
Il vicequestore Scarano è preoccupato. Mattia Lanza, il giallista di successo al quale ha fatto da consulente per un romanzo, lo ha chiamato sul suo numero personale farfugliando. Scarano all’inizio non capiva, però quando ha sentito “Sono morti, sono tutti morti” è rientrato in modalità poliziotto e - chiamata una volante - si è recato sul posto. Lanza è appoggiato a un muro, sporco del sangue di sua moglie e i suoi figli, i cui corpi sono letteralmente accatastati sul pavimento a pochi metri. Scarano è sicuro che Lanza dica la verità quando afferma di essere rientrato e averli trovati così, ma non è certo che il procuratore Gatti, che conosce altrettanto bene, accetterà la versione dell’uomo. E non si sbaglia. Gatti è certo invece che sia stato proprio Lanza a sterminare la sua famiglia e decide che con le buone o con le cattive lo costringerà a confessare... Due anni dopo Mattia si sente pronto almeno a tentare di ricominciare a vivere e scrivere. La sua agente Giulia ha affittato una casa al mare organizzando tutto affinché lui possa concentrarti solo sul lavoro senza preoccuparsi neanche di fare la spesa. Penserà del personale compreso nel prezzo alle pulizie, al cibo e a quanto necessario. Oltre che l’ispirazione, Giulia spera anche che l’uomo ritrovi l’interesse verso di lei. La casa è splendida, con poche alte ville accanto, una discesa a mare privata e tutta la pace che serve. Si accorgono che mancano alcune cose e Giulia spedisce il marito ad acquistarle approfittando del tempo in cui lei e Mattia restano soli per tentare il riavvicinamento. In realtà rimedia solo un frettoloso rapporto che Mattia “disconosce” immediatamente ribadendo che la storia è finita, che non vuole vederla o sentirla se non per ragioni professionali. Rimasto solo, comincia a pensare che forse davvero proprio da quella casa sul promontorio potrà riprendere in mano la sua vita e la sua carriera...
Romano De Marco ha abituato i suoi lettori alla versatilità della sua scrittura: passa con naturalezza dal noir al thriller al giallo psicologico riuscendo a connotare perfettamente lo stile senza sconfinare. In questo romanzo invece ha deciso di sparigliare le carte ed è riuscito a miscelare – attenzione, non mescolare - le varie connotazioni del romanzo di genere con un’armonia rara. L’introspezione di Mattia che analizza senza fare sconti a se stesso le sue emozioni, i suoi blocchi, quello che deve o vuole superare, la pervicacia e la delusione di una donna ferita, la tensione di presenze che seminano sospetti su tutti i protagonisti, i momenti di calma – quando si sente quasi lo sciabordio delle onde – alternati a continui colpi di scena danno alla lettura un ritmo che è altalenante ma nel complesso armonico. Interessante come De Marco abbia disseminato qui e là delle note quasi autobiografiche. Ortona, che è la sua città, descritta nei suoi aspetti meno noti ai più, il suo amore per gli States con cui ha un’assidua frequentazione e la “quotidianità” dello scrittore, la pianificazione del lavoro, l’ispirazione che basta un nulla per perderla, il post-uscita di un libro, i viaggi continui per le presentazioni le interviste, i piccoli riti più o meno scaramantici che ogni autore si porta dietro e la pazienza che deve avere chi gli sta accanto. La cosa migliore in assoluto del romanzo però è l’ultima pagina, il finale. Un colpo da maestro degno del migliore Frédéric Dard, e scusate se è poco.