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Intervista a Romano Battaglia

Romano Battaglia
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Conosco Romano Battaglia da moltissimo tempo. Al suo Caffè sotto i Pini de La Versiliana per estati intere ho ascoltato incontri e dibattiti con personaggi del mondo della cultura, della letteratura, della politica. Per tutti ha sempre avuto domande interessanti: ora tocca a lui stare dall'altra parte del microfono. Ci incontriamo sempre in occasione dell'uscita di un suo nuovo libro ed ogni volta ci sediamo nello stesso punto, seduti sotto un pino della Versiliana. "Questo è un pino maestro", rivela, "fa dire la verità". Quale miglior luogo dunque per un'intervista?




Perché il pubblico ti ama così tanto?

Ogni giorno ricevo molte mail di persone che mi ringraziano per la serenità ritrovata grazie ai miei libri. La collana di Rizzoli ‘I libri di Romano Battaglia’ ha come costante la scelta che ho fatto molto tempo fa: di parlare di semplicità, profondità, d’amore per le piccole cose, di sentimenti veri, dei valori, della vita. Oggi c’è sempre più bisogno di queste cose, anche il mio ultimo romanzo, Incanto, racconta una storia semplice, la vicenda di una ragazza che incontra un contadino-filosofo che attraverso il racconto delle sue memorie le mostra la via della rinascita. Oggi c’è bisogno di libri come questi, ma nonostante la sempre maggiore richiesta da parte delle persone di certi libri, di certe tematiche, c’è difficoltà a farli pubblicare e farli leggere. Sono rimasto molto colpito dall’accoglienza che ho avuto a San Benedetto del Tronto, un piccolo centro dove ho recentemente presentato il libro, sono stati venduti oltre trecento libri… questo dovrebbe far riflettere.

 

Dai tuoi libri traspare sempre una particolare attenzione per i personaggi più che per la storia in sé: sbaglio?

Hai ragione. Nei miei libri i personaggi hanno un ruolo fondamentale e sono sempre dei simboli. Non a caso anche in questo ultimo romanzo si inizia con un’immagine forte, quella del Cristo e di una donna che incarna la sofferenza. Cristo, la sofferenza, ma anche la semplicità sono protagonisti. Per esempio il cane che nella storia conduce la ragazza fino alla casa del contadino si chiama Melampo (come il cane nella favola di Pinocchio) ed ha un ruolo molto importante. Il contadino rappresenta il nulla che è tutto, lui e la ragazza sotto l’albero di melo l’essenza della vita, mangiano pane, olio e aceto che è niente rispetto all’abbondanza a cui siamo abituati… Mariarosa è una ragazza di oggi, che rappresenta la solitudine, la tristezza, le malattie di oggi come la depressione. Ed infine la moglie del protagonista, morta da anni eppure così presente, che rappresenta la parte spirituale e il quaderno su cui sono appuntati tutti i pensieri del contadino, il quaderno con su scritto ‘incanto’ il quaderno che aiuterà Mariarosa a capire. Questa è a storia di un miracolo moderno.

 

Sempre più spesso nei tuoi libri inserisci fotografie, citazioni, aforismi e pensieri isolati: a che scopo?

Considero immagini e citazioni come ‘fermate di riflessione’. Incontrando una fotografia sei obbligato a smettere di leggere e soffermarti ad osservare, così come per le citazioni isolate. Servono ad indurre la riflessione. Tra l’altro sono convinto che certi libri vadano letti almeno due volte per coglierne appieno il senso.

 

Tu ami dipingere. Come concili pittura e scrittura?

La pittura è molto importante per me, purtroppo da quando devo scrivere un libro l’anno ho molto poco tempo da dedicarle e questo mi causa molto dolore. La capacità di dipingere è un dono di Dio e non coltivarla è un vero peccato.

 

Come scrittore ti confronti sempre con temi molto importanti come la fede, la speranza, il sogno e dai ai tuoi personaggi sempre nuove sfide da superare; è forse un modo diverso per sperimentare un nuovo punto di vista?

Io vorrei tanto essere come i protagonisti delle mie storie, ma non sono mai come loro. Loro riescono sempre a trovare la serenità che cercano, a ritrovare la fede, la felicità. Non è semplice capire le persone fino in fondo, ricordare la vita. Vedere il sole che nasce dietro le montagne non è sempre facile e privo di dolore. Ho un sogno che riguarda i miei personaggi, mi piacerebbe tanto incontrarli tutti insieme in un posto e lasciare che siano loro a raccontarmi qualcosa.

 

Hai dei riferimenti letterari quando scrivi?

Mi sento molto legato alla figura di Kahlil Gibran, ci lega anche uno strano destino. Lui è morto il giorno e l’ora esatta della mia nascita, voleva fare il pittore ed invece ha trovato fortuna in America, ha lasciato testi belli quanto semplici nella forma, come Il Profeta. Ha amato la vita, la semplicità, la poesia, come me.

 

Che tipo di lettore sei?

Cerco di leggere tutte le novità sia di narrativa che saggistica, leggo molto anche per ragioni di lavoro, ma trovo che oggi siamo di fronte a libri che si assomigliano un po’ tutti ed è un peccato. Amo Tobino, Buzzati, Luciano Bianciardi, Tagore, Magdi Allam.

 

I tuoi libri hanno successo anche all’estero?

Sì, sono tradotti anche in Giappone, Corea, Germania, America Latina. È la dimostrazione che hanno in loro valori universali, parlo del Dio delle piccole cose, dei piccoli gesti sempre più distanti e invisibili a chi non sa vedere la bellezza che ha intorno.

 

Si parla sempre meno di poesia. Perché?

Le persone pensano che la parola poesia sia sinonimo di debolezza. Erroneamente chi si definisce poeta pensa di essere giudicato debole, senza pensare che la storia ci racconta come grandi boss della mafia nascondessero gelosamente nei loro cassetti o tra le pagine di un libro versi scritti da loro stessi. Invece la poesia è di tutti, i carcerati scrivono, gli innamorati, si scrivono versi persino sulle tombe per l’estremo saluto. Pensate che Tagore inizialmente era considerato dai suoi amici come un ‘suonatore di zufolo’. Quando vinse il premio Nobel fecero una trasferta in treno fino alla sua casa di campagna per festeggiarlo, ma lui li rimandò indietro.

 

Com’è nato il tuo libro Oltre l’amore?
In una notte di luna  piena come me, in più io sono nato di lunedì, sono protetto dalla luna. Ero seduto sotto un grande albero in giardino e la osservavo, ha il potere di riportarmi indietro con la mente e di farmi riprovare emozioni passate. Riflettendo mi venne in mente la Città di Luni, in Lunigiana, ai tempi in cui quando ero a scuola ci portavano a vistare gli scavi. Mi venne allora la voglia di ritornarci e l’occasione fu offerta dall’inaugurazione del nuovo museo archeologico. Lì fui attratto da una lapide con un’iscrizione latina in cui si metteva in guardia lo scopritore di questa tomba condannato ad espiare i peccati  dell’uomo sepolto, un sanguinario responsabile dell’uccisione di molti bambini. Fui avvicinato da una donna che volle sapere di più circa il mio interesse e mi raccontò la sua storia…


Che ruolo deve avere uno scrittore?
Ha un ruolo molto importante. Deve elevare lo spirito, cambiare in meglio le persone, dare l’esempio oggi purtroppo si pubblicano libri solo per venderli, soprattutto se gli autori sono personaggi famosi. Scrivono tutti e la qualità si abbassa. I libri belli, di valore vengono meno osservati degli altri, la gente non capisce, viene travolta dal nulla, dalla superficialità. E poi bisogna diffidare dalle tirature, i magazzini delle case editrici sono pieni dei libri dati in resa.


I libri di Romano Battaglia