
Traiano sveste la propria uniforme viola e si immerge nelle terme. Nelle imponenti Terme di Caracalla l’acqua ribolle blu come il mare, riempiendo vasche sterminate. Andrea Bocelli ricorda Pavarotti nel suono di un flauto singhiozzante. Puccini al pianoforte, nota dopo nota, descrive Mimì. Marco Polo, chiuso in prigione, vanta di aver visto gli Yuan mangiare pasta affusolata. Gli avi tornano a fare visita alla voce narrante e le fanno compagnia, la assistono, le mostrano il cammino in un turbine di ricordi e significati. Un susseguirsi di parole, versi, immagini danno forma all’elogio dell’italianità artistica e culturale in un osservatore che proviene da tutt’altra parte del mondo e ne permeano la coscienza e l’afflato artistico. Parole suggestive che celebrano l’Italia e i suoi personaggi di maggior rilievo: Caravaggio, Tiberio, Pavarotti, Allevi, Fabrizio De André, Giacomo Puccini, Giulio Cesare e molti altri. Parole speculari che riempiono la pagina. Lingue diverse che si abbracciano e si riflettono una nell’altra. Il cinese e l’italiano, gli ideogrammi e i grafemi…
È questo ciò che il lettore può trovare in Io e l’Italia, silloge poetica dell’autore cinese Liu Xi, funzionario pubblico originario di Jinan, nella regione dello Shandong. L’opera è del tutto peculiare poiché in grado di coniugare due lingue che apparentemente si pongono agli antipodi. Ogni poesia, infatti, è ripetuta due volte. Su una pagina in cinese e sull’altra in italiano. Le due lingue sembrano quasi osservarsi, specchiarsi l’una nell’altra, completarsi. Il tutto con l’obiettivo di raccontare ciò che va oltre al visibile e cioè, l’amore per una terra, il rispetto per una cultura, i sentimenti, la gratitudine, il senso di appartenenza, l’alterità culturale che sa diventare ricchezza inestimabile. Il poeta scrive, descrive, racconta. Costruisce ricordi e celebra i grandi personaggi della storia italiana passata e presente. Rende omaggio all’italianità. Liu Xi intesse un dialogo col lettore, lo interroga su cosa voglia dire essere italiano, sul grado di amore che lega il cittadino alla sua terra e lo fa con poesie precise che raccontano spaccati di storia italiana. I componimenti lirici dell’autore cinese non ricercano quel senso di musicalità tanto caro alla poesia. Non vi sono rime, ricerca linguistica a tutti i costi, virtuosismi. Vi è solo il desiderio di mettere su carta la propria ammirazione per l’Italia e i suoi personaggi. Vi è solo l’intento di rendere omaggio alla patria dei più grandi artisti e personaggi della cultura occidentale. E se, in realtà, un pizzico di assonanza linguistica e di melodia avrebbe probabilmente accentuato l’effetto poetico e reso più agevolmente fruibili questi scritti, non può certo dirsi che trattasi di opera non riuscita nel suo intento. Queste poesie raccontano un amore, quello per l’italianità, che sorprende in quanto narrato da un poeta cinese, appartenente a una cultura profondamente diversa dalla nostra. Ed è bello vedere la propria terra con gli occhi di un altro. È forse questo il più grande merito di questa raccolta poetica: consentire al lettore nostrano di vedersi da punti di vista inediti. Un esperimento, dunque, notevolmente interessante che merita di essere scoperto.