
Jess, giovane antropologa ventenne, insidiata dal proprio mentore, si ritrova incinta a crescere la piccola Anna da donna single nella Londra degli anni Sessanta. Jess rinuncia ai suoi amati viaggi e interrompe la sua ascendente carriera, passando da “antropologa per inclinazione ad antropologa da poltrona” e riducendosi a scrivere degli articoli per delle riviste specializzate e ad impegnarsi in piccole docenze. Come definita da Eleanor, vicina di casa fin dall’infanzia, Anna si rivela appartenente a quella categoria di bambini felici, sempre sorridenti agli estranei, la cui radiosità è destinata a durare nel tempo e nelle circostanze. Ma la sua bontà naturale, l’inclinazione alla generosità e l’entusiasmo nel partecipare alle attività mascherano una mancanza di abilità e dei problemi cognitivi di cui inizialmente solo la madre si accorge e di cui progressivamente diventa esperta, convogliando la sua passione per la materia antropologica in una ricerca ossessiva per lo studio delle disabilità mentali. Così Anna cresce in mezzo alle persone che Jess accuratamente sceglie, particolarmente attente alla fragilità e alla sensibilità della figlia, da, un lato, cercando di plasmare un ambiente genuino e sicuro, dall’altro scontrandosi con la mentalità comune e, soprattutto, con tutte le falle di un sistema completamente inadeguato ad accogliere la bambina d’oro puro…
Seppur faticoso nella lettura, perché fin troppo ricco di particolari sulla vita e sulle abitudini di vita di madre e figlia, il romanzo di Margaret Drabble appare unico per la storia che si propone di narrare. Protagonista è il forte legame tra Anna e Jess, spesso umanamente in difficoltà a conciliare da un lato la tendenza a proteggere la figlia da un mondo che non è oggettivamente pronto a prendersi cura di esigenze diverse e, dall’altro, la costante paura di emarginarla e renderla troppo dipendente da lei con questo atteggiamento conservativo. Invero, sebbene dalla voce fuori campo di Eleanor il conflitto interiore di Jess emerga chiaramente, la narratrice non ha mai la pretesa di essere portatrice dei pensieri intimi dell’amica, ma semplicemente di testimoniare le vicissitudini di Jess e del vicinato, fatti di persone con storie dolorose e con problemi oggettivamente più gravi; al più, il racconto alterna fatti cui Eleanor ha assistito a ipotesi su come altri si sono svolti o su come certi pensieri hanno fatto breccia nella mente di Jess. Risulta apprezzabile, malgrado incompiuto, il tentativo di inquadrare la vicenda nel contesto storico, con particolare riferimento alla questione dei manicomi e della malattia mentale negli anni Sessanta, riducendosi, però, rispettivamente ad un’enucleazione legislativa e ad una descrizione delle varie teorie scientifiche. La narrazione è lenta, soprattutto all’inizio nella descrizione della nascita e dell’infanzia, per poi diventare incalzante, arrivando a soffermarsi correttamente solo sui momenti più decisivi aventi ad oggetto come fil rouge la fedeltà di Jess alla sua vocazione materna attraverso il tempo e le circostanze.