
Anna, sola con il figlio Luca per qualche giorno, è ben decisa a dimostrare soprattutto a se stessa che è perfettamente in grado di gestire casa, lavoro, figlio e familiari vari senza che nessuno – ok, senza che il marito - debba preoccuparsi. La troviamo mentre discute con Giuditta, severissima nello spingerla a essere meno impulsiva e ad accettare che fare un errore, uno qualsiasi, non equivale ad aver fallito. Compito non semplicissimo vista la quasi patologica propensione di Anna a pensare che se si distraesse un momento il mondo potrebbe cadere e sarebbe solo colpa sua. Si stanno salutando con la promessa che almeno una volta al mese si rivedranno quando in agenzia entrano Cantoni, Tonino e Otto, rispettivamente capo, collega e cane (un alano arlecchino). Cantoni - con un malumore tanto immotivato quanto evidente - fa una delle sue sfuriate sicché Tonino per andarsene dice che porterà lui Giuditta al rettilario. Sì, perché la psicanalista, pur bravissima, è una rana toro da mezzo chilo. Otto segue Tonino e Anna invece si ripromette di psicoanalizzare il capo e lo lascia a brontolare per andare a recuperare Luca dai nonni. Sono i primi giorni di dicembre e da quando è nato, ogni anno nello stesso periodo, il piccolo si fa qualche giorno di forte raffreddore e un po’ di febbre, ragion per cui non è a scuola. Andare dai suoi – ama nonna Caterina come una seconda madre – è sempre un mix di gioia e dolore, vedere suo padre consumarsi senza poter far nulla che non sia finta di niente è estremamente difficile, ma una volta preso Luca, che ha recuperato in toto la salute, riesce a non pensarci troppo e si prepara ad affrontare la serata: cena, lavatrici e magari un attimo di riposo. In casa però la aspettano le rimostranze delle sue due tartarughe, che pretendono un cambio d’acqua della loro vasca, un ficus ribelle, un’erbaccia saggia e Banzai, il gatto filosofo che la sgrida bonariamente dopo averle occupato il letto. Sopravvissuta alla serata con annessa telefonata del marito in trasferta, il giorno dopo Anna riporta Luca a scuola e va in agenzia, dove si presenta una donna che non crede alla versione secondo cui la sua anziana zia sarebbe stata uccisa da una banda di rapinatori e chiede di investigare sulla sua famiglia, è certa che la zia in realtà sia morta per mano di un parente...
Ha dell’incredibile come leggendo i romanzi della Savioli capiti di girarsi verso il pothus e avere l’impressione di sentire una vocina ricordarti che in quanto vegetale, ha bisogno di acqua e non di sola aria. Così come ti vedi mentre, esattamente come Anna, ti affanni per arrivare puntuale in ufficio fare la spesa stendere i panni prendere i figli a scuola tentando di far credere al mondo che non ti costa nessuna fatica. Eppure - complici le discussioni della protagonista con le piante, gli animali e se stessa (che no, non sono magia ma lo strano effetto residuo di una piccola ischemia) - tutto diventa leggero, anche l’efferato omicidio di un’anziana. E voglio vedervi a restare seri quando un geco palesemente sociopatico che raggiunge al massimo i 10 cm si autoaccusa di averla uccisa con un colpo d’ascia o avvisa tutti di non dormire perché nella notte potrebbe scatenarsi e fare una carneficina. Dice: “Sì, ma così sono capaci tutti”. A parte il fatto che non è vero, perché dar pensieri e voce a delle creature così non è affatto semplice, come non lo è, visto che la Savioli non nasce giallista, inventarsi trame senza buchi. Ancora una volta riesce a far sentire tutta la fatica e a far sembrare semplice qualcosa che invece la maggior parte della gente trova difficilissimo. Affrontare tutto applicando la compassione, nel senso letterale, rispettare tutto e tutti partecipando con passione alle loro vite. Metterci un sorriso al posto di una lamentela e, a costo di fare qualche casino, tentare di proteggere le persone che si hanno vicino e non solo. Probabilmente è vero che non si smette mai di crescere, perché parallelamente al diventare grande dell’autrice cresce anche la sua protagonista. Annarella, vuoi perché il tempo passa e rende saggi, vuoi per quel “dono” che le permette di parlare ma soprattutto ascoltare piante fiori e animali, sta imparando ad affrontare la vita con un pochino più di leggerezza, la temporanea solitudine, l’accettazione che il padre non vincerà sulla malattia, il chiedere. È una delle cose più difficili da imparare, chiedere aiuto. E imparare che non sempre il nostro aiuto è indispensabile, che cambiare punto di vista è faticoso ma molto salutare. Vi sfido a non innamorarvi perdutamente di Jasoneh, del coniglio da sgabuzzino e degli algidi occhi d’oro di Luna, lupa cecoslovacca di cui si innamora Otto. Magari non dei ratti e delle gazze, ma di sicuro troverete irresistibili anche loro.