
Vive e lavora a Milano. Le note biografiche sparse per il web dicono che trascorre quattro mesi all’anno nelle Marche, dove si rifugia nella sua casa in cima a una collina. Ha due figlie, è copywriter, sceneggiatrice e, soprattutto, scrittrice. Lei è Sabina Colloredo, e conta al suo attivo una densa produzione letteraria che spazia dai racconti per l’infanzia e l’adolescenza ai romanzi d’avventura, dai thriller ai romanzi storici, senza mai perdere d’occhio le tematiche sociali, sempre presenti nelle sue opere. L’abbiamo contatta per saperne di più sulla sua ultima fatica letteraria: il primo capitolo di una trilogia che si annuncia davvero avvincente.
Il romanzo storico in Italia sembra essere in forte espansione e spesso si scrive di storia romana, con ambientazioni nell’età di Cesare o in quella imperiale. Come nasce l’idea di scrivere un romanzo - anzi, tre! - sui Longobardi?Per saturazione e per curiosità. Troppo Impero romano, appunto, e poco o niente di tutto il resto. Perché seguire il percorso già tracciato da altri? La storia del popolo longobardo, soprattutto la parte che riguarda la sua discesa in Italia e i primi anni di conquista, è ricca di avvenimenti, contrasti, storie nella storia. Una vera epopea che racconta di una conquista spesso cruenta, certo, ma anche dell’incontro tra due popoli e del loro tentativo di creare un futuro insieme. Ed è ciò che racconto nel mio libro La Grande Marcia, che sarà il primo di una trilogia.
Quando si parla di romanzo storico è molto importante risalire alle fonti. Quali sono state le tue fonti? In che modo hai potuto ricostruire la storia e soprattutto i miti e le leggende che si dipanano nel tuo romanzo?
La ricerca e lo studio delle fonti storiche va preso molto sul serio. La bibliografia di cui mi sono avvalsa sarà circa di una trentina di libri. Si torna sui banchi di scuola e nessuno ti fa sconti. Ho imparato che più ti avvicini al periodo storico che narri con le testimonianze, e maggiori saranno le suggestioni. Per questo per me è stata preziosa la Storia dei Longobardi di Paolo Diacono, che ha vissuto alla corte di Carlo Magno, ‘solo’ trecento anni dopo i fatti da lui narrati. Lui respirava ancora quell’aria lì…e si sente, ancora adesso!
Ci sono altri romanzi sui Longobardi che ti hanno influenzato?
No. Non ne ho letto nessuno. Ma penso che in particolar modo su questo periodo, parliamo del 568 d.c., della storia di Alboino e Rosmund e della loro discesa in Italia, nessuno abbia scritto, almeno con questa ampiezza.
Nel romanzo affronti temi che potremmo definire “sociali”, come, ad esempio, la situazione della donna. Perché questa scelta?
Le donne esistono, anche se si fa di tutto per dimenticarlo. In quel periodo specifico poi, scrivevano le pagine quotidiane della storia, quelle fatte di lavoro e fatica, di amore e di dedizione, senza gli onori delle cronache. Le donne hanno fatto la storia quanto gli uomini, solo che le tracce che hanno lasciato sono diverse. Più intime, più emozionanti. A me piace raccontarle, perché sono preziose testimonianze che danno identità e calore al libro.
Nel romanzo quanto ti sei attenuta alla verità storica e quanto, invece, è opera di fantasia?
La realtà storica non può essere solo una cornice. Il romanzo storico funziona se la storia è protagonista, almeno quanto le storie degli uomini che l’hanno fatta.
Qual è il personaggio del romanzo al quale sei maggiormente legata?
Ignatia. È una bambina costretta a crescere in fretta per adeguarsi al cambiamento, ma come tutti i ragazzi sarà il ponte tra passato e futuro, la speranza che le cose continuino, anche quando ogni speranza sembra perduta.
La tua produzione è molto vasta. Hai un genere che vuoi ancora esplorare?
Non faccio programmi. Mi piace fare qualche incursione nella letteratura per adulti, ma i libri per bambini e ragazzi sono la mia costante.
Come fai ad alternare storie per bambini e ragazzi a “teste che volano leggere nell’aria” dopo essere state mozzate?
Francamente? Non lo so.
I libri di Sabina Colloredo