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Intervista a William Dalrymple

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I libri di William Dalrymple sono una miniera di informazioni e di notizie raccontate con una facilità sconcertante, anche se spesso non sono di facile lettura. Affascinato da quest’aura colta, ma soprattutto piacevolmente sorpreso dalla sua grande disponibilità e simpatia, incontro Dalrymple a margine del Festival Letteratura di Mantova 2022, dove ha presentato il suo ultimo lavoro, pubblicato da Adelphi.



I tuoi libri sono saggi storici che spesso prendono la forma dei romanzi, così possono interessare un pubblico molto più vasto degli esperti del settore. Peraltro hai scelto anche un terreno non molto conosciuto in Europa, se non ai lettori di Adelphi che ha pubblicato quasi in contemporanea anche i libri di Peter Hopkirk su argomenti analoghi. Quanto è difficile scrivere di storia? È più importante il piacere della ricerca o l’esigenza di mercato dei libri?
Le mie ricostruzioni storiche si basano su tesi che non hanno nulla di immaginario, la storia non ha una base di immaginazione: fatta questa premessa è vero che io provo a scrivere degli approfondimenti, basati sempre su fonti storiche, soprattutto sulla natura dei fatti e quindi dei protagonisti tali che permettano al lettore di avere una visione più completa, anche se alla fine non sono importanti i protagonisti stessi, ma le storie, i punti di vista, le motivazioni politiche ed economiche. Per questa varietà di temi spesso sono chiamato ad utilizzare anche stili e forme differenti, più adeguate. I lettori vogliono capire e il mio compito è andare al di là delle personalità, perché è necessario spiegare i fatti. Fatti storicamente provati che a volte sono molto più intriganti della fantasia stessa. Se trovo delle fonti che permettono di spiegare dei fatti, raccontare diventa molto più eccitante ed intrigante. Per questo devo scovare e mettere in luce diari, lettere, documenti anche secondari che però hanno un fondamento storico di primaria importanza: i dettagli sono molto importanti. A volte sono anche fortunato nel reperire queste fonti, ma l’obiettivo è sempre offrire una lettura precisa e puntuale della realtà. Nel caso dell’India e della Compagnia delle Indie, che sono l’oggetto del mio Anarchia, è innegabile che nella metà dell’800 l’India era un tesoro che faceva gola, ma è altrettanto innegabile che un terzo delle ricchezze inglesi erano pagate dalle tasse che venivano dal commercio dei beni presenti in India, per cui è chiaro che non si può ignorare la storia di quel Paese in quel periodo, strategica per lo sviluppo dell’occidente stesso. Affermare il contrario significa affermare un falso storico. Per questo motivo, geopolitico ed economico, la storia che si è svolta in India nella metà dell’800 è fondamentale anche per l’Europa e per l’Italia.

Di fatto nei tuoi libri racconti come nasce l’Impero britannico, ma soprattutto come alcune caratteristiche trasversali siano presenti in tutte le epoche: potere, corruzione, capitalismo. Nonostante tutto, sembra che continuiamo a ripetere gli stessi errori: a cosa serve allora studiare la Storia?
Non tutti i capi di governo studiano la storia o la studiano male, oppure l’ignorano. Tony Blair e George Bush hanno favorito l’invasione dell’Afghanistan nel primo decennio del terzo millennio, commettendo gli stessi errori fatti nel 1839, da me ricostruiti e raccontati ne Il ritorno di un re (Adelphi 2015). Purtroppo impariamo la storia per commettere gli stessi errori.

Infine una parola sull’attualità. La morte della regina Elisabetta non è stata proprio ben accolta da tutti: la regina Elisabetta ha oscurato la sanguinaria storia della decolonizzazione, le cui proporzioni e eredità ancora tardano ad essere riconosciute. Mentre gran parte del mondo esprime cordoglio, molti intellettuali o politici soprattutto delle colonie inglesi ricordano le atrocità che rappresenta e nasconde la Corona. Cosa resta oggi dell’impero coloniale inglese?
È vero: molte personalità politiche soprattutto in India ed in Africa hanno ricordato anche le numerose atrocità commesse nei loro Paesi dalla Corona inglese, sono innegabili. Hanno spesso sottolineato che la Regina stessa fosse più interessata alle cerimonie che alla vita dei suoi sudditi. Ma alla fine il mio compito è quello di storico quindi devo raccontare entrambe le versioni, cosa che io penso di fare con molta onestà nei miei libri. Non si deve raccontare solo una parte della storia, si deve fornire una visione d’insieme che aiuti a capire.

I LIBRI DI WILLIAM DALRYMPLE