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La casa delle donne

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India, 1933. Ora che la zia Abida si è trasferita nella stanza degli ospiti, poco distante dalla camera dove dorme suo padre, Laila capisce che al nonno Baba Jan non resta molto da vivere. Sono circa tre mesi che il nonno non sta bene e l’aria malata che si diffonde tra le stanze della casa diventa ogni giorno più opprimente. La zia Abida se ne sta chiusa nel suo silenzio, mentre la zia Majida piange e prega senza sosta. I domestici litigano tra loro sempre meno, i servitori conversano a bassa voce mentre i giardinieri e il lavandaio bevono meno e non cantano più al ritmo del tamburo. Gli ospiti sussurrano quando parlano tra loro, come se temessero di svegliare qualcuno che dorme nella stanza accanto. Laila e sua cugina Zahra sono spaventate e insicure, senza alcuno strumento di difesa contro l’angoscia che le attanaglia, ingombrante come il peso della loro adolescenza. Laila, senza controllo a difesa dei libri di Baba Jan, si sente autorizzata a leggere più del solito, incurante delle osservazioni della tata che l’ha svezzata, Hakiman Bua, che le suggerisce di far riposare gli occhi, di staccarsi dai libri e di prendere a modello il comportamento di Zahra, che prega cinque volte al giorno, legge il Corano un’ora ogni mattina e sa cucire, far di conto e lavorare a maglia. Il suo comportamento, quindi, è impeccabile per chi desideri essere richiesta in moglie. Solo se Laila adotterà lo stesso stile di vita della cugina potrà essere certa che ogni donna vorrà averla come nuora e darla in moglie ai propri figli. Laila ha quindici anni. Li compie proprio oggi, in uno dei giorni tristi in cui si ha la consapevolezza che la vita di Baba Jan sia vicina al termine. Solo Laila, a dire il vero, si ricorda del suo compleanno. Se entra in argomento con la zia Abida, che l’ha cresciuta al posto dei suoi genitori, la donna si limita a qualche commento su quanto rapidamente sia trascorso il tempo…

Pubblicato per la prima volta nel 1961 e ambientato nell’India degli anni Trenta del secolo scorso, il romanzo di Attia Hosain – romanziera indiano-britannica, fu tra le prime donne a laurearsi all’università della sua città e ad aderire al movimento femminista indiano. Trasferitasi nel Regno Unito nel 1947, lavorò a lungo come giornalista e autrice televisiva – è attualissimo, perché i temi trattati continuano a essere motivo di speranza e lotta anche per le donne del Ventunesimo secolo. Laila è una figura eccentrica tra i confini della realtà in cui vive, perché preferisce l’odore della carta stampata e il frusciare delle pagine dei libri al chiacchiericcio di chi abita con lei e ai desideri che animano il cuore delle sue coetanee: diventare spose felici e madri amorevoli. Laila non ci sta. Sa che matrimonio spesso fa rima con sottomissione; sa che affrancarsi dallo stile di vita che ci si aspetta da chi appartiene alla sua casta significa lottare strenuamente per un’indipendenza che nessuno le riconosce; sa che le sue eroine di carta le hanno permesso di conoscere un mondo diverso da quello che abita, una realtà alla quale aspirare ma a cui sarà molto difficile accedere. Laila è una figura giovane, ma matura e modernissima: vuole costruire con le proprie mani il suo destino ed è disposta a rinunciare a qualunque privilegio in nome di quella libertà che può permetterle, tra le altre cose, di amare chi vuole, anche un ragazzo appartenente a una casta inferiore, rispetto a quella da cui proviene lei. Attraverso lo sguardo della protagonista, la Hosain consente al lettore di conoscere una quotidianità fatta di preghiere, isolamento e regole rigide che sono le sbarre – dorate certo, ma vincolanti e limitanti – di una gabbia all’interno della quale la donna deve restare confinata, senza possibilità di ribellarsi e, quindi, senza speranze né sogni. La lotta per affermare la propria indipendenza, la facoltà di operare scelte, il diritto alla libertà di pensiero e azione, sono facce di una moneta antica come il mondo, ma purtroppo non ancora fuori corso. Il ritratto intenso di un personaggio forte e determinato; una storia di indipendenza a tutto tondo, calata nello specifico nell’affascinante mondo orientale, ma universale e bellissima. Un libro da leggere.