
Sara Gama è una calciatrice. Capitano della Nazionale italiana, attualmente gioca come difensore della Juventus. Finora in carriera è riuscita a conquistare numerose vittorie mai viste nel calcio femminile italiano a livello internazionale, tra cui il Campionato europeo di calcio femminile Under 19 nel 2008, durante il quale è stata nominata UEFA Golden Player. In Italia ha vinto con il Brescia una Serie A femminile (2015-2016), una Coppa Italia femminile (2015-2016) e due Supercoppe Italiane (2015, 2016), mentre con la Juventus ha vinto altri tre scudetti (2017-2018, 2018-2019 e 2019-2020), una Coppa Italia (2018-2019) e una Supercoppa Italiana (2019). È consigliere federale FIGC dal 2018 e Vicepresidente dell’AIC dal 30 novembre 2020. Nel suo primo libro, Sara racconta la sua esperienza nel mondo del calcio e gli ostacoli che ha dovuto affrontare per arrivare a ricoprire la sua posizione attuale. Lottare per i propri sogni, impegnarsi, non arrendersi: ecco il consiglio che la campionessa italiana dà a tutti gli adolescenti di oggi, ma non solo. La sua grinta e la sua determinazione emergono anche attraverso lo schermo del computer durante una conferenza stampa di presentazione organizzata dall’editore sulla piattaforma Zoom.
Com’è nata l’idea di scrivere il tuo La mia vita dietro un pallone?
Come sempre, a parte il calcio, non mi pongo obiettivi prima ma cerco di stare attenta alle opportunità che si presentano. Così, quando De Agostini mi ha proposto di scrivere la mia storia, ho pensato che potesse effettivamente risultare interessante. È bello poter leggere qualcosa di leggero ma che al tempo stesso trasmetta un messaggio positivo, soprattutto se a riceverlo sono i ragazzi.
Hai raccontato di essere diventata un simbolo quasi per caso: pensi che il calcio femminile avrà sempre bisogno di un modello di riferimento o riuscirà ad essere accettato senza alcun tipo di stereotipo nella società?
Tutto il mondo del calcio ha bisogno di simboli, di giocatori e giocatrici che diventano figure rappresentative che possano ispirare i ragazzi e le ragazze: per questo mi auguro che ce ne saranno sempre di più perché significherebbe che stiamo progredendo. Oggi io e la mia squadra rappresentiamo semplicemente i primi volti con cui questa disciplina si presenta al grande pubblico. È chiaro che oggi siamo in una situazione in cui esistono ancora determinati tipi di pregiudizi. Noi siamo una generazione che ha fatto un pezzo di strada e anche le prossime dovranno fare la loro parte per crescere: per questo ci sarà bisogno di altri simboli che rappresenteranno quei progressi.
Pregiudizi e ostacoli sono i termini che sono ritornati più spesso: qual è stato l’ostacolo più significativo che hai dovuto affrontare durante il tuo percorso?
Forse la parte più difficile è trovare qualcuno in grado di convincere gli altri a credere in noi e questo è quello che ha fatto la differenza, che ha cambiato le cose. Non è proprio un ostacolo ma è quello che ha dato il via a tutto il resto. Conta anche far sentire la propria voce, che non è una cosa da poco se si vuole essere ascoltati. I pregiudizi come si combattono? Con la conoscenza e, dando rilevanza e dignità anche a questo settore, la gente si adegua e comprende che questa disciplina ha il diritto di esistere.
Nel libro spesso ribadisci l’importanza dei valori nella tua vita e in quella degli adolescenti: quanto è stata importante l’educazione ricevuta nella famiglia?
Sicuramente la mia famiglia mi ha trasmesso valori importanti che mi hanno aiutato molto durante il mio percorso. Però sono stati fondamentali anche gli insegnamenti che mi sono stati trasmessi da insegnanti e dagli allenatori: tutti loro mi hanno lasciato valori che io sono riuscita a fare miei. È molto importante per l’educazione che ci sia una collaborazione tra tutte queste figure.
Cosa sognavi di fare quando eri bambina?
Non ricordo, non ho mai avuto obiettivi particolari. Tendo molto a seguire l’istinto, quella voce che risuona dentro ciascuno di noi e che dobbiamo essere bravi a sentire perché è quella che ci porta verso le nostre passioni e che ci permette di sfruttare le nostre doti naturali. Tutti abbiamo qualcosa in cui poter eccellere anche se molte persone non riescono a trovare questo qualcosa.
Se non avessi fatto la calciatrice a quale sport avresti voluto dedicarti come professionista?
Fin da piccola ho sempre praticato molto sport: mi piacevano il basket e l’atletica soprattutto. Ma sul calcio non ho mai avuto alcun dubbio.
Qual è il libro che stai leggendo in questo periodo e qual è il tuo genere preferito?
In questo momento sul mio comodino c’è un libro vecchio di Ken Follett. Prediligo le letture semplici e leggo soprattutto i romanzi storici ambientati in epoca greco-romana: mi piacciono perché forniscono dati storici e al tempo stesso riescono a trasportarti in un’epoca di grandi gesta con eroi mitici che credevano fortemente nei loro valori. Ho cominciato a leggere questo genere di libri a scuola, quando la mia insegnante ci affidava le letture obbligatorie. Ho iniziato con Lo scudo di Talos di Valerio Massimo Manfredi e da allora i suoi libri sono diventati i miei preferiti.