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Intervista a Luna Miguel

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Poetessa, saggista, giornalista e traduttrice, Luna Miguel si affaccia quest’anno nel mondo della narrativa. Giovanissima e coltissima, la Miguel collabora con alcune testate a Barcellona, dove negli ultimi anni si è dedicata principalmente alle sue poesie. Femminista convinta e attivista, ha una grande passione per la letteratura di genere che ha riversato nel suo lavoro di traduzione. L’abbiamo incontrata al Salone del libro di Torino 2019: ecco cosa ci ha detto.




Finora ti sei dedicata principalmente alla poesia, cos’è cambiato? Come mai hai deciso di lanciarti in un progetto di narrativa?
Perché la storia che volevo raccontare, la storia di Elena, la protagonista del mio Il funerale di Lolita, doveva essere un romanzo, non poteva essere altro. Nella mia mente questa storia doveva essere raccontata così, in questo modo.

Con Il funerale di Lolita scavi in profondità in un dolore che è impossibile da estirpare, quello della violenza sessuale. Avresti potuto parlarne in tanti modi, ma hai deciso di toccare il tema delle ninfette e di rievocare Nabokov. Perché?
Parte tutto da un’ossessione che avevo da adolescente. Ero molto giovane ed ero ispirata da Lolita e molte altre storie del genere. Credo accadesse perché, essendo molto giovani anche questi personaggi, queste ninfette, potevo identificarmi in loro. Ritrovarmi. Soprattutto per la prossimità dell’età. Però pian piano mi sono resa conto che se effettivamente avessi avuto tanto in comune con loro non avrei avuto alcun futuro; sarei finita ammazzata o orfana e povera. Questo era l’unico riflesso che avevo da adolescente, ecco. Penso anche alle vergini suicide di Jeffrey Eugenides. Mi identificavo molto con i suoi personaggi, con quelle donne, da una parte. Ma dall’altra mi rendevo conto che erano tutti personaggi che avevano un futuro tragico, tremendo.

Il romanzo si apre con Elena che apprende la notizia della morte di Roberto. Come se Lolita apprendesse della morte di Humbert. Perché hai deciso di partire da quel momento? Perché Roberto è dovuto morire affinché Elena potesse affrontare il suo dolore?
Suppongo che durante gli anni lei abbia ignorato Roberto e tutto ciò che li riguardasse. Credo che in pratica lei per abbia cercato di ignorare ogni cosa di lui. A me di questi dettagli non importava, la mia narrazione e la mia scrittura non si concentravano su questo. Tant’è che c’è un vuoto di cinque anni tra il loro ultimo incontro e la sua morte, in pratica non si sa se ci sia stato effettivamente un contatto tra di loro; forse sì, forse no. Non lo so neanch’io. Semplicemente, quando lui muore, muore anche Lolita, perché Elena era Lolita solo per lui. Per lui e per nessun altro. Era lui che l’aveva convertita, per così dire. Ed ecco perché il romanzo si chiama Il funerale di Lolita, perché morendo Roberto muore anche quel pezzo di lei. Quando muore l’abusatore, muore una parte della vittima.

Il tuo è un romanzo femminista?
Io sono una scrittrice femminista, fermamente femminista. Il libro deve quindi esserlo necessariamente.

E quale credi che sia il ruolo della letteratura nel movimento femminista?
Credo che sia un ruolo fondamentale. Non so quale sia il panorama italiano al momento, ma in Spagna e in America Latina è molto importante la lunga lista di pubblicazioni che sta vedendo la luce in questi ultimi anni. Non solo libri di tematica femminista contemporanea, ma anche di quelle autrici dimenticate del passato che ora, dopo anni e anni, sono state pubblicate. Credo che ci troviamo in un periodo di recupero di quelle voci e credo che questo sia importantissimo.

Parliamo del movimento #MeToo. Sulla sua scia sono venute fuori molte altre realtà terribili. Credi che finalmente qualcosa stia cambiando?
Sì, credo di sì. Credo che sia un momento molto doloroso e di grandi cambiamenti allo stesso tempo, non solo perché le donne si stanno ribellando ma anche perché gli uomini si stanno accorgendo che questo modo di fare, questo patriarcato, non è più accettabile. Questo tipo di atteggiamento è tanto radicato in noi, nel nostro sangue, che è difficile da affrontare, ma la nostra generazione sta guardando al futuro e non solo per quel che riguarda il femminismo. Anche per quel che riguarda i cambiamenti climatici, il razzismo e la lotta a questi fenomeni.

Progetti futuri?
Un saggio sulle scrittrici latinoamericane degli anni ’20 mai tradotte in Spagna. E un nuovo romanzo che si chiamerà Piccole connessioni.

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