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Intervista a Nguyễn Phan Quế Mai

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Ho incontrato l’autrice e poetessa vietnamita Nguyễn Phan Quế Mai a Roma, presso un hotel a due passi dal Pantheon, mentre era impegnata nel tour promozionale del suo secondo, emozionante romanzo edito da Nord, in cui Quế Mai torna a raccontare il suo Việt Nam. Entrambi i suoi romanzi hanno fatto nascere in me il desiderio di conoscere qualcosa in più sul Paese dell’autrice, sul suo popolo e sulla sua cultura, così diversi dal mondo occidentale e, forse proprio per questo, così affascinanti. E Quế Mai, con la stessa dolcezza con cui dipinge i suoi romanzi, è stata ben felice di rispondere alle mie numerose domande. La foto è di Alberto Prieto.



Innanzitutto non posso non ringraziarti per i tuoi romanzi, che hanno puntato i riflettori occidentali sul Việt Nam, troppo spesso lasciato ai margini dei libri di storia. Sappiamo, infatti, che il tuo Paese è stato per anni al centro di contese intercontinentali e sotto dominazioni straniere. Solitamente, però, non si approfondisce più di tanto per mancanza di tempo o, forse, di voglia. Quello che vorrei sapere ora, però, è cosa rappresenta per te il Việt Nam?
Iniziamo con una domanda difficile! Dunque, il Việt Nam per me significa tante cose: è la mia casa, i miei genitori, mio fratello. È cibo delizioso, una lingua bellissima, paesaggi mozzafiato. È il luogo dove torno con la mente quando mi trovo scrivere le mie opere. Mio marito lavora come diplomatico e viviamo in molti Paesi diversi in giro per il mondo, a seconda del luogo in cui viene assegnato. Il Việt Nam, però, rimane sempre la casa in cui tornare ogni volta che posso.

Il tuo primo libro, Quando le montagne cantano, è dedicato a tua nonna, morta durante la grande carestia del 1945, tuo nonno mancato a causa della riforma agraria e tuo zio, che ha perduto la giovinezza durante la guerra del Việt Nam. Quanto c’è di tua nonna nel personaggio di Diệu Lan, colei che narra la sua storia all’interno del romanzo e che fa di tutto per tenere insieme la sua famiglia? E, più in generale, quanto c’è di autobiografico o vicino alla tua vita nei personaggi che incontriamo tra le pagine?
Si tratta di un romanzo di fantasia, ma chiaramente mi sono molto ispirata alle storie delle persone che mi circondano o che hanno fatto parte della mia vita, primi tra tutti i membri della mia famiglia. Per esempio, avevo uno zio che ha combattuto nell’esercito del Nord durante la guerra del Việt Nam. Quando l’ho conosciuto lui era appena tornato dal conflitto e non parlava mai di ciò che aveva visto. Non ho mai saputo quello che aveva dovuto vivere sotto le armi. Successivamente è morto di cancro e, anche se non ci sono le prove, sono convinta che sia successo a causa della contaminazione da Agent Orange. Ho sempre avuto il grande rimpianto che sia morto prima che diventassi un’autrice e che potesse davvero aprirsi con me per rendermi partecipe della sua storia. L’unica cosa che mi abbia mai raccontato è che dal Nord aveva fatto un lungo viaggio durato molti mesi per raggiungere il Sud del Paese. Ed è proprio da questo viaggio che sono partita per descrivere il personaggio e le vicende dello zio Ðạt, attraverso il quale ho cercato di raccontare quello che immagino siano state le esperienze vissute da mio zio durante il suo servizio nell’esercito. Allo stesso tempo, mia nonna è stata uccisa da un uomo in un campo di granturco durante la grande carestia. Da questo evento drammatico che si è abbattuto sulla mia famiglia ho voluto creare il personaggio di Spirito Malvagio, un po’ come se cercassi vendetta per mia nonna. Ma, alla fine, quello che ho trovato è stato il perdono. Per quanto riguarda il personaggio di Hương, nonostante lei sia effettivamente più grande di me perché nata nel 1968 mentre io sono del 1973, mi sono ispirata molto alla mia persona, al mio carattere e alle mie esperienze. Il nostro approccio alla guerra tra il Nord e il Sud è molto simile, così come proviamo il medesimo amore per la lettura. Ho sempre adorato leggere fin da bambina. Ricordo di aver sempre letto tantissimi libri, tra cui anche Pinocchio, che era uno dei miei preferiti. È per questo che ho voluto includere molti di questi titoli all’interno del romanzo, a dimostrazione di quanto questo personaggio mi sia vicino. Tra l’altro, già da bambina, proprio come Hương, sognavo di diventare una scrittrice ed è per questo che ho voluto realizzare questo desiderio.

In entrambi i tuoi romanzi le donne hanno un ruolo fondamentale. In Dove vola la polvere addirittura si afferma: “il mare grosso migliora i marinai, eppure Trang era certa che le guerre rendevano più forti le donne”. È una frase davvero potente e, soprattutto, verissima. Lo abbiamo sperimentato già durante le due Guerre mondiali, quando le donne rimaste a casa hanno mandato avanti la società svolgendo tutti quei lavori una volta considerati appannaggio dei soli uomini. Cosa significa per te questa forza femminile e cosa hai voluto dimostrare celebrandola all’interno dei tuoi romanzi?
Esatto, ho voluto parlare di donne di grande forza, come per esempio mia mamma, a cui mi sono fortemente ispirata. Lei ha perso i genitori quando era ancora molto giovane e ha dovuto fin da subito mettersi a lavoro, ricoprendo ogni sorta di impiego per poter sopravvivere. Ha lottato duramente e per questo è diventata fortissima. Per me rappresenta una delle donne più forti che abbia mai conosciuto. Ha sempre messo davanti a tutto non il suo benessere, ma quello della nostra famiglia, di noi figli. Era sempre presente per noi, per qualsiasi nostro problema sapevamo di poterci rivolgere a lei e, soprattutto, si è impegnata duramente per mandarci a scuola e permetterci di studiare. È davvero una donna straordinaria. Nei romanzi che trattano di guerra, di solito, le donne vengono sempre un po’ relegate ai margini, non se ne parla molto. E invece, a mio parere, la guerra ha un enorme impatto proprio sulle donne e sui bambini. Ed è questo che ho voluto documentare attraverso i miei romanzi. Le donne, in Việt Nam, rappresentano il pilastro della nostra società e quando gli uomini sono andati a combattere sui campi di battaglia, loro sono rimaste ad occuparsi dei figli, a mandare avanti la famiglia e tutto il resto. Si sono caricate di tutte le responsabilità sulle loro spalle e sono riuscite a cavarsela perfettamente. Per me, quindi, le donne sono fondamentali e rappresentano una forza della natura. In entrambi i miei libri ho voluto parlare di lotta per i diritti delle donne. Il Việt Nam è ancora oggi una società molto conservatrice, un Paese in cui alle donne viene attribuito meno valore rispetto agli uomini. Per esempio, le persone preferiscono ancora oggi avere un figlio maschio piuttosto che una figlia femmina. C’è addirittura un detto che recita “avere un figlio maschio è avere un figlio; avere dieci figlie femmine è come non averne nessuno”. Questo perché tradizionalmente quando le figlie femmine si sposano entrano a far parte della famiglia del marito e vanno a vivere nella sua casa per occuparsi anche dei suoi genitori. Pertanto, avere un figlio maschio è necessario per assicurarsi le cure per la propria vecchiaia. Queste sono tradizioni che hanno un impatto fortissimo sul nostro modo di pensare e io cerco di combattere questa mentalità all’interno dei miei libri anche attraverso l’uso dei tanti proverbi che inserisco tra le righe. In Dove vola la polvere, poi, ho voluto denunciare anche lo sfruttamento sessuale che è stato perpetrato nei confronti dei corpi delle donne da parte militari, che ha rappresentato uno dei tanti terribili risvolti della guerra. Tante donne hanno dovuto, e ancora oggi devono, sopportare le conseguenze di questo sfruttamento. Molte di loro, infatti, sono state costrette ad avere rapporti con gli americani che si trovavano in Việt Nam, rimanendo incinte. E quando i militari sono tornati a casa sono state abbandonate a loro stesse. È per questo motivo che molte di queste donne hanno deciso di sbarazzarsi dei figli, alcune scegliendo di non portare avanti la gravidanza, altre abbandonando i bambini appena dopo la nascita. Ma questi gesti le hanno costrette a convivere per decenni con un enorme senso di colpa di cui non si sono mai liberate. Ho avuto modo di conoscere e di parlare con molte di queste donne che hanno dovuto abbandonare i figli e tante di loro, dopo più di cinquanta anni, ancora convivono con questo enorme fardello e si domandano se i loro bambini siano riusciti a sopravvivere o meno.

Tra le pagine dei tuoi libri appare molto forte la presenza della natura, seppure spesso devastata dalla guerra, come vediamo anche attraverso le descrizioni dell’utilizzo dell’Agent Orange da parte dell’esercito statunitense. Mi racconti il rapporto del popolo vietnamita con il mondo naturale?
Questa è davvero una domanda stupenda. Adoro quando, leggendo i miei libri, si presta attenzione ai dettagli legati alla natura e all’importanza di questo elemento. Nella cultura vietnamita la natura è fondamentale. Da lei, per esempio, traiamo la nostra medicina, perché sono moltissimi i vietnamiti che ancora oggi preferiscono curarsi con i rimedi naturali della medicina tradizionale. Nella capitale, Hà Nội, c’è proprio una strada dedicata alla medicina tradizionale dove si trovano tutti i negozi che vendono erbe e piante officinali. La natura, quindi, è davvero fondamentale nella nostra vita quotidiana. Tra l’altro, moltissime persone, anzi direi la maggior parte di noi, hanno dei nomi che si rifanno alle piante e ai fiori. Il mio stesso nome Quế Mai ne è un esempio: “quế”, infatti, significa “cannella” e i miei genitori lo hanno scelto perché volevano che fossi sempre in perfetta salute; il “mai”, poi, è uno speciale fiore che sboccia nel periodo del Capodanno vietnamita. La natura, infine, è fondamentale per la poesia. Mi piace moltissimo descrivere la natura nei miei romanzi e adoro immergermi io stessa in essa facendo lunghe passeggiate, specialmente nei periodi in cui scrivo. Trovo sia davvero molto rilassante vivere a contatto con la natura e mi rattrista molto vedere come venga troppo spesso così brutalmente devastata non solo dalle guerre, ma anche dall’avidità dell’uomo che preferisce costruire distese di cemento piuttosto che preservare la natura della Terra. È una cosa che davvero mi spezza il cuore ed è proprio per questo che ho voluto inserire in Quando le montagne cantano questa frase: “se anche gli uomini ci tradiscono, la natura è sempre pronta a venirci in soccorso”.

Allo stesso modo, leggendo i tuoi libri risulta evidente quanto sia importante nel tuo Paese il culto degli antenati. Cosa significano questa usanza e la morte, più in generale, per i vietnamiti?
Sì, è vero. Abbiamo un vero e proprio culto per i nostri antenati. Io sono cresciuta con un altare dedicato ai miei nella mia casa. Usiamo spesso bruciare i bastoncini d’incenso proprio perché secondo noi rappresenta un modo per comunicare con i nostri antenati. Una delle mie cose preferite in assoluto è un rito che compio ogni anno con mia madre: insieme cuciniamo delle prelibatezze e le offriamo all’altare dei nostri antenati. È il cibo migliore e lo consideriamo sacro, per questo non ne assaggiamo nemmeno una briciola. È destinato a loro, non a noi. Per noi è molto importante e io ci credo davvero. Per esempio, in Quando le montagne cantano, insisto spesso sulla convinzione vietnamita che, quando una persona muore non sparisce mai del tutto, ma rimane accanto a noi per proteggerci. In Việt Nam il culto degli antenati è molto diffuso tra la popolazione, è una cosa che fanno davvero quasi tutti. Per esempio, nessuno di noi festeggia il proprio compleanno, mentre usiamo celebrare i giorni delle morti dei nostri antenati. In effetti, i miei genitori non hanno mai ricordato nemmeno uno dei nostri compleanni! Tra l’altro, a questo proposito, c’è un aneddoto molto divertente. Quando mio padre, nato nel 1939, ha compiuto ottanta anni noi della famiglia avremmo voluto organizzare una festa di compleanno in suo onore. Ma non c’è stato modo di convincerlo a festeggiare questo traguardo. Anzi: ci ha ripetuto più volte di non fargli gli auguri durante quel giorno, cosicché gli spiriti degli antenati non scoprissero quanto a lungo era vissuto! E quindi nemmeno io ho mai festeggiato i miei compleanni, ma ci ricordiamo sempre degli anniversari delle morti dei nostri antenati, che celebriamo ogni anno. Questo, però, non significa che sia una ricorrenza triste, tutt’altro! C’è proprio un giorno dell’anno che dedichiamo ai nostri defunti ed è la festività chiamata Tết Thanh Minh. È un momento in cui la famiglia si riunisce insieme per mangiare e pregare gli antenati. È come una sorta di celebrazione del nuovo anno dei morti, per cui si organizza una cerimonia molto bella in loro onore. Per questa ricorrenza, infatti, tutta la famiglia si riunisce presso le loro tombe, che puliamo per bene e lì mangiamo tutti insieme come in una sorta di picnic, condividendo con gli antenati parte del nostro pranzo. È una tradizione molto sentita e portata avanti ancora oggi da molte persone.

Sia Hương che Trang sono fervide lettrici. Troviamo molti titoli citati all’interno di entrambi i libri. Cosa significa, per te, la lettura?
La lettura e i libri mi hanno letteralmente salvato la vita. Crescendo ho dovuto superare molte difficoltà. Quando ero piccola sono stata addirittura vittima di episodi di bullismo. Inizialmente sono cresciuta nel Nord Việt Nam; poi, quando ci siamo trasferiti al Sud, le persone hanno iniziato a considerarci degli “invasori”, dal momento che il Paese era stato separato. Proprio per questo ero oggetto di scherno e, non avendo amici, passavo molto tempo da sola a leggere. A casa avevamo una piccola libreria in cui c’erano quasi esclusivamente libri per adulti, ma io li ho comunque divorati tutti dal primo all’ultimo. Dal momento che non avevamo accesso a biblioteche pubbliche o librerie, quando qualcuno veniva a trovarci a casa i miei genitori chiedevano sempre che ci portassero dei libri da leggere. Mi dispiace molto vedere che al giorno d’oggi sempre meno giovani siano attratti dal fascino dei libri, troppo distratti dai social media. Passano molto tempo a realizzare reel per TikTok o postare su Instagram o Facebook che sì, sono mezzi divertenti, ma rubano davvero tantissimo tempo ad altre attività. La lettura è un dono attraverso cui è possibile imparare tantissime cose. È stato davvero molto emozionante scoprire che tanti librai qui in Italia fanno un lavoro straordinario organizzando, anche in piccole cittadine, sessioni di lettura gratuite per cercare di sviluppare questo amore per la lettura. A Morbegno, per esempio, c’è un libraio bravissimo che organizza queste sessioni specialmente per i bambini e i ragazzi con l’obiettivo di creare una comunità di lettori tra le nuove generazioni. È fondamentale, secondo me, sviluppare una nuova generazione di lettori, perché la lettura porta le persone a conoscersi davvero e ad accettare e comprendere l’altro. Come dice Hương in Quando le montagne cantano: “mi ero convinta che, se le persone avessero cominciato a leggere e a scoprire le culture degli altri popoli, non ci sarebbero più state guerre”. Proprio in relazione ai miei romanzi, ho voluto sottolineare come in Việt Nam ci sia ancora una forte censura sulle pubblicazioni di libri. Ed è per questo che sempre Hương, il cui desiderio è diventare una scrittrice, afferma che il potere della lettura è quello di portare le persone ad aprire le loro menti e a comprendere i diversi punti di vista. La sua intenzione è proprio quella di diventare scrittrice senza, però, dover piegare la sua penna al volere del regime dicendo soltanto cose che non verrebbero censurate. E il problema della censura sulla letteratura, purtroppo, non esiste solo in Việt Nam, ma anche in molti altri Paesi. Scrivere liberamente, infatti, è un modo per andare contro la legge e contro il potere. La mia intenzione è stata proprio questa: combattere la censura per dare spazio alla libertà e alla creatività del pensiero. Lo stesso Dan, il veterano statunitense di Dove vola la polvere, afferma: “quelli al potere temevano le menti libere, e niente come la letteratura aveva la capacità di liberare il pensiero”.

Uno dei temi principali del romanzo Dove vola la polvere, anzi potremmo definirlo il fil rouge che lega l’intera trama, sono i bambini definiti “figli della polvere”, nati dall’unione tra soldati americani impegnati durante la guerra e donne di provenienza khmer. Parlando di guerra, infatti, spesso ci si concentra solo sulla morte e sulla distruzione che essa porta. In realtà, come abbiamo avuto modo di constatare leggendo i tuoi romanzi, c’è molto di più e basterebbe semplicemente scansare la polvere, appunto. Tu cosa hai trovato dopo averlo fatto?
Sotto la polvere ho trovato molte storie umane, storie di persone che per tutta la vita sono state disprezzate, escluse, considerate “gli altri” o “i diversi”. Crescendo in Việt Nam ero consapevole della presenza di queste figure, ma nessuno aveva alcun interesse a focalizzarsi davvero su di loro. Quindi ho deciso che le loro storie dovevano essere portate alla luce e avessero il diritto di venire raccontate. Ho svolto molte ricerche durante la stesura di questo libro e ho avuto la fortuna di conoscere tante persone bellissime che sono state da sempre considerate alla stregua di nemici o traditori. Tutte loro sono diventate estremamente care per me e ognuna di loro aveva una storia che meritava di avere una voce. Durante le mie ricerche, poi, ho scoperto che molto di ciò che ci era sempre stato raccontato era stato distorto dalla propaganda del regime. Il mio intento è stato proprio quello di riportare la pace e l’amore raccontando la realtà vera di quelle storie.

All’interno di entrambi i tuoi romanzi, a parte delle piccolissime eccezioni, è impossibile trovare veri e propri sentimenti di odio da parte dei personaggi che, secondo una visione più occidentale, avrebbero tutto il diritto di provare. Appaiono, invece, sempre sostenuti da una forte speranza e da una ancora maggiore voglia di riscatto. Dove trovano questa forza?
Adoro queste domande, perché fanno comprendere con quanto affetto e attenzione tu abbia letto i miei libri. Credo fermamente che nel mondo sia tutto circolare. Pertanto, sentimenti di odio e di vendetta non possono che generare un circolo vizioso di violenza che porta alle guerre. Se, invece, l’uomo collaborasse potrebbe creare una pace duratura. Io credo negli esseri umani e nella loro bontà e gentilezza. Ho avuto la fortuna di conoscere tantissime persone buone durante la mia vita ed è questo ciò che voglio riflettere nei miei libri: anche in circostanze disperate voglio sia sempre presente questo desiderio di speranza che, alla fine, riscatta il personaggio.

Ho amato entrambe le tue pubblicazioni e quindi devo necessariamente porti quest’ultima domanda: c’è qualcosa che già bolle in pentola?
Grazie davvero! Non riesco a stare senza scrivere, per me è una necessità vitale, esattamente come bere, mangiare o dormire. Quando non sono in viaggio per uno dei tour promozionali dei miei libri, scrivo continuamente. Se non lo faccio ho come l’impressione di non aver combinato nulla per tutta la giornata. Quando sono qui in Italia, poi, l’accoglienza dei lettori italiani è sempre così entusiasta che rappresenta per me uno stimolo enorme a lavorare per scrivere nuove storie. E poi, l’Italia mi piace così tanto che pubblicare un nuovo romanzo mi fornirà l’occasione per poterci tornare al più presto! In questo momento sto lavorando non a uno, bensì a due nuovi libri contemporaneamente. E proprio uno di questi è quello che si avvicina di più alle mie esperienze personali…

I LIBRI DI NGUYỄN PHAN QUẾ MAI