
Il primo marzo 1815 Napoleone Bonaparte sbarca sulle coste francesi meridionali. È appena fuggito dall’esilio dell’isola d’Elba. Il suo ritorno in Francia registra prima l’incredulità, poi lo sconcerto e la paura dei plenipotenziari riuniti a Vienna per il Congresso. Subito si fa strada il convincimento che con l’Imperatore non si possa trattare, per questo vengono cassate le sue proposte di pace. Inghilterra, Austria, Prussia e Russia, al contrario, si coalizzano per chiudere una volta per tutte i conti con Napoleone. È ancora la guerra. Teatro dello scontro bellico diventa inevitabilmente il Belgio, dove si posizionano gli eserciti inglese del duca di Wellington e prussiano del feldmaresciallo von Blücher, per controllare il confine francese e gli spostamenti delle truppe de l’Empereur. È qui che nel mese di giugno iniziano le operazioni militari che porteranno alla battaglia di Waterloo, a pochi chilometri da Bruxelles. Nella mente di Napoleone comincia a delinearsi il piano d’azione decisivo. Il suo intento è di attaccare separatamente i due eserciti alleati, sa che la sua grande armée è superiore sia a quella inglese sia a quella prussiana, se prese individualmente, ma che le due insieme possono fare molto male. Ostenta ottimismo, ai suoi generali dichiara che la vittoria sugli inglesi “sarà facile come fare colazione”. Dietro tale sicurezza non si vede però più l’uomo d’un tempo: è ingrassato, si affatica a stare a cavallo, sembra non avere più quell’intuito tattico che l’aveva reso famoso. Il 18 giugno 1815 ha inizio la battaglia di Waterloo, con le sue incognite, le manovre delle truppe, gli ordini dei comandanti, le avanzate e le ritirate. Nessuno sa come andrà a finire...
Tutti noi abbiamo appreso dai manuali scolastici di storia l’esito di Waterloo, ma non abbiamo mai saputo come andarono esattamente i fatti nella landa belga, che risultarono determinanti per il successivo corso della storia europea. Alessandro Barbero, docente universitario di Storia medievale, esperto di questioni militari, oltre che romanziere, narra in presa diretta che cosa fu Waterloo. Non si limita solo a raccontare le operazioni belliche, tecnicamente la “battaglia”, ma descrive con precisione le strategie adottate, le caratteristiche dei diversi eserciti, le formazioni dei battaglioni, la quotidianità di ufficiali e soldati. La battaglia è un saggio sull’”arte della guerra”, su come era considerata e soprattutto condotta tra ‘700 e ‘800. Ne viene fuori una rappresentazione tragica: il palcoscenico è Waterloo, i protagonisti il “divino” Napoleone, la cui genialità bellica è vista come dono soprannaturale, il duca di Wellington, prudente e ambizioso, il feldmaresciallo von Blücher, ormai in là negli anni ma militare esperto. Dietro loro le comparse: ufficiali, sottufficiali e poi la “carne da cannone”, quei soldati mandati senza tante remore al macello. Barbero alterna allo stile storiografico, rigoroso e minuzioso, quello cronachistico, riportando diverse testimonianze dei partecipanti a Waterloo, le congetture che si fecero dopo la sconfitta napoleonica su colpe e meriti, fornendo brevi ma fulminanti cenni biografici su ufficiali e soldati che illuminano su caratteri e stati d’animo. Così il lettore è calato dentro l’evento, come se fosse spettatore dei fatti. Emerge una ricostruzione storica attenta e possente, che evita la freddezza che spesso caratterizza le opere storiografiche, anzi si presenta viva e palpitante, ricreando l’atmosfera e lo spirito dell’epoca. Un modo questo di scrivere la storia che risulta moderno e appassionato, metodologicamente coerente e di grande forza narrativa. La battaglia è sì un saggio, ma può essere letto benissimo come un romanzo.
Tutti noi abbiamo appreso dai manuali scolastici di storia l’esito di Waterloo, ma non abbiamo mai saputo come andarono esattamente i fatti nella landa belga, che risultarono determinanti per il successivo corso della storia europea. Alessandro Barbero, docente universitario di Storia medievale, esperto di questioni militari, oltre che romanziere, narra in presa diretta che cosa fu Waterloo. Non si limita solo a raccontare le operazioni belliche, tecnicamente la “battaglia”, ma descrive con precisione le strategie adottate, le caratteristiche dei diversi eserciti, le formazioni dei battaglioni, la quotidianità di ufficiali e soldati. La battaglia è un saggio sull’”arte della guerra”, su come era considerata e soprattutto condotta tra ‘700 e ‘800. Ne viene fuori una rappresentazione tragica: il palcoscenico è Waterloo, i protagonisti il “divino” Napoleone, la cui genialità bellica è vista come dono soprannaturale, il duca di Wellington, prudente e ambizioso, il feldmaresciallo von Blücher, ormai in là negli anni ma militare esperto. Dietro loro le comparse: ufficiali, sottufficiali e poi la “carne da cannone”, quei soldati mandati senza tante remore al macello. Barbero alterna allo stile storiografico, rigoroso e minuzioso, quello cronachistico, riportando diverse testimonianze dei partecipanti a Waterloo, le congetture che si fecero dopo la sconfitta napoleonica su colpe e meriti, fornendo brevi ma fulminanti cenni biografici su ufficiali e soldati che illuminano su caratteri e stati d’animo. Così il lettore è calato dentro l’evento, come se fosse spettatore dei fatti. Emerge una ricostruzione storica attenta e possente, che evita la freddezza che spesso caratterizza le opere storiografiche, anzi si presenta viva e palpitante, ricreando l’atmosfera e lo spirito dell’epoca. Un modo questo di scrivere la storia che risulta moderno e appassionato, metodologicamente coerente e di grande forza narrativa. La battaglia è sì un saggio, ma può essere letto benissimo come un romanzo.