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Intervista a Viktorie Hanišová

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Viktorie arriva all’intervista con figlia, traduttrice e addetta stampa editoriale. Quattro donne meravigliose. Tre di loro – le adulte, ça va sans dire – disponibili, professionali. Quello che mi colpisce di Viktorie è che siccome faccio le domande direttamente a lei in italiano mi sorride comunque, anche se non comprende una sola parola. E non mi sorride per sottolineare quanto sono sciocca dato che mi rivolgo a lei sapendo che non può comprendermi, ma proprio per il contrario, per farmi capire che anche se parliamo lingue differenti le fa comunque piacere che in qualche modo io parli direttamente con lei. Ha un sorriso dolce e gli occhi buoni. E mentre qualche sedia più in là sua figlia colora e disegna dio solo sa cosa, la bravissima traduttrice fa in modo che io dia vita a questa intervista. Viste da fuori noi cinque potremmo sembrare amiche di lunga data che si ritrovano a chiacchierare in un pomeriggio qualunque, sedute in cerchio. Le fiere del libro servono anche a questo, a regalare ai lettori queste impressioni. Impressioni di autunno in questo caso, perché siamo nel bel mezzo del Pisa Book Festival 2022.



Parliamo subito della straordinaria protagonista del tuo romanzo La cercatrice di funghi. Chi è Sára Tichá detta Sisi? Qualcuna che hai conosciuto nella realtà? A chi o cosa ti sei ispirata per dare vita a questo personaggio?
Sára non è una persona reale o esistente, rimane un personaggio inventato, ma possiamo dire anche che ognuno di noi ha incontrato la sua personale Sára, o tante Sára. Per quello che riguarda me è un po’ la somma di tante persone o diverse storie in cui mi sono imbattuta nella mia vita.

Nel tuo libro la malinconia come stato d’animo finisce per diventare quasi qualcosa di palpabile, come se fosse un altro personaggio della storia. È tutto voluto o è semplicemente capitato mentre scrivevi il romanzo?
Un po’ è voluto un po’ è capitato perché la storia di Sára non è quella di una ragazza qualunque. Quello che le è capitato, la sua storia familiare, di fatto le ha impedito di essere sé stessa o di diventare quello che avrebbe potuto o voluto essere. La sua malinconia che impregna tutta la storia, quindi, è lo stato d’animo che si porta dietro ogni ragazza che ha avuto una esistenza come quella della mia protagonista, una malinconia che è anche delusione o rimpianto, e quindi, sì palpabile.

Io ho avuto occasione di attraversare in macchina i boschi della Boemia e ne ricordo ogni particolare del paesaggio, ma tu fai di più, nel tuo libro regali ai lettori anche i profumi e i sapori di quei luoghi. Cosa ti ha portato a questa scrittura “sensoriale”, la tua formazione o la tua indole?
L’intero libro è nato proprio mentre io andavo a funghi e nei miei soliti giri ho messo insieme la storia di questa ragazza, che contiene anche una parte della sua storia di cercatrice di funghi e questa cosa ha fatto sì che io mi mettessi a pensare ai funghi come veri e propri esseri, a volerli studiare meglio. Una cosa cha ha finito per riversarsi inevitabilmente nel libro in quello che può essere considerato, perché no, un percorso dei sensi.

Insieme al tema della Natura, nel tuo romanzo si affronta anche il tema forte e importante delle malattie mentali. È stato difficile scriverne? Scriverne soprattutto in un romanzo “al femminile”?
No, non è stato difficile. La malattia è stata parte del romanzo fin dall’inizio perché non sarei mai riuscita a pensare alla storia di Sára senza questa componente, senza questo tema, perché forse non avrebbe neppure fornito un significato vero al libro, non avrebbe dato un senso a quello che avevo in mente di raccontare. E l’idea era anche quella di aiutare i lettori a capire quanto un trauma come quello subito dalla protagonista possa essere difficile da superare. Quanto possa essere difficile convivere con esso. Sára ce la mette tutta come donna, certo, ma soprattutto come persona.

Hai un posto del cuore dove solitamente ti metti a scrivere o semplicemente a raccogliere le idee?
Io ho cominciato a scrivere quando i miei figli erano piccolissimi. La prima aveva tre anni e i gemelli avevano tre mesi. Questo ha fatto sì che in maniera del tutto anomala mi ritrovassi a scrivere i miei romanzi in luoghi come il parco giochi o il centro commerciale. Questa “palestra” mi ha permesso di non avere un luogo deputato alla scrittura e mi ha concesso la libertà di riuscire a scrivere quasi ovunque. Per quello che riguarda il raccogliere le idee, io purtroppo soffro spesso di insonnia, così le idee migliori capita che mi vengono in piena notte, mentre sono sdraiata a letto con gli occhi spalancati a guardare il soffitto. Ma va bene così.

I LIBRI DI VIKTORIE HANIŠOVÁ