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Intervista a Simone Berni

Simone Berni
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A Simone mi lega più di una passione. L'attrazione feticista per l'oggetto-libro, l'interesse per alcuni argomenti spesso giudicati mera spazzatura dai bibliofili comme il faut, l'Entomologia (sorpresi, eh?). Era del tutto ovvio quindi che quando i suoi saggi sulla Letteratura e l'editoria hanno cominciato ad uscire io me li divorassi in rapida sequenza. Il top della goduria è arrivato quando questo cacciatore di libri senese ha deciso (più coraggiosamente di quanto non si creda) di divulgare le sue conoscenze, le sue storie, persino i suoi segreti. In quel momento ho capito che non avrei potuto limitarmi a scrivere una recensione, era mio dovere incontrare Berni e intervistarlo. Cosa che è avvenuta puntualmente tra gli stand di una affollata fiera libraria.




Perché proprio un manuale - per quanto non proprio sui generis?
Questo è Berni - Manuale del cacciatore di libri introvabili è la sintesi – e il naturale epilogo – delle mie ricerche sui libri scomparsi, sulle censure editoriali e sul mestiere di “cacciare i libri”. Frutto non solo delle mie personali esperienze, ma genuino concentrato del vissuto di una generazione di “cacciatori”, di indomiti frequentatori di mercatini, di “folli bazzicanti” e serendipici amanti del libro raro. Qualcuno di loro, “divorando” il Manuale, mi ha detto di aver letto un libro che avrebbe voluto scrivere. Mi rendo conto, infatti, di aver dato corpo a varie voci, a varie esperienze che si sono così cristallizzate. Ho scoperto di avere lettori eccezionali. E l’opera sta ancora crescendo.


Avendo lavorato per qualche anno in una libreria antiquaria, ho avuto modo di verificare di persona che gran parte della popolazione nemmeno sospetta l'esistenza del 'giro' del modernariato, del collezionismo delle prime edizioni, dell'acquisto dei libri sui cataloghi spediti per posta etc etc. Secondo te sarebbe necessaria una politica di informazione più profonda su questo aspetto un po' esoterico della bibliofilia o meglio lasciare le cose come stanno per non far aumentare troppo la concorrenza di nuovi cacciatori di libri?
Dunque, io concludo il mio Manuale con un icosalogo, cioè venti leggi ponderate ad uso del cacciatore di libri introvabili. E tra di queste ci sono consigli di “vita libresca” assai poco politicamente corretti. Basti pensare a: Legge n. 3 - Rubate (le idee), fate vostri i desideri degli altri; Legge n. 4 – Tenete impegnati i ‘colleghi’ con ricerche di poco conto. Voi nel frattempo dedicatevi a quelle importanti; Legge n. 7 – I libri si cercano quando nessuno li sta cercando (meglio se nessuno sa di loro). E così via… Se questo è il tono che ho dato al mio ultimo scritto, la risposta alla tua domanda mi pare scontata. È evidente che una maggiore concentrazione dei riflettori sul mondo del collezionismo di libri rari e insoliti, soprattutto nella fascia che io mi ostino a chiamare “bassa bibliofilia”, è un danno più o meno grande che si arreca alla categoria. La legge n. 7 (I libri si cercano quando nessuno li sta cercando; meglio se nessuno sa di loro) si applica benissimo anche a questa situazione. Nel nostro mondo, meno siamo, meglio è per noi. La concorrenza è assolutamente deleteria. Non c’è in noi “bassi bibliofili” un’aspirazione alla comunanza cosmica, Siamo anzi una sorta di agenti segreti inclini all’eremitaggio, che si muove sfruttando i vuoti di potere, i canali intermittenti, il flusso delle informazioni più disparate. E che non urla al mondo la propria presenza. Mi piace però la definizione della mia attività che ha recentemente dato Lucia Di Maio della Libreria Pontremoli di Milano sul Corriere della Sera, “nel senso che sposto l’attenzione [del bibliofilo] su edizioni abitualmente trascurate – se non addirittura sdegnate – dai cosiddetti bibliofili raffinati”. Se questo significhi “sdoganare il trash”, come dice Fabio Bertolo della casa d’aste Bloomsbury di Roma, io non saprei. Ritengo però che della mia presenza il mondo bibliofilo cominci ormai a beneficiarne.


Il tuo Manuale del cacciatore di libri introvabili esce accompagnato da una serie di trovate grafiche ed editoriali: sovraccoperte, edizioni limitate, vere chicche per collezionisti e soprattutto allusioni a libri particolarmente rari. Meta-editoria, insomma: vuoi spiegarci di che si tratta?
Qui mi obblighi a tirare in ballo la piccola ma lodevole casa editrice di Macerata che nel 2004 mi ha “scoperto”. Biblohaus, che qualcuno distrattamente scrive anche Bibliohaus, facendo andare su tutte le furie il suo fondatore, Simone Pasquali. La Biblohaus non vuole i grandi numeri, non rincorre un successo fatto di vendite, bensì di consensi, di considerazione e di rispetto in un ambiente difficile, esigente e a volte perfino snob come quello dei bibliofili. L’idea persistente, il motivo di fondo, è quello di dare al lettore-utente sempre la possibilità di acquistare un libro che non troverebbe altrove. Per il contenuto (autori come Benedetto Croce, Massimo Gatta, Oliviero Diliberto e Roberto Palazzi parlano da soli) ma anche per la veste grafica, per la “confezione”. Ecco quindi l’idea – pienamente condivisa e appoggiata dal sottoscritto – di dare alla luce (per ciascun libro pubblicato) anche un’edizione speciale, a colori e a tiratura limitatissima con una differente copertina. Spesso si tratta di una citazione, di un accostamento culturale, di un tributo. È il caso della copertina del mio Manuale, che riproduce la silhouette del celeberrimo Questo è Cefis di Giorgio Steimetz (Milano, Emi, 1972), libro-bomba e biografia non autorizzata sulla figura del controverso Eugenio Cefis. Libro introvabile per antonomasia. A questa si è aggiunto (in occasione della Fiera della piccola e media editoria di Roma, dicembre 2010) una nuova micro-edizione (15 copie firmate e numerate) con la copertina-citazione dell’edizione fantasma Bompiani de Il tamburo di latta di Günter Grass del 1962, ossia un “libro che non esiste più”. L’opera, infatti, nel 1962 restò in vita “fisicamente” solo per qualche settimana, fino a quando il suo stesso editore, Valentino Bompiani, non decise di ripudiarla. L’intera tiratura fu così distrutta (essendo già stata stampata) e i diritti finirono a Feltrinelli che nello stesso anno farà uscire il volume con il proprio marchio. Tracce rinvenute della fantomatica copertina originale del libro-fantasma Bompiani hanno permesso la creazione di questa vera e propria opera d’arte.


Qual è in assoluto il libro che hai cercato di più? E quello che ti ha dato più piacere trovare? E quello su cui vorresti più di tutti mettere le mani?
Il libro che ho cercato di più è anche quello che sto ancora cercando. Si tratta di Su onda 31 Roma non risponde, di Franco Tabasso; un libro relativamente recente (stampato nel 1957), ma raro e dal pedigree interessante (fu censurato e, almeno in parte, fu un “falso costruito in laboratorio”). Quello che mi ha dato più piacere trovare è una rara edizione di proto-fantascienza (la fantascienza prima di Urania), Il bolide, di Arturo Dei (Pisa, Nistri-Lischi, 1940), che ho trovato dal marito della figlia dell’editore, da poco scomparso, per poi regalare a un caro amico, collezionista specializzato nel genere fantastico.


Qual è la storia più inquietante nella quale ti sei imbattuto mentre andavi a caccia di libri?
Non so se si possa definirla inquietante, ma lo scorso ottobre ho trovato un’edizione fantasma di uno dei più famosi romanzi del Novecento. Per far capire meglio al lettore la portata dell’avvenimento, ci si immagini di fronte a una copia de Il nome della rosa di Umberto Eco in edizione Mondadori. Si tratterebbe, come è logico, di un libro impossibile (visto che Eco è pubblicato da Bompiani). Ma se questo libro insolente e bastardo stesse lì davanti a voi? Magari tra le vostre mani? Potreste forse negare l’evidenza? Di che libro si tratti in realtà non posso ancora dirlo. Mi pare troppo presto per parlarne a cuor leggero. Ma la storia di uno dei più famosi e celebrati romanzi dello scorso secolo potrebbe essere riscritta. La copia che ho trovato è un libro che non esiste. Però c’è.


Da dove nasce la tua passione per i libri maledetti, le tematiche borderline, la controcultura e il complottismo?
Nasce dal timore che la storia che studiamo, quella che ci hanno tramandato e che noi tramanderemo, potrebbe non essere quella vera. Se per un attimo diamo uno sguardo d’assieme alla società italiana dell’ultimo mezzo secolo, un lasso di tempo più che sufficiente per avere comunque riscontri attendibili, noteremo che il lettore, il cittadino, quasi mai ha potuto avere un quadro degli eventi (cioè di quello che stava succedendo attorno a lui) chiaro e delineato. Accadevano fatti inquietanti, stragi, rapimenti, scossoni nel potere, caduta di vecchi gruppi di potere e nascita di nuovi. E se molti di questi avvenimenti erano pachidermici e di ostentata apparenza, altri si sviluppavano in maniera particolarmente sibillina, e in forme sempre meno comprensibili. Come se ciò non bastasse, gli organi d’informazione risultavano sempre più o meno ‘drogati’ dal sistema, annacquati, sterilizzati, attutiti. Le uniche ancore di salvezza, possiamo chiamarle così, erano rappresentate da alcuni libri, o più spesso libriccini, libercoli, opuscoli, che riuscivano a fendere la nebbia dell’ipocrisia e uscivano allo scoperto riportando qualche raro stralcio di verità. Possiamo pure dividerli in due categorie. Nella prima c’erano libri usciti con grande forza d’urto,sollecitati o spalleggiati da potenti forze politiche all’opposizione, e che avevano un impatto solido e duraturo con la realtà che li circondava, creando scandalo, dibattiti, facendo crollare o sorgere legislature. Alla seconda, invece, ascriviamo libri che a malapena bucavano la coltre dell’indifferenza, o meglio, a malapena raggiungevano qualche sparuta libreria e ci soggiornavano – più o meno clandestinamente – qualche settimana. Poi se ne andavano per un viaggio davvero senza ritorno. Di loro si perdeva ogni traccia. Dopo un po’ si poteva anche lecitamente dubitare che fossero mai esistiti. Ecco, questo insieme di considerazioni mi ha spinto e indirizzato verso i libri complottisti, verso le edizioni clandestine e censurate.


Perché alcuni libri sono scomodi, vengono censurati, persino fatti sparire?
Da sempre il potere spegne le voci del dissenso. Questo si attua in quasi ogni circostanza, quasi ad ogni altitudine intellettuale. Nella bassa come nell’alta marea. Ma fino a quando ne esisterà una copia, o si serberà traccia del suo passaggio, un libro sarà vivo. Anche dopo mezzo millennio. Creatura multipla per eccellenza, il libro è una sorta di voce immortale, la cui eco è destinata a infrangersi e ripetersi per valli e montagne in un futuro a noi inimmaginabile.


Nel tuo Il caso Imprimatur ti occupi di un caso davvero insolito di ostracismo editoriale: vuoi spiegare in breve di che si tratta?
Come giustamente fai rilevare, la vicenda ha reso necessario un libro per essere spiegata. Qui posso solamente accennare che un giorno lontano (ma in fondo era solo il 2002) Mondadori pubblica il romanzo di due scrittori esordienti, Rita Monaldi e Francesco Sorti. Oggi quel romanzo ha venduto oltre un milione di copie nel mondo ma in Italia gli autori sono ancora pressoché sconosciuti. La mancata santificazione di un papa della fine del 1600, un povero prete spedito in esilio per “punizione”, il cancro dell’editoria italiana, lo stato più piccolo del mondo. Gli ingredienti per un giallo dei nostri giorni ci sono tutti, non ti pare?


E della tua recente 'escursione' nel campo dell'arte concettuale cosa ci racconti?
L’arte è sempre stato un campo straordinariamente attraente per me. Nonostante ciò, non ho mai avuto doti particolari per il disegno, la pittura o la scultura. Posso dire con assoluta tranquillità di non sapermela cavare in nessuna delle tre cose. L’unica arte che mi si confà è quella concettuale, ossia quel contesto dove ci si immagina qualcosa (l’opera? Chiamiamola così per semplicità di esposizione…) e dove un sogno diventa ben presto pensiero, e il pensiero viene trasmesso a chi è in grado di recepirlo e plasmarlo in materia tangibile. Insomma, l’architetto non costruisce materialmente la casa, ma è la sua idea di casa che alla fine viene elaborata, plasmata e che alla fine nasce e acquista concretezza duratura. Così ho fatto io. La mia prima opera si intitola "Maledizione del bibliofilo". Si tratta di un libro in formato 33x45x35 cm, con copertina in acciaio inox e coltelli, carta plastificata, spago doganale, piombi; manicotti in pelle, guanti in rete di acciaio, catena e lucchetto in acciaio. L’opera presenta 29 lame di acciaio appuntite ed affilate rivolte verso l’esterno; l’agente tossico utilizzato (il diclorodifeniltricloroetano) è confinato all’interno delle pagine del libro interno cartaceo, che sono sigillate da un involucro di carta plastificata, legato con due spaghi doganali (anima di acciaio) e sigilli di piombo recanti il monogramma dell’autore. Fanno parte dell’opera: un paio di manicotti in pelle a protezione degli avambracci; un paio di guanti in maglia di acciaio a protezione delle mani; una mascherina chirurgica a protezione dell’apparato respiratorio; una catena detentiva di acciaio antico con relativo lucchetto. Il libro vero e proprio (cartaceo) è sigillato all’interno dell’involucro di carta plastificata e non è più fruibile. Il libro non può assolvere alle sue funzioni canoniche per l’eccessivo peso (10 kg), la pericolosità esterna (le lame sono estremamente appuntite e affilate), la pericolosità interna (le pagine sono tossiche per essere state impregnate di veleno). Perché tutto questo? L’opera vuole essere una rappresentazione, in chiave metaforica, della figura del bibliofilo. Sì, il bibliofilo, propria quell’individuo che brama il possesso di una rara edizione. La cerca, la insegue per anni come una chimera impossibile e irraggiungibile. E quel giorno che la sua caccia dà finalmente l’esito sperato, e il raro libro arriva tra le sue mani, neanche lo degna di uno sguardo. Lo ripone sul suo scaffale buono, e subito se e dimentica, già pregustando altri obiettivi. Così ho partorito l’idea di un libro che sfugga alle sue regole. Non potrà leggerlo neanche volendo. Chiuso da un lucchetto, con lame che possono uccidere e un veleno da evitare. Ciliegina sulla torta, non potrà neppure riporlo nella sua libreria, la sua forma “sovrumana” lo impedisce. Potrà solo maledirlo.



I libri di Simone Berni