
Appena entrato in camera da letto lo vede. Un uomo sulla trentina, con capelli scuri, un rivolo di bava schiumosa ai lati della bocca, disteso sul letto. Tutt’intorno a lui aleggia un odore pungente di mandorle amare. L’ispettore Corell fa qualche passo, sufficiente a scorgere la mezza mela appoggiata sul comodino. Si chiede che ci faccia quel frutto adagiato vicino al cadavere di un uomo atletico ma dal torace quasi femmineo, che pare soltanto essersi finalmente assopito dopo una brutta nottata. Che abbia morso la mela e poi si sia semplicemente addormentato, come nella favola di Biancaneve? Naturalmente no. E Corell, giovane ispettore sagace e di belle speranze (finora disattese), avrebbe dovuto capire subito che non è così, che quell’odore nauseabondo è dovuto al cianuro in cui è stata immersa la mela. I cadavere di fronte a lui ‒ lo scoprirà presto ‒ è quello di un uomo dalla mente geniale e forse per questo incompreso da molti. Uscendo dalla stanza Corell non può che chiedersi se Alan Turing si sia davvero suicidato come tutto lascia intuire…
L’indagine condotta da Leonard Corell diventa il pretesto per raccontare di un matematico brillante, troppo brillante ‒ anche questa è una ‘colpa’ ma non la più grave ‒, che quell’8 giugno del 1954 viene trovato morto in casa sua. Quel matematico è Alan Turing, eminente accademico di Cambridge, il cui ruolo durante la Seconda guerra mondiale è rimasto e rimarrà segreto ancora a lungo. Di lui si sa solo che era omosessuale e che per questa sua “devianza” o perversione, come allora era giudicata, è stato arrestato e costretto alla castrazione chimica. Ma Corell non ci mette molto a capire che Turing era ben altro, ovvero una mente illuminata capace di immaginare macchine pensanti e decifrare l’impenetrabile Enigma, il padre putativo di quelli che oggi chiamiamo computer. Dopo il film di successo uscito nel 2014 ‒ The imitation game, adattamento della biografia scritta da Andrew Hodges che ha definitivamente riesumato da un colpevole oblio la figura del matematico inglese ‒, il giornalista e scrittore svedese David Lagercrantz fonde memoir e noir in un volume di spessore, assai distante dalla spensierata biografia del calciatore Ibrahimović scritta qualche anno fa. Il materiale umano c’è tutto, i contorni della vicenda appaiono da subito poco chiari e i vuoti da colmare sono per lo scrittore un invito a nozze che non si lascia sfuggire. Conosciamo Turing attraverso gli occhi di Corell, un genio riscoperto da un uomo che si sente incompleto e insoddisfatto, incapace di cogliere le occasioni inattese ma non stavolta, la passione per i numeri avvicina il colto piedipiatti all’ingegno della vittima, e tutta l’indagine potrebbe rivelarsi anche un viaggio alla scoperta di se stesso.