gangster, cosa che ovviamente non è. Volevo che passasse il concetto che si sta parlando d’amore, di crescita e, in special modo, della enorme superiorità qualitativa e sostanziale della fantasia rispetto alla realtà. È un romanzo nel quale il sogno del protagonista – che sia d’amore o di realizzazione personale – si fa reale.

 

Chi ti ha raccontato o dove hai letto di quella New York che ci racconti?

Ci sono decine e decine di libri che parlano di quel mondo, a cominciare da “Gangs of New York” di Asbury. Libri affascinanti che evocano immagini affascinanti. Ma questo ha più a che fare con la ricerca e la documentazione. In realtà io avevo bisogno di un luogo assoluto – archetipico direbbero le persone intelligenti – nel quale ci potessimo riconoscere tutti. E New York è l’ombelico del mondo. Soprattutto in quegli anni, in cui l’integrazione avveniva con sorprendente velocità o violenza. Io volevo descrivere il “teatro perfetto” nel quale ambientare un romanzo popolare che parlasse, tra l’altro, del nostro attuale mondo, dove la diversità è ancora un argomento scabroso. E dato che sono italiano prima di tutto – anche se ormai il romanzo è in via di traduzione in quasi tutto il mondo – volevo un posto che per noi italiani fosse potente e rappresentativo. Il luogo dove tanti nostri antenati sono migrati. Seguendo un sogno.

 

Cosa vuol dire sognare per te? Perché hai scritto questo libro, da dove nasce?

Da dove viene il romanzo? Da un sogno, verrebbe da dire, no? Ma la frase di W. B. Yeats che ho usato come epigrafe chiarisce sia cosa significa per me sognare sia perché ho scritto questo libro: “La responsabilità ha inizio nei sogni”. È una frase straordinaria, che solo un grande poeta poteva scrivere, perché ha più di una lettura. Ma fondamentalmente per me significa: quel che sognate vi definisce. E io aggiungo: perciò sognate con gusto. È come se la nostra vita intera nascesse da quel che sappiamo sognare. Il sogno è un utero che ci contiene integralmente, profondamente. Non a caso noi usiamo “sognare” come sinonimo di “desiderare”.

 

I libri di Luca Di Fulvio