
Santiago Ramiro Rodriguez è stato una grande promessa del calcio uruguaiano, ma ormai è arrivato a fine carriera e il soprannome con cui è noto nell’ambiente, il Gordo, è tutto un programma. Quando aveva vent’anni ha giocato per tre stagioni nel Cagliari, che poi lo ha venduto al Barcellona per una montagna di soldi. Da quel momento è iniziata rapida la traiettoria discendente tra vizi, alcol, notti passate nei bordelli e giornate perse a scommettere alle corse. A furia di “cavalli lenti e donne veloci” il Gordo ha buttato tutto alle ortiche, soldi, talento, carriera e ora si ritrova a farsi mantenere dalla sua terza moglie e dalla suocera, cercando al tempo stesso di non farsi trovare dagli scagnozzi del Carnicero (il Macellaio), un biscazziere che vuole a tutti i costi fargli pagare i suoi debiti di gioco. Eppure il destino sta per offrire al Gordo un’ultima possibilità: un ingaggio proprio presso il Cagliari, da dove la sua carriera era partita. Il direttore sportivo Firicano ha infatti deciso di puntare tutto su di lui, certo che questo sarà il colpo ad effetto in grado di rimettere in sesto le sorti della squadra, nonostante il parere contrario dell’allenatore. Tornato nella sua isla bonita, il Gordo è pronto a regalare ai suoi tifosi gli ultimi sprazzi del suo genio, anche se la stagione si annuncia molto tormentata...
Isla Bonita è il libro di esordio di Nicola Muscas ed è un romanzo davvero riuscito, nel quale i toni comici si mescolano a quelli più intimisti in un ritmo di continue alternanze che ricorda da vicino le fasi, e i capovolgimenti di fronte, tipici delle migliori partite di calcio. La squadra di personaggi che Muscas ha messo insieme ha tutte le caratteristiche di un gruppo vincente: si va dal dottor Morelli, tanto a suo agio nel curare i muscoli dei campioni quanto incapace di prendere le decisioni che riguardano la sua vita, all’addetto stampa Aresu, che ancora si accende nel raccontare le gesta di Gigi Riva, passando per Laura, una giovane e ambiziosa giornalista che deve fare i conti con il maschilismo tipico dell’ambiente calcistico e per l’allenatore Tagliaferro, profeta del catenaccio costretto a convivere con un campione che rappresenta la nemesi di tutte le sue convinzioni tattiche. Su tutti, oltre al Gordo, svetta poi la figura di Firicano, per metà farabutto e per metà lupo di mare in grado di mettere a segno la zampata decisiva, donnaiolo e cocainomane impenitente e al tempo stesso abitato da una profonda vena melanconica, uno di quei classici caratteri larger than life a cui non è proprio possibile non affezionarsi.