
C’è una sola definizione per l’edizione del Salone Internazionale del Libro di Torino 2023: delirio! È stato un delirio muoversi tra gli stand, passare da un padiglione all’altro, raggiungere la Lounge e gli autori nei vari luoghi in cui si aveva appuntamento per un’intervista. Per questo, Luisa Valenzuela è diventata ufficialmente il mio mito, dato che è riuscita a rilasciarmi una intervista seduta su un piccolissimo sgabello, all’interno di uno spazio altrettanto minuscolo dove entravano e uscivano miliardi (questa perlomeno è stata la personalissima percezione mia e dell’autrice durante quella mezz’ora) di persone al minuto e accanto a un altoparlante in grado di coprire e sovrastare con annunci vari le nostre voci nel novanta per cento del tempo a nostra disposizione. Il risultato è stato che io ho dovuto ripetere almeno tre volte tutte le domande e lei ha dovuto ripetermi le risposte altrettante volte. Per questo – e non solo per questo – a LuisaValenzuela va la mia incontrastata simpatia e ammirazione e alla sua casa editrice la richiesta di un “riconoscimento” speciale per colei che è, senza alcun dubbio, la scrittrice più paziente e resiliente del globo terrestre.
Il tuo Santiago Masachesi è un personaggio unico e originalissimo. Un poliziotto in pensione che in piena pandemia di COVID-19 prova con tutte le sue forze a tenersi impegnato, occupato, attivo e così finisce per fare luce su un vero e proprio mistero, praticamente un “caso freddo” dai risvolti pericolosi e oscuri. A chi ti sei ispirata per dare vita al tuo protagonista e hai mai incontrato un uomo così?
Posso dire che ho incontrato certamente uomini che in un certo qual modo possedevano le caratteristiche del mio personaggio e allo stesso tempo devo ammettere che in molte delle mie letture qualcuno che avesse almeno uno dei tratti o delle caratteristiche che ha l’ex poliziotto l’ho trovato. Il fatto è che protagonisti come Masachesi sono sempre la summa di tante altre persone vere o immaginarie che ci hanno colpiti per un motivo o per un altro e che, nel mio caso, possono diventare personaggi a loro volta con tratti più o meno propri attraverso la penna di chi scrive.
Il leit motiv di tutto il romanzo è senza dubbio il Potere. Potere che insabbia, cela, corrompe e giustifica se stesso. E questa è una cosa che ai cittadini comuni, alle persone oneste ha sempre fatto paura come tu stessa descrivi, con molta precisione, proprio nel tuo romanzo. Che riflessioni hai fatto mentre scrivevi Il procuratore muore?
Tutte le riflessioni che immagino faranno anche i lettori. Esistono realtà, ambienti, aree di potere la cui pericolosità è data proprio dalla loro “intoccabilità” e fino a che non sarà possibile minare, scalfire, indebolire il loro potere, il cittadino comune e inerme si troverà sempre a temerle o a subirle. Quello che fa il mio protagonista è dar loro un piccolo colpo, cercare di scoperchiare almeno un pochino l’oscuro che nascondono, scalfire la facciata e rendere noto a tutti almeno una delle loro spregevoli azioni.
Alcune pagine de Il procuratore muore parlano anche di amore e di sentimenti ritrovati o rinnovati. È stata una scelta precisa quella di coniugare narrativa noir con narrativa rosa?
Santiago è un uomo che ama le belle letture, la famiglia, gli amici. Un ex poliziotto costretto ad andare in pensione anticipata e che vive, come tutti, con disagio e sconforto i difficili giorni della pandemia; trova un indizio importante e ci si butta a capofitto pur di venire a capo di un grave caso di corruzione del suo Paese. Era giusto secondo me “premiarlo” sentimentalmente, fargli provare emozioni che non fossero legate solo alle sue indagini. Per quello che riguarda le parti in “rosa” non sono poi così tante e non si può parlare di vera contaminazione, magari solo di una mia intenzione nel dare qualcosa di più leggero o romantico ai lettori.
Il mio scrittore preferito, da sempre, è Amado e leggendo il tuo romanzo non ho potuto fare a meno di chiedermi quale dei tanti straordinari autori sudamericani fosse il tuo. Chi ti ha ispirata o influenzata di più: García Márquez, Allende, Cortázar o magari altri?
Tutti loro e nessuno in particolare. Anche io amo molto Amado, la sua scrittura e le sue storie ma i miei non sono romanzi che trattano di realismo magico, non c’è nessun riferimento a questa corrente letteraria, soprattutto ne Il procuratore muore dove, anzi, c’è tanta concretezza, tanta politica, tanti elementi noir proprio intesi come elementi per parlare di sociale, di potere e di giustizia. Io poi ho vissuto anche tanto tempo all’estero e sono venuta a contatto con influenze letterarie diverse, autori che provenivano da ogni parte del mondo e che, a loro volta, erano stati condizionati da generi di scrittura differenti. Detto questo, aggiungo però che in ogni scrittore sudamericano una goccia di realismo magico anche involontariamente finisce per esserci e per venire notato più dai lettori che dagli stessi autori. Ma va benissimo così.
Hai già in mente la tua prossima storia? E sarà sempre ambientata in Argentina?
Quello che posso assicurare a oggi è che sarà indubbiamente ambientata in Argentina, per il resto sto raccogliendo alcune idee che forse si tradurranno in pagine o forse le pagine che andrò a scrivere saranno di altra natura…intanto, mi godo il mio “viaggio” con Santiago Masachesi.