
L’italo-libanese Roberta Yasmine Catalano è nata a Roma, all’età di quattro anni si è trasferita in Marocco al seguito della madre diplomatica, là ha trascorso l’infanzia e l’adolescenza. Si è laureata in Letterature Comparate all’Università “Sapienza” di Roma, collabora con diverse case editrici, traduce testi, pubblica recensioni, saggi e racconti su numerose riviste letterarie. Ha vinto quattro premi letterari di cui tre giovanili. La contattiamo per conoscerla un po’ e parlare del suo romanzo d’esordio per Oligo editore.
Prevalentemente scrivi racconti, ma con La vertigine del possibile ti sei trovata a scrivere un potente romanzo. Chi o cosa ti ha convinto?
In effetti non avrei mai pensato di cimentarmi in un romanzo come questo, davvero molto lontano dalla forma narrativa che sono solita frequentare. Sono stata costretta da una trappola amorosa ordita da alcune sorprendenti donne della mia famiglia, e non mi è stato possibile rifiutare. Sono certa che si siano date più volte la mano per complimentarsi: la loro alleanza ha permesso che scrivessi la loro storia.
Il tuo amore per la parola, sicuramente frutto di studi e letture personali, si trasforma nelle pagine, in immagini che evocano nel lettore visioni, suggestioni e ricordi. Quanto rigore metti nella scelta delle parole? Preferisci togliere o aggiungere?
Questa è una domanda cui tengo molto, mi fa piacere che si percepisca il mio amore per la parola, che curo in effetti con rigore, ma anche con tatto: preferisco evitare parole di non immediata comprensione, piuttosto cerco di cesellare le immagini con suggestioni, appunto, pennellate, impressioni. Desidero che la lettura scorra fluida, chiedere alla lettrice e al lettore di andare ripetutamente a cercare un termine nel vocabolario significa spezzare la loro concentrazione. Nelle varie riletture, poi, preferisco senz’altro togliere, trovo molto più efficace accennare che dire troppo.
Maria e Rosa, le protagoniste del tuo romanzo, arriveranno fino in Iran; infatti, La vertigine del possibile sarà tradotto in farsi e pubblicato dall’editore Ketab el khorshid. La storia di queste due donne forti potrà essere di incoraggiamento alle straordinarie donne locali? Quanto questo ti rende orgogliosa?
Questa traduzione mi rende orgogliosissima, sono molto grata al traduttore Abolhassan Hatami, che si è speso non poco affinché il progetto si realizzasse. Le donne in Iran hanno più volte dimostrato la loro forza e il loro coraggio, non hanno bisogno di insegnamenti, ma spero che la storia di Maria e Rosa possa essere loro di conforto; è di grande stimolo conoscere la storia delle donne audaci che ci hanno precedute, ci fa sentire in buona compagnia. Anche per questo spero che altri editori stranieri accolgano La vertigine del possibile nelle loro lingue.
Le tue radici affondano in diversi terreni: Libano, Marocco, Sicilia, Calabria. Questo rende la tua visione più ampia? Il tuo animo più accogliente?
Sicuramente tutti questi sud sono una risorsa preziosa, è come avere la finestra spalancata su mondi diversi, da accogliere e da cui essere accolti. Occorre tuttavia prestare molta attenzione alle insidie che comporta appartenere a più mondi: si rischia infatti di restare impigliati sulla frontiera tra essi, per cui talvolta è necessario fare una scelta di campo per non ritrovarsi figli di nessun luogo.
A volte si è portati a pensare che un autore sia un essere che vive tra le pagine, che non abbia un quotidiano come tutti. Tu come te la cavi in cucina, dato che nel romanzo di piatti e sapori ce ne sono tanti? E come gestisci senza stress il tempo della scrittura con la vita di famiglia?
Mi piacerebbe molto vivere più tra le pagine che nel quotidiano, ma forse avrei molto meno di cui scrivere. Sì, è vero, in questo romanzo si mangia tanto! Me ne sono resa conto dopo averlo scritto, del resto è così importante il cibo in una cultura come nella storia di una famiglia, per questo ho voluto attraversare le cucine delle mie protagoniste e raccontarne sapori e odori. Mi piace cucinare, ciò che tuttavia mi pesa molto è la routine, preferirei mettermi ai fornelli solo quando ne ho voglia, ma questo forse potrebbe farlo solo un mio personaggio. Per quanto riguarda il tempo della scrittura all’interno della vita di famiglia, è una nota dolente. Scrivo quasi sempre all’alba, più di rado di notte, in orari insomma in cui nessuno possa chiamarmi per le più disparate richieste. Il tempo della scrittura è per me un tempo strappato coi denti alla mia quotidianità e a volte è necessario affondare bene i denti per difenderlo.
Ho letto che sei affascinata dalla personalità di Drusilla Foer. Ti piace il suo modo elegante ed ironico di trattare sia temi importanti o scomodi, che quelli di puro intrattenimento?
Amo follemente Drusilla Foer, direi senza ritegno. Ho avuto il piacere di incontrarla, quando non aveva ancora raggiunto l’attuale popolarità, in occasione di una mia recensione del suo romanzo. Rimasi così colpita dalla sua gratitudine, dalla sua generosità, ma soprattutto da quegli occhi chiari che mi arpionarono, senza più lasciarmi. Riesce a intrecciare una grazia indicibile con un’intelligenza e una cultura raffinate, ed è in virtù di questo che può permettersi di trattare qualunque tema, senza mai perdere credibilità né eleganza.
Quando entri in una libreria, riesci ad uscire senza aver acquistato nulla? E che lettrice sei?
È una bella sfida! Fino a qualche anno fa avrei risposto no. Ora, se entro in una libreria per così dire tradizionale, riesco un poco a controllarmi. Perdo invece ogni freno quando entro in una libreria di seconda mano, dove il concetto di usato si trasforma ai miei occhi come un’urgenza assoluta. Da circa un anno, poi, ho scoperto l’audiolibro, il che mi permette di spaziare molto, ho conosciuto nuovi libri con piacere, anche grazie a splendide voci narranti. Infine, per evitare di finire sul lastrico, sono una frequentatrice di biblioteche, che spesso sono anche un ottimo luogo in cui scrivere.
Concludo chiedendoti chi è Osvaldo. È un po’ come l’Aristide di nonna Rosa?
No, Osvaldo è un tramite spazio-temporale, amando lui amo i luoghi in cui mi conduce. Quando l’ho trovato in un mercatino, con la dicitura riduttiva “telefono”, ho sentito l’istinto di salvarlo e portarmelo via. C’è molto rispetto tra noi, io lo spolvero, ci parlo, e lui fa le fusa attraverso il suo disco rotante che faccio girare delicatamente. Quanto a nonna Rosa, posso solo dire che ho ereditato la sua tendenza a innamorarsi di esseri eterei, e ti assicuro che sono passioni molto ma molto potenti.
I LIBRI DI ROBERTA YASMINE CATALANO