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Intervista a Shilpi Somaya Gowda

Shilpi Somaya Gowda
Articolo di
Quando un giornalista si trova a dover intervistare un autore che ha appena esordito con un libro legato a una precisa situazione ambientale, sociale o di cronaca e per giunta alla sua vita privata, corre un grandissimo pericolo. Quello di fare domande scontate. Non perché siano banali, ma perché sono esattamente quelle che l'interlocutore si aspetta e il pubblico pretende, quelle insomma che la situazione ti spinge a porre 'per forza'. A me è capitato qualche volta, e una di queste volte è l'intervista a Shilpi Somaya, che si è trovata costretta a ripetere a me cose che avrà già spiegato a decine e decine di giornalisti e blogger. Approfitto dell'occasione per chiederle scusa, ma del resto le storie a cavallo tra India e Stati Uniti che ha raccontato e racconta a milioni di lettori sono troppo affascinanti per evitarle, troppo ineludibili per non chiederne conto. Sono sicurò che mi perdonerà.

È vero che lo spunto per il tuo primo romanzo La figlia segreta ti è venuto dalla visita a un orfanotrofio indiano? Puoi raccontarci quell'esperienza?

Durante gli anni del college ho ricevuto la borsa di studio Morehead-Cain, che mi ha concesso la straordinaria fortuna di vivere quattro estati di volontariato in giro per il mondo. Durante una di quelle estati ho lavorato in un orfanotrofio di Hyderabad, e lì ho aperto gli occhi sull'esistenza di centinaia di migliaia di bambini dei quali non sapevo nulla, bambini che non hanno voce e dei quali non si parla mai sui media.


La storia che racconti è anche il pretesto per affrontare il drammatico tema della strage delle bambine tramite aborti selettivi (o peggio) in molte zone del mondo, vero?
La discriminazione - in molti casi persecuzione - ai danni delle bambine è evidente se si analizzano i tassi di natalità in India e Cina, ma anche in altri Paesi. Nel 1901 le donne erano 972 ogni 1000 uomini. Nel 2001 il divario era aumentato: 933 ogni 100, nel 2006 927 su 1000 (in Europa la proporzione è di 1050 a 1000), oggi sono scese ancora. In alcuni Stati, Haryana e Punjab per esempio, ci sono solo 861 femmine ogni 1000 maschi. Perché in quei Paesi non vogliono figlie femmine? Semplice: per povertà. «Paga 500 rupie oggi per risparmiarne 50.000 domani» è una frase che si sente ripetere spesso, in India. Mette a confronto il prezzo medio di un'ecografia (500 rupie sono meno di 10 euro) con quello medio di una dote per matrimonio (50.000 rupie sono circa 1000 euro), che una famiglia è tradizionalmente obbligata a consegnare allo sposo. Per evitare l'esborso, fino a qualche decennio fa (e purtroppo il fenomeno non è affatto debellato) si uccidevano o si abbandonavano le neonate, oggi grazie all'ecografia è possibile pianificare aborti selettivi, malgrado siano proibiti per legge. Ho iniziato a riflettere su queste bambine/donne cancellate, a cosa sarebbe potuto succedere loro se non fossero state eliminate.

 

Sarebbe stato possibile scrivere questo libro se non fossi stata madre tu stessa?
No, non sarei mai riuscita nemmeno a concepirlo. Non sarei riuscita a esprimere un'opinione credibile sui miei personaggi, non sarei mai riuscita a immedesimarmi in loro.

 

Quanto senti tua questa distanza culturale che c'è tra chi vive negli usa ma ha le sue radici in altri continenti? Che rapporto hai tu con l'India?
Tutta la mia famiglia eccetto i miei genitori è composta da persone nate e cresciute in India, là c'è la mia seconda casa - anche se non ci vado poi così spesso. Mio marito è indiano, e cerchiamo di mantenere vive le tradizioni della nostra terra anche con le nostre figlie. Non è facile, ma ci proviamo.

 

Che importanza hanno le figure femminili nel tuo romanzo? Quali sono le cose che uniscono Somer e Kavita e quelle che le dividono?
Kavita ha un background molto tradizionale: è analfabeta, non ha potere né scelta, può solo tentare di salvare la vita a sua figlia - una scelta che la perseguiterà per tutta la vita -, lottare per crescere suo figlio, salvare il suo matrimonio. Somer invece è una donna istruita, una professionista, ha un partner che ha scelto lei. Ma si trova a dover gestire il dramma dell'infertilità, un dramma che non si aspettava di dover affrontare, e poi un'adozione, con tutte le difficoltà che ne derivano. Vive sfide diverse da Kavita, per esempio conciliare maternità e lavoro. Sono donne tanto diverse, ma alla fine entrambe si trovano a cercare di fare la stessa cosa: essere buone madri.

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