
Turchia. Ottobre 1980. Elif cammina per le strade di Bostancı con Hasan. Dopo aver superato gli uomini in divisa che girovagano svogliatamente per la piazza, i giovani innamorati giungono sugli scogli e cominciano a parlare del loro futuro. Stretti in un abbraccio, sentono arrivare dalla strada un trambusto, segno che il Dittatore sta passando. Il padre di Elif, Jemal – storico farmacista amato e rispettato da tutto il quartiere – è in prigione perché dissidente politico. Hasan tranquillizza Elif e le promette che tutto tornerà come prima. Nel frattempo, a Yedikule, Sema dai capelli color del miele e sua madre Guljan sono intente a raccogliere erbe selvatiche da rivendere al mercato. Dopo la morte di suo padre, Sema ha dovuto abbandonare la scuola e per questo motivo la madre non si dà pace: senza istruzione che futuro potrà mai avere sua figlia? Nella bottega di Artin l’artigiano, il giovane e silenzioso Salih assorbe i segreti della falegnameria e pensa a Sema e alla famiglia a cui deve provvedere con le sue sole forze. Artin vuole adottare Salih e cedergli la bottega con appartamento sovrastante. Per ragioni di muto orgoglio, la proposta non trova risposta e cade nella silenziosa operosità dei due falegnami. Hasan, musicista, legge il diario di suo padre morto di cirrosi, e ripensa a sua madre che lo ha abbandonato quando era piccolissimo, al profumo di lei. Sta per partire per la Francia dove approfondirà lo studio del violino. Prima di partire, si reca a salutare il capitano Ismail, vecchio lupo di mare che vive in un palazzo fatiscente. Le vite di questi giovani turchi, delle loro famiglie e amicizie si intrecciano e si separano sullo sfondo del colpo di Stato militare del 1980 e dei decenni successivi…
Pinar Selek scrive una storia di orfananza, di resilienza, di generazioni a confronto che dialogano e spesso si scontrano su questioni di vita e di politica, con gli adulti che tentano di spiegare i rischi della cosiddetta “resistenza armata” ai giovani, i quali, con sguardo forse troppo romantico, desiderano essere parte attiva nel processo di cambiamento e rivoluzione. Istanbul e i suoi quartieri sono un vero e proprio melting pot di culture, religioni e tradizioni. Così, se il giovane Salih parla quasi esclusivamente in curdo con sua madre e la sua famiglia, il pescivendolo greco è intimo amico del falegname Artin d’origine armena come armeno è Rafi, il giovane suonatore di duduk che Hasan il violinista incontra a Parigi. Perché c’è anche la musica in questa storia, da sempre linguaggio universale capace di unire i popoli, così come il cibo. Con La casa sul Bosforo, il lettore non compie solo un viaggio tra i quartieri di Yedikule e Ataköy – evocati grazie agli orti, ai giardini da tè, alle stradine acciottolate che conducono agli scogli – ma anche un viaggio tra i sapori con il tè, i caffè da cui leggere i fondi, i pasti frugali a base di pomodori, melanzane, riso, ceci. In questo romanzo, il cibo è sempre occasione di convivialità e finanche di solidarietà, solidarietà che va a sostegno dell’amore e del calore della famiglia che talvolta non sono sufficienti. Una malinconica tenerezza affiora tra le righe del romanzo ed è facile intuire quanto l’autrice abbia messo di sé nei personaggi della rivoluzionaria Elif e del padre farmacista Jemal. Nata in una famiglia di sinistra – suo nonno fu il cofondatore del Partito dei lavoratori Turchi mentre suo padre, avvocato e difensore dei diritti dell’uomo, passò quattro anni di prigionia dopo il Colpo di Stato del 1980 – Pinar Selek, che dal 2009 vive in esilio in Francia dopo aver subito in patria torture da parte della polizia per sospetta complicità con il PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan), è scrittrice, sociologa e attivista per i diritti delle minoranze oppresse quali donne, bambini di strada, omosessuali, transessuali.