
Conosco Sara Cerri da moltissimi anni: è una scrittrice attenta e preziosa che ha saputo dosare poesia e incanto nelle tante storie che negli anni ha raccontato. L'ho voluta intervistare in un momento gioioso della sua storia, quando Circo Immaginario è diventato - grazie all'incontro con la celebre cantante Rossana Casale - uno spettacolo teatrale prima e un disco poi.
Molti dicono che chi scrive lo fa principalmente per se stesso. Tu cosa ne pensi, senti tua questa affermazione o la rifiuti?
Credo che scrivere implichi certamente un’attenzione a se stessi e al proprio mondo, senza mai dimenticare a chi è rivolta la scrittura. Il mio caso è particolare, scrivo per adolescenti, una fascia d’età che contempla la trasformazione - come avviene in molti altri momenti della vita - ma qui è particolarmente importante: è un passaggio essenziale e molto forte, quello dall’infanzia all’età adulta. Quindi cerco di assumere il punto di vista di chi racconto, in questo caso narro molto volentieri in prima persona, cercando di vedere e conoscere la realtà dei miei personaggi attraverso i loro occhi. Non nascondo che comunque raccontare quella età è per me molto affascinante, è l’età che racchiude il principio universale dell’essere adulti, che conserva i maggiori e migliori conflitti. Più avanti si cresce ancora, si superano vari stadi, ma l’adolescenza resta il nostro pregiato e più importante canovaccio della conoscenza di un passaggio.
Quando hai capito che saresti diventata una scrittrice?
Tutto è cominciato per una valigia. Una valigia è stata il primo premio che mi sono aggiudicata ad un concorso di scrittura a Viareggio. Avevo undici anni e ricordo di esserci rimasta anche un po’ male, perché era di finta pelle. Quello è stato il mio primo incontro con la scrittura, premiato e felice, poi non mi sono posta il problema di divenire o meno scrittrice, ma ho continuato a scrivere, molte poesie sui quaderni che conservo ancora e piccole storie sui sassi che trovavo per strada e raccoglievo.
Qualcuno ha scritto che narrare è un destino: sei d'accordo?
‘Narrare è un destino’ è una frase che mi piace, se non sbaglio è anche il titolo di una raccolta di racconti di Grazia Livi. Non so se sia un destino, certo è che scrivendo a me succede di pensare e credere di percorrere un sentiero che porta al mio mare interiore, mi piace questa metafora del mare. È lì che io pesco silenziosamente. E come un pescatore, affascinato dalla continua incertezza del raccolto, del paniere pieno o vuoto, continuo a voler attingere a quel mare che mi porta a esplorare nuove conoscenze, nuovi mondi da portare alla luce.
Circo immaginario, come anche altri tuoi libri, è considerato un libro 'per ragazzi', definizione che personalmente non amo molto: ha senso in letteratura etichettare un libro?
Etichettare serve un po’ a mettersi la coscienza a posto. In realtà io non ho una scrittura troppo ‘facile’ ma forse è grazie a questo, oltre agli editori che mi pubblicano, che riesco a raggiungere attraverso i miei libri il lettore giovane, ma anche quello adulto. Mi piace pensare che ogni mio libro possa essere letto da qualunque fascia d’età.
Quando scrivi sei tu che vai nelle storie o sono i protagonisti che ti vengono a trovare?
Inizialmente sono io che creo una specie di rete, c’è una protagonista che mi sembra interessante, lentamente traccio il profilo delle sue attitudini, le possibilità del suo carattere, anche i tratti fisici, altri protagonisti mi vengono in mente e il nucleo della vicenda in cui si potranno muovere. Non è certo una fase lineare, sono vari fattori che si intersecano, interagiscono nella prima progettazione, proprio come una rete a maglie larghe. Poi la vicenda si avvia e i protagonisti dimostrano il loro carattere, sì a quel punto cercano anche di prendere in mano la situazione, di agire di testa propria. È la fase che preferisco, ci vuole molta attenzione da parte dell’autore, attenzione a non lasciare mai troppo liberi i personaggi per non farli magari perdere, ma è piacevole e intrigante sentire nella notte una voce che si racconta o che suggerisce la sua volontà di agire in una determinata situazione; è la voce di uno dei personaggi. Questo è di solito il punto in cui mi sveglio prestissimo, anche alle quattro o le cinque del mattino per scrivere.
Circo Immaginario è diventato anche uno spettacolo teatrale fortemente voluto da Rossana Casale: com'è stato il vostro incontro?
L’incontro è stato bellissimo e produttivo. All’inizio mi sembrava strano e anche faticoso rientrare in un libro finito, ma Rossana premeva contro la mia pigrizia e le sono stata poi molto grata. Sto scrivendo infatti una nuova storia intorno a Circo immaginario, della quale adesso però non vorrei svelare niente, e questo mi sembra molto positivo. Ricordo un giorno in cui Roxi mi chiese il nome del papà di Sofia. Risposi che non aveva un nome, o che non lo ricordavo. Roxi mi disse: ‘Alfredo, Sara. Lui si chiama Alfredo.’ È stato bellissimo quel momento perché non solo ricordai che quello era il nome del padre di Sofia, ma anche quanto era stato importante chiamare così quel protagonista che per me viveva al freddo delle sue sensazioni di dolore e vuoto che lo accompagnano per gran parte della storia.
Che effetto ti ha fatto vedere personaggi e atmosfere nati dalla tua mente trasportati sul palcoscenico?
Con Rossana abbiamo deciso di tenere i personaggi della mia storia in una zona appartata e protetta, non fanno parte dello spettacolo, infatti. Ma Rossana ha saputo riprodurre l’atmosfera che sta alla base del mio libro. Quel circo povero di piccole magie e di sensazioni leggere e impalpabili tenute assieme da un groviglio di sentimenti che abitano l’esistenza degli artisti di strada e che fanno parte del sentire di tutti noi.
Adesso a cosa stai lavorando?
Due romanzi in contemporanea, uno per ragazzi, l’altro per adulti. È la prima volta che affronto due lavori insieme e mi piace. Ho due computer uno vicino all’altro e non ho mai modo di annoiarmi.
Quale libro non dovrebbe mai mancare nella libreria di una persona?
Il libro che più abbiamo amato, con il quale abbiamo riso o pianto, o meglio riso e pianto insieme, un libro che ha cambiato il nostro modo di vedere qualcosa, un pensiero, che ci ha dato la possibilità di vedere una situazione con occhi nuovi. I miei sono molti, ma cito Il buio oltre la siepe di Harper Lee e La linea d’ombra di Joseph Conrad. Mi sarebbe piaciuto conoscerlo, Conrad.
I libri di Sara Cerri