
“Pensaci. Un mondo senza i cellulari, MTV, la playstation, nemmeno il fax! Un mondo che non ha mai sentito parlare della principessa Diana o di Tony Blair, non ha mai pensato neanche per un attimo di andare a combattere in Kosovo o in Iraq. A quei tempi in tv c’erano soltanto tre canali. Tre! E i sindacati erano tanto potenti che se volevano potevano bloccarne uno per una giornata intera. A volte la gente doveva anche fare a meno dell’elettricità. Immagina!” Inghilterra, 1973. In un liceo privato di Birmingham, il King William’s, frequentato di solito da rampolli dell’alta borghesia britannica ma ultimamente anche da qualche figlio di piccolo-borghesi, i destini di un gruppo di ragazzi, di amici, si intrecciano inestricabilmente: Benjamin Trotter inizia proprio in quell’anno a scoprire il mondo della musica, strimpellando alla chitarra ambiziosi brani di sua composizione tra il progressive e la musica tradizionale e sognando di conquistare così la ragazza che gli piace da matti; intanto sua sorella Lois conosce un ragazzo tramite un annuncio su una rivista di musica e se ne innamora perdutamente, ma la sera in cui lui decide di chiederle di sposarlo un destino orrendo – sotto forma di una bomba dell’IRA – è in agguato. Il ribelle e scanzonato Harding invece, terrore degli insegnanti per i suoi scherzi crudeli e la sua ironia durante le interrogazioni, è desiderato da metà delle ragazze della scuola. Duggie Anderton ha un padre sindacalista che ha una relazione con una ragazzina di nome Miriam ed è ricattato da alcuni colleghi di lavoro che l’hanno scoperto e minacciano di spifferare tutto a sua moglie. Philip Chase sogna di diventare giornalista, e non sa che sua madre riceve lettere d’amore da parte del suo professore d’Arte, che l’ha incontrata per la prima volta durante l’ora di ricevimento dei genitori...
Con questo progetto pensato già in partenza per essere declinato in due romanzi (e del resto un sequel pare già implicito in alcune sottotrame lasciate in sospeso: la scomparsa di Miriam, per dirne una) Jonathan Coe azzecca il suo capolavoro, uno di quei libri che già lo sai, lo senti che anche con una intera carriera davanti non ne scriverai di così belli. Un romanzo di formazione, dicono alcuni. Un affresco storico, giurano altri. Le allusioni alla cronaca politica inglese (lotte sindacali dei minatori in primis) e ai sommovimenti culturali e artistici (il tramonto del progressive, l’alba del punk) dell’epoca si rincorrono con ritmo da fumetto (quello d’autore, s’intende) e si sommano alle descrizioni nostalgiche di dinamiche adolescenziali che riassumono in loro qualsiasi interazione umana, nutrendosi di contrasti: una moglie inquieta che consulta un vocabolario sotto il naso del marito per decifrare le parolone appassionate di una lettera d’amore segreta indirizzata a lei, ma anche una coppia di teenager innamorati che vengono dilaniati da una bomba. Insomma si piange e si ride, senza soluzione di continuità, e a volte senza nemmeno una logica, fuori sincrono con le atmosfere e gli avvenimenti. Del resto non è proprio così che succede nella vita vera?