
Massimo Giletti da giornalista si è fatto le ossa esordendo a “Mixer” con Gianni Minoli. Poi il grande successo come conduttore televisivo, i tanti programmi fino all’attuale “Non è L’Arena” su La7. Lo incontro a Passaggi Festival cui partecipa, intervistato da Nando Dalla Chiesa, nelle vesti di accalorato, appassionato, veemente difensore delle sorelle Napoli, sulla cui pluriennale storia di kafkiani soprusi subiti ha scritto un libro edito da Mondadori. Giletti non si risparmia né si sottrae al foltissimo pubblico di ammiratori che lo attende paziente per il firmacopie, da cui esce esausto. Ma nemmeno intende sottrarre tempo a Mangialibri, che dice di conoscere e stimare. E di questo gliene siamo grati.
Passaggi, un Festival quanto meno fuori dal comune per il suo focus sulla Saggistica, celebra il tuo esordio letterario proprio con un testo che è parte inchiesta parte cronaca. Come mai la scelta di esordire con un genere che non si presta certo a facili operazioni di marketing?
Perché è un libro che racconta una battaglia che ho voluto fare e che aiuta a comprendere quanto sia difficile stare insieme a delle donne che hanno avuto coraggio e combattono tutti i giorni. Io non le voglio lasciar sole. È una cosa che va in controtendenza come dici tu però i libri servono anche per fare una fotografia di una realtà che va combattuta.
Le dannate affronta un tema come la lotta alla Mafia che, se non è mai stato popolare, mai come negli ultimi anni è stato accantonato dalla narrativa politica, che sembra preferire uno storytelling più edulcorato. Quante difficoltà hai avuto nel reperire i materiali o parlare con i protagonisti?
La raccolta del materiale è stata la parte più difficile, perché finché c’è da scrivere, raccontare emozioni sono bravo. Reperire i documenti è faticosissimo, ma erano necessari, fondamentali. Ho fatto di tutto per trovarli e non è stato facile né bello. Questa è una storia in cui spesso le Istituzioni si sono prestate a dare carburante alla macchina del fango, per cui non tutti i documenti avevano la stessa valenza o servivano a stabilire verità sulle sorelle Napoli. Pensa che quando sono andato in Parlamento a prendere visione dei documenti della Commissione Parlamentare antimafia, ho fatto scattare una sorta di campanello d’allarme, ho avuto una persona che mi ha seguito tutto il tempo, nessuno capiva dove volessi andare parare con le mie ricerche. A me questa ricerca è costata un processo per aver chiesto a un sindaco: “Ma lei dov’era durante tutta questa storia?”… Io ho le spalle larghe e uno stipendio importante, ma penso a tutti i ragazzi che vanno in prima linea a scrivere di mafia e vengono mandati a processo, e se perdono devono pagare. Questo è il punto grave, inaccettabile. Il fatto che ancora oggi si possa giocare a travisare la realtà della mafia.
Ci racconti in poche parole cosa ti ha colpito delle sorelle Napoli?
Innanzitutto il loro pervicace, indissolubile legame con la terra. La loro risolutezza. Quando loro nel 2014, stanche dei soprusi sulle loro terre decidono di andare dai carabinieri, tutto il paese si schiera contro di loro, perché andare dai carabinieri non è ammesso in quella realtà. Quando sono entrato in scena io dopo alcuni anni si innesca un meccanismo molto strano per cui scatta una gara a dirmi che sto sbagliando tutto, che queste donne sono le vere figlie del capo mafia. Entra addirittura in scena un colonnello dei carabinieri che nell’ambito del processo sulla trattativa Stato-mafia fa delle dichiarazioni contro il loro padre; il Sindaco lo nomina assessore e da quel momento lui si dedica a gettare fango contro quelle donne. Hanno caricato di notizie false tante pagine. Tre donne da sole non ce l’avrebbero potuta fare contro un sistema del genere. Anche se fosse stato vero, per assurdo loro avrebbero comunque preso le distanze da sistema andando dai carabinieri. Io ho fatto una fatica enorme a reperire i documenti con la verità tra atti secretati e documenti spariti, sindaci che trattano coi capi mafia… La trasmissione che ho fatto dalla piazza di Mezzojuso è stata una serata surreale.
Piemonte e Sicilia, cosa hai trovato di comune tra queste due terre che si sono spesso poco e mal comprese?
Quando sono arrivato su quella montagna dove hanno le terre le sorelle Napoli ho chiuso gli occhi e per un attimo mi è parso di rivedere le mie montagne, gli scenari della mia infanzia, le ho sentite dentro. Sapevo che sarebbe stata un’operazione difficile; ho incrociato le mie emozioni di quando ero ragazzo con mia madre su una collina che mi ricordava molto da vicino una collina dove stavo salendo per andare dalle tre sorelle.
Quanto è sottile la linea di confine tra l’intrattenimento e il giornalismo?
Sono due mondi assolutamente diversi. Il modo di raccontare delle storie che uso io diventa diverso dal giornalismo stretto. Io faccio di tutto per raccontare una storia, per farla diventare un racconto che arrivi a più persone possibili. Entrano dentro questa storia le persone che mi seguono, se fossi asettico non entrerebbero.
Di recente sei stato protagonista di una querelle con il Ministro dell’interno: quanto ti appassiona la politica, quante possibilità ci sono che tu ti lasci tentare da un coinvolgimento più attivo?
Tante volte mi hanno chiesto di entrare in politica ma ho fatto una scelta diversa: faccio politica in televisione. Per me far politica vuol dire fare battaglie come quella delle “dannate” del mio libro.
Pensi che scriverai presto un altro libro?
Sì, lo sto preparando ma non posso dare anticipazioni. Sarà una storia molto delicata, forse ambientata nello stesso mondo di questa ma non posso anticipare nulla, vedremo…
Sei cresciuto in un’epoca in cui il tratto che accomunava in maniera trasversale tutte le classi era l’apprezzamento per una solida cultura e buone letture. Quali sono state le pietre miliari della tua formazione? Un libro, un film, un album?
Il deserto dei tartari di Dino Buzzati è un libro che mi è entrato dentro e ancora oggi è fondamentale perché c’è quell’attesa di Drogo che guarda il deserto e aspetta che qualcosa arrivi. Io sono sempre alla ricerca che qualcosa succeda, però, mentre Drogo rimane lì, io esco dalla fortezza, vado incontro alle cose. Il film Quarto potere di Orson Welles per il mestiere che faccio… Per l’album non saprei, le canzoni sono state meno fondamentali nella mia vita ma mi è entrata dentro Samarcanda di Roberto Vecchioni perché tratta del destino, del percorso dell’uomo che è già segnato e per quanto noi cerchiamo di cambiarlo, la realtà è lì che ci aspetta. Io ho la consapevolezza di questo, quindi devo fare in fretta.