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Keffaya - È ora di finirla

Keffaya - È ora di finirla

Vanni Ossarg è l’inviato speciale di uno dei principali quotidiani italiani. Quando - appena giunto al checkpoint di ingresso a Hebron, città simbolo dell’eterno conflitto tra israeliani e palestinesi - legge il cartello di benvenuto pensa che si possa fare di più senza essere eroi. “State entrando in una zona molto pericolosa in cui le vostre vite possono essere a rischio”. Cominciamo bene… È venuta Helga, padre italiano e madre norvegese, da anni collaboratrice dell’UNRWA, l'Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l'Occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente, a prenderlo all’aeroporto di Tel Aviv, per accompagnarlo a un’iniziativa che ha organizzato e cui tiene molto: un incontro per avvicinare i due popoli attraverso le parole di due dissidenti. Ma è solo l’inizio…

Ha una prosa molto semplice e non particolarmente originale questo romanzo, che dà l’impressione di non volere o non sapere o non riuscire a scavare oltre la superficie. Al tempo stesso, si legge con piacere proprio per la sua estrema linearità. E in realtà l’annoso e penoso conflitto che ormai da troppo tempo dilania Israele e Palestina, costringendo gli abitanti di quelle terre a vivere sempre come in equilibrio su un filo sottilissimo, è un puro e semplice pretesto. Come la nota suonata dal diapason che fa sì che tutti gli strumenti si accordino e suonino bene, è la scintilla d’accensione per cercare di affrontare il vero problema, ossia la responsabilità nei conflitti dell’uomo, della sua natura intrinsecamente avida. Non mancano intrighi, quotidianità o misteri in questo romanzo, che non giudica. Ognuno ha le sue colpe, e le proprie responsabilità.