
Michele Monina è nato ad Ancona nel 1969. Dopo l’esordio come scrittore nel 1998, ha pubblicato opere differenti, passando per la narrativa, le biografie musicali, la cultura popolare, i testi sullo sport, dimostrando di essere l’autore italiano più eclettico e innovativo. Note le sue collaborazioni con artisti italiani del calibro di Vasco Rossi, sul qualche ha scritto delle biografie, Caparezza, Mondo Marcio, Cristina Donà, Francesco Renga, Malika Ayane. Monina riesce a coniugare talento e mestiere, riuscendo ad ogni nuova pubblicazione a superarsi.
Partiamo dal lontano: il tuo primo romanzo letto? E ci racconti del tuo primo contatto con un editore?
Non ho idea di quale sia stato il mio primo libro letto. Ho una memoria molto selettiva, e evidentemente dotata di pochi giga a disposizione, quindi mi ricordo, in genere, solo di cose utili. Suppongo, ma vado a intuito, che sia stato un libro di Salgari, immagino del ciclo malese, perché da piccolo adoravo quello che, in effetti, è forse il solo altro scrittore italiano ad aver condiviso con me la condanna a pubblicare tanto. Il primo contatto con un editore risale alla metà degli anni '90, quando, essendo anconetano, mi sono ritrovato a frequentare Massimo Canalini di Transeuropa, da poco assurto a fama nazionale grazie agli Under 25 di Tondelli, alla Ballestra e a Brizzi. Incontro disastroso, come spesso capita, direbbe lo psicologo di Ciao 2001, durante la prima volta.
Ogni scrittore ha un suo modo di avvicinarsi alla scrittura. il tuo? Sarebbe interessante conoscere qualcosa del "backstage" di un tuo libro?
Scrivere è il mio mestiere, o uno dei miei mestieri, quindi con il tempo ho affinato una tecnica molto precisa, atta a farmi perdere il meno tempo possibile e ottimizzare i tempi (non è il mio unico impegno, appunto). Di solito parto con dei ragionamenti, spesso senza neanche appunti scritti, poi mi faccio uno schema, sempre mentale, e poi attacco a scrivere, con già chiaro in mente quasi tutto quello che voglio mettere sulla pagina. Di solito la scrittura è concentrata, in pochi giorni, e poche ore al giorno. Vado da un minimo di 10mila a un massimo di 50mila battute pubblicabili al giorno. Nel resto del tempo navigo, leggo e vivo. Soprattutto vivo, se posso.
Di cosa non puoi fare a meno quando stai scrivendo?
Del computer, direi. Per il resto non ho bisogno di qualcosa in particolare. Né di un posto, né del silenzio (ho 4 figli e lavoro in casa, figuriamoci), né dell'ispirazione. Sì, quella o arriva o viene sostituita, momentaneamente, dal mestiere.
Come riesci ad affrontare i generi più distanti?
Scrivo per lavoro, quindi essere duttile e flessibile fa parte del pacchetto. Poi, lo confesso, tendo spesso, se non sempre, a piegare i generi verso un mio personale genere, a metà tra saggistica pop e narrativa, dentro il quale infilo di tutto, dalle biografie ai reportage, dai romanzi alle guide di viaggio. Continuare a parlare di mestiere, lo so, potrebbe far pensare che io abbia poco stima del mio talento. Come se il solo mestiere potesse bastare a scrivere e scrivere tanto (più che scrivere tanto, pubblicare tanto, perché poi magari tanta altra gente scrive tanti testi, ma non trova editori disposti a portarli in libreria). Le cose non stanno così. So di saper scrivere, di avere questo talento, solo che non è il talento che avrei voluto, o almeno non solo, quindi tendo a trattarlo un po' male, conscio che se anche sputo nel piatto io cui mangio io, al massimo, mi faccio schifo da solo.
Come vivi il rapporto tra scrittore e i vari editori?
Direi con fatica. Perché tocca tenere rapporti con tante persone, tanti editor, tanti redattori, tanti uffici amministrativi (soprattutto questi ultimi, che tendono a pagare sempre un po' dopo il dovuto, quando pagano). Trovassi un solo editore disposto a pubblicare la mia opera omnia non cambierei, lo confesso, ma scrivo troppo per chiunque, anche per Laurana che sta pubblicando i miei 12 libri in 12 mesi, lo so. Per cui mi tocca armarmi di pazienza e tenere quei rapporti.
Invece il tuo rapporto coi festival letterari?
Ho partecipato a qualche festival, nella mia carriera (pubblico dal 1998, quindi neanche da tantissimo). Ma neanche a troppi. I Festival, come i premi, tendono abbastanza a ignorarmi, e io non faccio nulla per cambiare questo trend. Non sono particolarmetne interessato a fare lo scrittore su un palco, o almeno non su un palco in cui devo tenere una relazione. Piuttosto preferisco un reading, specie se in compagnia di qualche cantante. Qualcuno potrebbe pensare che in realtà dico così perché non mi invitano. Ma se questo qualcuno è l'organizzatore di un festival potrà ben constatare che farò di tutto, di fronte a un invito, per non andare, inventando scuse anche articolate. Per i primi, invece, non corro questi rischio, ho scritto Costantino e l'impero, la biografia del primo tronista della De Filippi, e so bene che questo è la lettera scarlatta che io e Giuseppe Genna, co-autore con me del tomo, portiamo cucita addosso.
Parlando di editoria: piccola, media o grande? Cosa pensi sia meglio e cosa pensi dell'editoria a pagamento?
Ogni casa editrice è una realtà a sé. Credo di aver pubblicato per una ventina di editori, dalla Mondadori alla Galaad, mettendo la più grande e la più piccola come estremi, e con ognuna ho lavorato bene. Poi, è chiaro, coi grandi ci si lamenta, in genere, per l'assenza di umanità e coi piccoli per la mancanza di soldi, ma i due casi appena citati dimostrano il contrario. In Mondadori ho anche lavorato, per sei anni, e ho ancora grandi amici, e Galaad mi ha pagato, per dire, meglio di editori medi ben più famosi. L'editoria a pagamento è un fraintendimento. Si chiamasse in un altro modo, che so "tipografia professionale", nessuno avrebbe da ridire. Io credo che se uno vuole farsi stampare un libro pagando qualcuno ha il sacrosanto diritto di farlo, ovviamente, quel che però deve sapere se va da un cosiddetto editore a pagamento è che nessuno glielo pubblicherà davvero. Zero distribuzione. Zero promozione. In pratica arriverà, se va bene, in una libreria a caso della città dell'autore e buonanotte al secchio. Io, per come la vedo, sono per l'editoria a pagamento d'altro genere, se mi paghi mi pubblichi, se no ciccia.
Il libro che hai scritto e al quale sei più legato?
Ne ho pubblicati quarantasette, non potrei mai sceglierne uno solo. Posso dire, però, che Questa volta il fuoco è uno di quelli che amo di più, come God less America, Ultimo stadio e Una notte lunga abbastanza. Senza le biografie di Vasco, però, non mi sarei mai comprato casa, temo...
Libro o ebook?
Passo circa dieci, dodici ore al giorno al computer, a lavorare. Che si tratti di scrivere o di studiare. Quando voglio leggere un libro, per ora, lo leggo cartaceo. Non ho nulla, però, contro l'ebook. Anzi, prima o poi vorrei capire bene cos'è il Selfpublishing. Ho venduto circa, a spanne, tra le sei e le settecentomila copie, se avessi guadagnato tutto quel che ho venduto, a quest'ora, avrei una mia isola ai Caraibi, invece...
Fare lo scrittore oggi. Cosa consigli a un esordiente?
Consigli intelligenti non ne ho. Posso ovviamente dire di leggere tanto, più di quanto non si scriva. E dire che bisogna poi farsi le ossa, la gavetta. Altra cosa, ma qui remo a mio favore, non pensiate che basta mandare un manoscritto a qualcuno che ha a che fare con l'editoria (tipo un autore, a caso, su Facebook) per venir poi pubblicati. Probabilmente non verrete neanche letti. Se ci si crede, e se è la vostra strada, il vostro destino, arriverete in libreria, altrimenti avrete un gran bel passatempo. Tanto guadagnare coi libri è un terno al lotto. A me è andata bene, ma io volevo fare il cantautore, quindi poteva andarmi decisamente meglio.
I libri di Michele Monina