Sandro Veronesi è uno degli scrittori contemporanei italiani più tradotti, trasposti e apprezzati sia dalla critica, sia dal pubblico. Nella sua carriera, circa trentennale, ci ha regalato romanzi e saggi belli e fondamentali, attraverso la sua narrativa è stato capace di raccontare il nostro tempo come pochissimi altri sono stati capaci di fare e attraverso il suo pensiero ha avuto modo di analizzare il contemporaneo in cui ci troviamo a vivere con lucidità e grande acume. Lo abbiamo incontrato a Bookcity Milano 2019, dopo che già nel 2013 ci aveva regalato una visione quasi profetica delle trasformazioni che il web avrebbe causato nella società italiana e nella nostra percezione delle relazioni. Di seguito potete leggere sia le risposte del 2019 che quelle del 2013
Narrativamente nel tuo Il colibrì è stato complicato lavorare su tanti piani temporali e in un ordine sfalsato?
No. Perché avevo deciso di non raccontare la storia dritto per dritto, ma di scardinare la tirannide della cronologia. E per una ragione ben precisa. Ci sono dei punti della storia, infatti, in cui è concentrato moltissimo dolore e nella narrazione dritto per dritto quei punti avrebbero potuto essere, per me che li scrivevo e per i lettori, quasi insopportabili. Mentre invece se vai avanti, poi torni indietro, se fai “ammuina”, come dicono a Napoli, il lettore è avvertito: sa che succederà. Si è già preparato mentalmente, diciamo. E siccome l’intero romanzo è sull’accettazione, io posso mettere quanto voglio un protagonista che queste cose le accetta, ma se il lettore non riesce? La cosa che non ha reso difficile questo criterio è stato scrivere i capitoli come mi andava. Come andava a me. Cioè se avevo voglia di raccontare la scena della nebbia a Firenze, lo facevo. Insomma, sono io lo scrittore! E sorprendentemente ha funzionato.
Il karma parrebbe un elemento centrale nel romanzo. Credi che ognuno di noi abbia un destino già scritto?
Qui a parlare sono i personaggi, eh. Alcuni hanno delle convinzioni, altri non ce le hanno. Io in effetti uso un paio di volte l’aggettivo “karmico”, ma per dare al lettore un’informazione sulla natura, appunto karmica, delle circostanze associate alla scena. Di sicuro non c’è bisogno di crederci, nella predestinazione, per poi fare dei ragionamenti a posteriori che uniscano assieme degli indizi facendo così pensare a un disegno. Perché questo lo si fa a posteriori. Il problema è sempre il tempo. Il tempo scorre in un verso solo e nel verso in cui scorre a te mancano le informazioni fondamentali. Cosa succederà tra un anno? È chiaro che se Marco Carrera avesse saputo cosa lo aspettava alla fine del libro quale ricompensa avrebbe sofferto molto meno, ma tu quando ti trovi chiamato, “Adesso tocca a te, soffri!”, non lo sai, cosa c’è dopo. Ci sono persone che da questa chiamata si fanno travolgere e non sono più le stesse, ci sono persone che, come Marco, non si fanno travolgere. Soffrono tutto quello che c’è da soffrire, fino all’ultima stilla. Rimanendo sempre se stessi. Si chiama resilienza, questa cosa qui.
Quanto è vero che su Internet è tutto equivalente?
È talmente vero che per navigare su Internet hai bisogno di un algoritmo. Senza di esso sei perso. Nella vita reale se ti perdi è più facile ritrovarti, basta chiedere a qualcuno. Un algoritmo non ha coscienza, è in quanto è. Pensate ai droni o agli aerei senza pilota; sganciano le bombe seguendo un algoritmo, non secondo coscienza.
Sia in Caos calmo che in Terre rare sono presenti degli atti di eroismo. Perché?
Paladini è un personaggio che mi piace perché a tutti noi piacerebbe compiere degli atti di eroismo anche se, a volte, non ce ne accorgiamo. Non è questione di coraggio o meno, ci manca semplicemente l’attenzione. Paladini è ancora emotivamente puerile; in Caos calmo lui si butta in mare senza considerare i contro del suo gesto eroico e inoltre il suo gesto non verrà minimamente notato, umiliando quindi il suo narcisismo. Qui invece compirà un altro atto di eroismo, dovrà scegliere se prendersi le proprie responsabilità oppure no. Qui c’è un eroismo vero, autentico e a me piacciono i personaggi che sono disposti a perdere un po’ della loro condizione sociale in nome della verità.
La società e l’Italia sono cambiate. È eccessivo pensare a un’Italia del 2005 (quella di Caos calmo) che non sta andando a picco e un’Italia del 2013 che sta andando a picco?
Terre rare parla d’altro, ma c’è anche questa componente. Nel 2005, nel libro, si assiste alla fine della televisione. Qui c’è la fine della vendita delle automobili. Pensate alla vendita Fiat in Italia. Come civiltà non si può tornare indietro soltanto perché ci si è resi conto di aver passato il limite. Se Paladini, il protagonista del romanzo ci riuscirà, sarà soltanto perché è finito col culo per terra.