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Intervista a Rachel Kadish

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In una calda mattina di luglio ho avuto la fortuna di raggiungere Rachel Kadish al telefono. Rachel è una scrittrice emergente negli Stati Uniti: ha vinto National Jewish Book Award, Association of Jewish Libraries Fiction Award, John Gardner Fiction Award e ha ricoperto il ruolo di Koret Writer-in-Residence alla Stanford University e ora insegna Creative Writing alla Lesley University, vicino Boston. Ma soprattutto è una persona gentile, dal tono dolce e rassicurante. Con l’aiuto della bravissima interprete Sarah Cuminetti, ci ha raccontato un po’ di sé e del suo intrigante ultimo romanzo.




Com’è nata l’idea per il romanzo Il peso dell’inchiostro? Puoi raccontarci il tuo percorso?
Quando qualcosa non torna, quando ho un dubbio, inizio a scrivere per chiarirmi le idee. Leggevo a proposito di Virginia Woolf, la quale si domandava cosa sarebbe successo se William Shakespeare avesse avuto una sorella, se questa fosse stata di pari talento, che prospettive avrebbe avuto in quell’epoca? Di certo sarebbe morta giovane, data la difficoltà del periodo, non le sarebbe stato garantito l’accesso all’istruzione. Questo sarebbe stato il suo destino. Mi sono chiesta, qualora fosse esistita una ragazza tanto intelligente, cosa sarebbe stato necessario per permetterle di scrivere, cosa avrebbe dovuto fare? Essere un genio per poter infrangere le regole, opporsi alle restrizioni e seguire la sua inclinazione. Così ho scelto il periodo storico di riferimento e ho iniziato a sviluppare il romanzo.

Scrivere un romanzo storico è impegnativo: la documentazione, la ricostruzione del contesto, tutto ciò che ruota attorno alla ricerca. Ci parli di questa esperienza?
Una volta qualcuno mi ha domandato quanta ricerca faccio prima di scrivere un romanzo. Io ho risposto immaginando una scena: io faccio delle lunghe nuotate e prima di tuffarmi respiro a fondo, mi preparo, poi mi tuffo e avanzo con le bracciate. Ecco, procedo in questo modo anche con la ricerca per un romanzo. Faccio un po’ di ricerca poi scrivo la prima scena, se mi occorre scoprire dei dettagli sull’abbigliamento o su come è fatta la maniglia di una finestra d’epoca, mi fermo e cerco informazioni, così da completare la scena. Così vado avanti, dettaglio dopo dettaglio e così nascono nuove idee per le scene successive. Mi confronto con storici esperti e consulto molti libri rari finché mi immergo nel periodo che descrivo. Consulto anche testi di ambito filosofico.

Ester è un grande simbolo di emancipazione. Cosa è cambiato rispetto al passato per le donne nella cultura ebraica?
Molto è cambiato rispetto al passato, ma è così per le donne in generale. Eppure ancora tanta strada c’è da fare. Ho scritto questo libro prima delle ultime elezioni negli USA, basta pensare a come Hilary Clinton è stata trattata dai media. Ho notato come venivano stravolte le sue parole e idee. Insomma, di strada ne è stata fatta, ma non è sufficiente.

Nel romanzo il giovane Aaron dice: “Penso che, se guardassimo le cose attraverso gli occhi della Storia, vivremmo in modo diverso. Vivremmo in modo giusto.” Il valore della memoria storica va difeso. Ricordare il passato, la nostra storia, può aiutarci a vivere in modo giusto?
Uno dei motivi per cui mi piacciono i romanzi storici è proprio il fatto che ci riportano indietro, mi riferisco a quelli che sono scritti nel modo giusto. I fatti storici di un romanzo in alcuni casi possono portarci a guardare un personaggio dall’alto in basso, ma se il libro è scritto come si deve ci permette di immergerci completamente nella storia, viviamo quel momento e capiamo quanto fosse difficile l’esistenza, le scelte da compiere ogni giorno. Loro non sapevamo cosa sarebbe accaduto, per noi oggi è lo stesso, in fondo ignoriamo cosa accadrà in futuro, facciamo le scelte che ci paiono giuste. Solo con questo approccio capiamo appieno le lezioni della storia. Questa è la ragione per cui mi appassiona tanto.

Il concetto di verità nel romanzo viene spesso utilizzato dai personaggi per sostenere le loro ragioni, per esempio ne parla Ester: “In questa casa costretta al silenzio, penna e inchiostro non resistono alla spinta della mia mano, e la carta non si ritrae. Che in queste pagine mi sia finalmente concesso di giungere alla verità, anche se nessuno potrà leggerle.” La verità va sempre cercata e difesa?
La verità è un valore che va difeso, ma non mi sentirei di accusare nessuno che cercasse di nasconderla per valide ragioni. A volte per difendere sé stessi e i propri cari occorre metterla da parte. Bisogna sempre valutare ogni circostanza, senza giudicare.

Il filosofo Baruch Spinoza è una parte fondamentale nel romanzo, la filosofia ti appassiona?
Ho scoperto la filosofia attraverso questo libro, prima non l’avevo mai studiata, ma per la stesura del romanzo ho letto molti testi filosofici e ho dovuto imparare tutto un nuovo linguaggio. All’inizio ammetto che mi terrorizzava. Il modo in cui pensano e scrivono i filosofi è opposto al modo in cui pensano e scrivono i romanzieri. I primi utilizzano un linguaggio astratto, osservano un orizzonte lontano, cercano partendo dal dettaglio di raggiungere un concetto universale, al contrario i romanzieri cercano il dettaglio nel singolo individuo, nel personaggio, su quello si concentrano per scoprire la verità. Mi sentivo in soggezione, ma desideravo tanto scrivere la storia di Ester, così ho studiato il linguaggio della filosofia e ho letto tanto di Baruch Spinoza restandone affascinata.

Ci sono figure del passato che ti ispirano e ti affascinano?
Non ho delle figure di riferimento particolari, ma resto incantata da coloro che nel tempo hanno lottato per far sentire la propria voce e andare oltre i limiti e le convenzioni. Coloro che hanno tentato di cambiare le cose ribellandosi.

Nei tuoi romanzi Tracy, Maya, Helen, Ester sono donne forti, ti rappresentano?
Una parte di me in loro penso possa esserci, anche se siamo diverse, loro sono donne coraggiose, forti. Ma non ho mai pensato a queste figure femminili in rapporto a me stessa. Di sicuro posso dire che sono una persona testarda, se non lo fossi stata non sarei riuscita a scrivere questo libro che ha richiesto tantissimo tempo, tanto impegno. Avevo dei bambini piccoli da seguire e se non fossi stata determinata non ce l’avrei fatta. Se qualcosa mi interessa e decido di portarla a termine nulla può fermarmi, sono fatta così.

Ti occuperai di romanzi ad ambientazione storica in futuro?
Non ho delle idee ben definite, solo alcuni spunti, ma ormai posso definirmi dipendente dalla storia, mi appassiona moltissimo e non posso farne a meno. Il mio desiderio è creare altri romanzi storici.

Quali sono i tuoi autori preferiti, i tuoi modelli letterari?
Ce ne sono tanti che mi piacciono, per citarne un paio posso indicare le bravissime Toni Morrison e Alice Munro.

Com’è stata la tua esperienza in Italia?
L’Italia è stupenda e mi sono trovata molto bene, sono stati tutti deliziosi con me. In futuro spero di poterci tornare e per allora prometto di imparare un po’ di italiano.

I LIBRI DI RACHEL KADISH