
Seconda avventura per l’ex-investigatore privato Milton Chester Milodragovitch, “Milo”, che abbiamo già incontrato nel suo romanzo d’esordio Il caso sbagliato. Per lui il nemico numero uno non è né la fatica né il pericolo, ma la calma piatta di un’esistenza che non riesce a trovare un senso né al fondo del bicchiere né tra le braccia di una donna (il che non vuol dire che abbia mai pensato di rinunciarci, tanto all’uno quanto alle altre). Una vita che rischia di passare sterile in attesa del fatidico compleanno: ci si ritrova spesso a chiedersi, fra le pagine, “Arriverà mai quella data?” E si spera con tutto il cuore di no. (Per inciso, qui si dice che la consegna dell’eredità è legata al 52° compleanno; diversamente da Il caso sbagliato, dove si parla del 53°). Una vita che lui colora - più o meno involontariamente - di scazzottate, inseguimenti, minacce a mano armata, loschi abboccamenti. E molti occhi dolci, molte occhiatacce, tanti occhi neri. Milo Milodragovitch è un “caso” umano dalla morale tutta sua (che si porta volentieri a letto la moglie del vicino, ma poi si dispiace al pensiero che questi faccia il doppio lavoro per lei, ignorandone l’infedeltà), tratteggiato magistralmente a base di battute al fulmicotone e di schizzi esilaranti (come l’approccio con il postino, in apertura). Da leggere a tavoletta, con le cinture ben allacciate.