
Mi squilla il telefono appena arrivata a Torino, è l’ufficio stampa di Salani per l’intervista con Pablo Maurette programmata da giorni. Frugo nella borsa e tra cavi di ricarica per i dispositivi elettronici, inalatori contro l’allergia primaverile e altri oggetti ameni tiro fuori la mia agendina e dico che no: l’intervista non è per quel pomeriggio, ma per il giorno dopo. L’addetto stampa dice che non ci sono problemi, posso farla anche l’indomani, ma da sola, perché lui riparte e quindi saremo soltanto io e l’autore. Fantastico! Penso. Questo SalTO 2022 inizia con un contrattempo… Invece incontrare Pablo Maurette il giorno dopo nella terrazza Lounge del Salone è una esperienza meravigliosa e non solo perché l’autore è bellissimo, uno di quegli uomini che ti giri per strada a guardare, ma perché è gentilissimo, simpatico e molto disponibile a chiacchierare del suo libro. Ci sediamo a uno dei tavolini e lui sbircia nella mia borsa (c’è sempre la qualunque!), trova una copia di “Robinson . la Repubblica” e mi chiede se può dare una occhiata. Gli passo l’inserto e lui, dopo aver sfogliato qualche pagina, mi dice: “Ecco, c’è una mia recensione”. E quindi scopro che Maurette oltre che essere un uomo bellissimo, non scrive solo libri, ma anche recensioni. Insomma, siamo colleghi! E quindi è ora di parlare un po’ di lui e del suo incredibile romanzo.
Il tuo romanzo è un thriller più psicologico che adrenalinico, qualcosa che prende il lettore alla pancia fin dal primo capitolo. E quindi io voglio partire proprio dall’inizio e chiederti perché il titolo italiano Il tempo è un fiume, un titolo così particolare e poetico per un thriller?
E infatti devo ammettere che anche a me, quando l’editore me lo ha proposto, è sembrato un titolo… particolare. In Argentina e nei Paesi di lingua spagnola in generale il titolo è La migración, che rende bene secondo me l’idea del cambiamento. Ma siccome il titolo italiano è preso da un poema di Borges che è un autore che io amo moltissimo, devo dire che sono assolutamente contento della scelta editoriale. In più io con questo romanzo volevo cancellare un po’ i generi classici e dare alla forma del thriller anche quella del diario e del saggio così da rimarcare il fil rouge della narrazione, che è appunto il viaggio.
Senza girarci troppo intorno, se si va a sbirciare la tua bio si comprende subito che il protagonista del tuo libro ha tantissimo in comune con te. Questa scelta autoriale è stata fatta perché così ti sentivi più sicuro a scrivere di qualcosa che conosci alla perfezione o è capitato e basta?
Diciamo che la narrativa è in parte finzione e in parte qualcosa di profondamente reale e che a volte fa inevitabilmente parte della tua vita. Per cui sì, il protagonista mi somiglia molto, ma ti assicuro che la costruzione dello stesso è avvenuta nella maniera più naturale per me anche se ci sono aspetti che sono solo del personaggio e che non mi riguardano affatto.
Il tuo è anche un thriller di ambientazione, con una Chicago intensa e niente affatto turistica e una Argentina futuristica, quasi distopica. Ce ne vuoi parlare?
Tutto si basa sulla mia idea del lasso di tempo che intercorre tra le varie azioni del racconto. Il protagonista Aarón è a Chicago per lavorare alla sua tesi di laurea e qui scopre un qualcosa che lo prende così fortemente da fargli lasciare tutto e intraprendere un personalissimo viaggio alla scoperta della verità. La sua è la Chicago più sotterranea, nascosta, pericolosa. Quando venticinque anni dopo suo fratello in Argentina scopre il suo diario siamo nel 2041 e quindi non potevo che pensare a una Argentina del futuro, qualcosa che al momento neppure io posso conoscere e quindi ho potuto solo immaginarla. In ogni caso le location in un certo senso servono a descrivere proprio il salto temporale delle storie raccontate e il senso del tempo che appunto scorre come un fiume.
Parliamo del tuo stile e della tua scrittura, qualcosa di indubbiamente colto, forse anche troppo per un romanzo di genere. E quindi ti chiedo come ti sei formato, come hai formato il tuo stile e il tuo linguaggio, quali sono state le tue letture o i tuoi autori di riferimento?
Ti stupirò dicendo che le prime persone che hanno influenzato le mie letture sono stati i miei genitori, che mi hanno fatto leggere fin da piccolo tutte le fiabe classiche, poi da ragazzo mi sono avvicinato a letture come Dracula di Bram Stoker per poi approdare ad autori che hanno contribuito concretamente alla mia formazione come Jorge Luis Borges e insieme pensatori del ‘600 come Thomas Browne e perfino andando più indietro nel tempo Dante Alighieri. Per qualsiasi scrittore leggere Dante è come per un musicista accordare il suo strumento. Per me è stato fondamentale.
Pablo, se dovessi dare un solo colore al tuo romanzo quale sarebbe e perché e se dovessi scegliere una colonna sonora quale sarebbe e perché?
Senza spoilerare troppo per chi ancora non avesse letto il libro, il colore che scelgo è il viola perché è legato al ritrovamento di un libro importante da parte del protagonista, mentre per quello che riguarda la colonna sonora, senz’altro l’ouverture del Tannhäuser di Wagner perché non facevo che ascoltarla durante tutta la stesura del romanzo.